Clima e ambiente: alcune mie riflessioni

Clima e ambiente: alcune mie riflessioni

Ripubblico alcune mie riflessioni sul tema del clima e dell’ambiente già in precedenza pubblicate in occasione dell’iniziativa Fridays For Future di Udine.

_____________________________________________________________________________

Grazie Marianna e a tutti voi per aver organizzato a Udine questa manifestazione!

Era da 45 anni che aspettavo questo momento, da quel 1972 quando venne pubblicato il Rapporto Meadows del Club di Roma di Oreste Peccei: I limiti dello sviluppo. Non ebbi bisogno di leggerlo, mi bastò il titolo, era ovvio. Da allora ho sempre giudicato parole come crescita o sviluppo quasi come parolacce. Progresso sì invece, questa parola l’ho usata perché il progresso è sostenibile e deve essere spirituale, più che materiale per questa parte del mondo nella quale viviamo. Progresso anche nella consapevolezza dell’impatto dei nostri stili di vita.

Inizierò da una domanda che vorrei che ciascuno di voi si ponesse. Perché voi giovani e giovanissimi state riuscendo dove sono invece falliti politici come Al Gore, nientemeno che vice-presidente degli Stati Uniti o scienziati come Barry Commoner uno dei padri dell’ecologismo, e tantissimi altri politici, medici, economisti, intellettuali? Perché in tanti sono rimasti sordi ai loro appelli e troviamo ancora oggi, ai massimi vertici delle superpotenze nel pianeta, negazionisti del riscaldamento globale o che ne rifiutano l’origine antropica?

Chiedetevelo, forse non c’è una risposta, se non quella che vedo con commozione qui oggi. Oggi, voi che protestate per difendere il vostro futuro in tutto il mondo (200 città in Italia 1800 nel mondo) siete milioni!!

Dovrete continuare a gridare la vostra protesta perché non c’è più tempo! Sulla vostra generazione e quelle future si abbatterà una catastrofe ambientale, che sarà apocalittica se non si agisce subito, sarà anche una catastrofe socio-economica che vedrà aumentare le disparità, i conflitti. Ci si deve adoperare a livello globale e con rinnovato impegno e rigore a ridurre le emissioni derivanti da combustibili fossili. Altrimenti i migranti ecologici per mancanza di acqua, di cibo, di terra che è stata ripresa dal mare saranno a centinaia di milioni. Lo saremo anche noi.

Dobbiamo essere tutti grati a Greta Thunberg e a voi, oggi qui a Udine e altrove, perché ci avete posto con semplicità e fermezza la domanda: “Cosa avete fatto fino ad ora? Cosa state facendo?” Sì, cosa abbiamo fatto e stiamo facendo alle generazioni future?

Ecco cosa stiamo facendo!

Siamo nel pieno antropocene, l’era dell’uomo e abbiamo dato inizio alla 6° estinzione di massa. La biodiversità si sta riducendo in modo catastrofico. Le specie si sono ridotte dell’80%. Gli insetti stanno scomparendo con un ritmo di 2,5% l’anno a causa di pesticidi e fitofarmaci. Delle api avrete certamente sentito e quasi tutti i meccanismi di impollinazione si basano sugli insetti. Si altera così il ciclo della vita. L’homo sapiens stesso, rischia di estinguersi proprio nell’antropocene. È quasi un paradosso!

Un quarto degli oggetti prodotti dall’uomo sono stati prodotti dopo il 2000, pensate, quasi tutti dal petrolio, dal metano e dal carbone, di plastica.

L’inquinamento più grave è invisibile è quello dovuto alle emissioni di gas serra però. Soprattutto la CO2 prodotta dalla combustione di fonti fossili.

Ecco una breve storia della CO2: 2.4 miliardi di anni fa la produzione di ossigeno di scarto da parte dei cianobatteri portò alla terza atmosfera terrestre, quella moderna. L’ossigeno permise l’evoluzione della vita come la conosciamo oggi e anche quella della civiltà. La CO2 era allora di 4,000 ppm ma le piante incominciarono a estrarla e fissarla e quindi la CO2 incominciò a ridursi fino a raggiungere le 180 ppm, 500 milioni di anni fa.  Da allora è rimasta sotto le 300 ppm fino a pochi istanti fa, in scala geologica, ovvero fino all’ultimo secolo e mezzo. A causa dell’uomo, che ho scoperto l’uso di combustibili fossili.

Non vi è più alcun dubbio che i nostri stili di vita basati sull’industrializzazione, sul consumismo, sui viaggi aerei, sull’”ipertrofia del presente” hanno alterato il ricambio e l’equilibrio che era stato raggiunto tra emissioni e fissazione di CO2 da parte delle piante. L’airborne fraction è oggi del 45%, ciò vuol dire che metà della CO2 che produciamo in un anno rimane in atmosfera e ci rimane per circa un secolo.  La produciamo a causa dell’uso smodato di combustibili fossili per produrre energia elettrica, per il riscaldamento, per i trasporti per il traffico aereo. La concentrazione di CO2 oggi ha superato le 400 ppm, il 24% in più del 1960, il 40% in più rispetto all’era pre-industriale. Pensate nel corso della mia vita la concentrazione di CO2 è aumentata di 90 ppm. In 60 anni è aumentata tanto quanto per ridurla di una percentuale equivalente, ci vollero invece milioni di anni di storia del pianeta. Le previsioni indicano una forbice entro fine secolo che andrà dalle 700ppm, se conteniamo le emissioni, fino ai 1500 ppm se continuiamo a fare come se niente fosse, ovvero business as usual. Ma cosa vuol dire contenere le emissioni: non basta più contenerle entro il 20%, ci vuole almeno il 40% entro il 2030 e prevedere la neutralità carbonica per il 2050.

Dico questo perché vi voglio brevemente raccontare quanto si fece a Udine. Nel 2009 si aderì al patto dei sindaci 202020 che prevedeva entro il 2020 la riduzione di almeno il 20% delle emissioni di CO2 da fonti fossili, il raggiungimento di una dipendenza da energie rinnovabili per almeno il 20% e la riduzione di consumi del 20%, ovvero efficientamento – la parole nemmeno esisteva sul vocabolario allora. Per prima cosa bisognava contare quante erano le nostre emissioni in tonnellate di CO2 equivalenti. Lo si calcolò relativamente al 2006. Ebbene erano di 700.000 T equivalenti di CO2. È un calcolo importante questo, si tiene conto di tutto: del riscaldamento, del consumo di energia elettrica, dei combustibili per autoveicoli, del consumo di suolo, ma anche della raccolta differenziata, del riciclo e del verde pubblico. Ebbene ce l’abbiamo quasi fatta, ma in questi 10 anni abbiamo dovuto fare trasformazioni molto significative: l’illuminazione a LED, il sistema di co-generazione e teleriscaldamento (il calore che riscalda quasi tutte le vostre scuole è calore che altrimenti andrebbe sprecato in torri di raffreddamento nelle centrali che producono energia elettrica e che invece oggi viene raccolto e instradato per riscaldarvi senza bisogno di bruciare altro combustibile per fare ciò), fotovoltaico, solare termico. L’efficienza della produzione di energia elettrica in Italia è del 40% rispetto alla fonte di energia primaria. Pensate quanto è inefficiente! Ma questo risultato nel quale pochissime tra le oltre 10.000 città europee che siglarono il patto sono riuscite, è una goccia nel mare. Nei prossimi 1° anni bisognerebbe ridurre le emissioni di un ulteriore 20%. E prevedere la neutralità carbonica per il 2050.

Ciò non è pensabile senza un cambiamento radicale degli stili di vita, da parte di tutti, ma soprattutto di chi ha la possibilità di incidere.

Se nel periodo 2014 al 2017 i dati sembravano indicare che le emissioni si fossero stabilizzate, ovviamente continuando ad accumularsi, nel 2018 c’è stato un ulteriore incremento del 2,7%. Siamo oggi ben oltre le 35 Gton (miliardi).  

La neutralità carbonica sembra davvero un obiettivo irraggiungibile.

Ma invece bisogna agire e gestire l’inevitabile se si vuole evitare l’ingestibile.

La conseguenza più subdola ma più grave dell’aumento di CO2 è il riscaldamento globale. E dire che i gas serra, come la CO2 sono essenziali per la vita, perché permettono di mantenere una temperatura media intorno ai 15° che altrimenti sarebbe di -20°. Lo scoprì uno svedese come Greta, Arrhenius, a fine ‘800 per primo. Ma a causa dell’aumento di CO2 dal 1900 ad oggi la temperatura media sulla terra è aumentata di circa 1°. Ma è il ritmo di crescita a preoccupare, dal 1980 ad oggi è stato pari allo 0,3° ogni 10 anni. Tutti gli anni oltre il 2000 sono stati tra i più caldi da quando si tengono le statistiche, con il picco dei 35.000 morti in Europa nell’ondata di caldo del 2003, l’anno nel quale nacque Greta, pensate. Quali saranno le conseguenze di ulteriori aumenti. Aumenteranno le ondate di calore d’estate, salirà il livello del mare 1 cm ogni 10 anni, aumenteranno gli uragani. Ma la cosa più grave è che non sarà un aumento lineare ma ci sarà purtroppo un effetto valanga: la fusione del permafrost libererà altri gas serra, come il metano, che contribuiranno ad un aumento ulteriore della temperatura. Soprattutto in regioni come la nostra gli effetti saranno ancora più marcati. Perché siamo zona mediterranea, con molte retroazioni positive, ma anche zona montuosa e quindi a causa della stratificazione della CO2, più esposta all’aumento della temperatura. Avremo così meno neve d’inverno a ricaricare le falde d’estate perché l’acqua ruscellerà a valle perdendosi in mare, invece di essere disponibile anche in tarda primavera. L’abbondanza di acqua della quale abbiamo sempre goduto non sarà più disponibile quando servirà d’estate perché cambierà il regime delle precipitazioni che saranno sempre più intense e più saltuarie. D’estate le piante arriveranno molto prima ad uno stress idrico, l’agricoltura dovrà cambiare. È terribile dire queste cose qui in Friuli in quella che fu la patria di Girolamo Venerio (1777-1843) che fu tra i primi nelle Osservazioni meteorologiche fatte in Udine nel Friuli pel quarantennio 1803-1842 ad avviare studi scientifici sul clima e la meteorologia in Italia e forse in Europa.

L’aumento di temperatura previsto dai modelli se raggiungeremo la neutralità carbonica nel 2050 sarà di 2°, altrimenti se continueremo business as usual sarà di 6°.

L’effetto per l’Europa a fine secolo sarà come se fosse tutta trasportata a sud di 1000 chilometri. Udine avrà un clima più caldo di quello odierno di Tunisi. 

E noi diventeremo sempre più rimbecilliti. Si stima che già con 1000 ppm di CO2 la nostra lucidità diminuisce del 10%. Pensate cosa succede quando non aprite le finestre in aula, pensate all’aria in un aeroplano! Con 1500 ppm la nostra capacità cognitiva è ridotta del 50%! 

Lo ripeto, dobbiamo raggiungere la neutralità carbonica entro il 2050 solo così potremo contenere l’aumento della temperatura ai 2° rispetto all’era industriale. Ma questo fatto che discende dagli accordi del COOP 21 di Parigi, non lo dice nessuno. E comunque un aumento della temperatura vuol dire anche più energia in atmosfera (1/2mv2 = 3/2kTl’energia dipende direttamente dalla temperatura) e dunque più eventi violenti ed estremi. Pensate ai milioni di alberi abbattuti in Cadore dall’ultima tempesta di vento e dal ciclone Vaia. Due ani fa avvenne un’altra tempesta, sulle nostre coste. Ricordo che si accesero le luci a Castions di Strada dove mi trovavo, anche se erano le tre di pomeriggio tanto si era fatto buio.

Cosa si può fare?

La prima cosa è conoscere. Sapere che a Udine consumiamo in media 200litri al giorno di acqua potabile contro i 10 litri di acqua potabile con la quale vivono in altre parti del pianeta.  Nel mondo un bambino muore ogni 15 secondi per diarrea dovuta ad acqua non potabile. Dobbiamo essere consapevoli della nostra impronta carbonica e del nostro bluewater footprint.  Dobbiamo essere consapevoli che il nostro grado di consumo della Terra vede oggi l’overshoot day (il giorno nel quale si inizia a consumare quanto non si riuscirà a compensare nell’anno) ai primi di agosto mentre nel 2000 era in ottobre. Sapere che accettare la logica di una società spensierata e consumistica sta portando alla deforestazione del pianeta, per la produzione di assurde quantità di oggetti, di prodotti agricoli, di bestiame per una dieta alimentare che porta all’obesità. Ogni volta che mettete piede in un centro commerciale e acquistate un prodotto, chiedetevi se questo è locale, probabilmente per produrlo si è contribuito in modo esagerato all’aumento di emissioni, alla perdita di biodiversità, alla deforestazione, allo sfruttamento di tanti giovani come voi. In una parola dobbiamo cambiare i nostri stili di vita e non sognare l’autoveicolo privato come i nostri padri e nonni. A Città del Capo, l’inverno scorso, erano a 24 ore dal Day Zero, il giorno del quale non c’è più acqua potabile ed era tale lo sforzo di consumarne poca che era diventato disprezzabile girare con i capelli puliti, pensate.

Basta negazionismi: sul Canin una volta c’era il ghiacciaio Ursic sul quale si poteva sciare. oggi semplicemente quel ghiacciaio non c’è più, si è ridotto ad un nevaio morto.

Tutti dobbiamo fare ricerca su come ridurre le emissioni di gas serra, come sviluppare l’innovazione verso energie rinnovabili, come realizzare la de-carbonizzazione (ovvero l’eliminazione del ricorso a combustibili fossili o a materiali derivati dal petrolio), verso la riduzione dei consumi e l’efficientamento. E soprattutto fare ricerca su come accumulare la CO2 che si trova in atmosfera.  È questa una grande sfida, per certi versi anche entusiasmante. Potrei citarvi mille usi per una fognatura, oltre a quello ovvio: “fognatura” come sorgente di calore per una pompa di calore, come fluido per azionare una turbina, come canale per telecomunicazioni. Ma le fognature vanno prima di tutto fatte e qui in Friuli ce ne sono molto poche. Ci vogliono opere pubbliche quindi. E magari fare sistemi di raccolta dell’acqua piovana in ogni luogo. Bisogna modificare i regolamenti edilizi per ridurre le dispersioni termiche negli edifici, per raccogliere meglio l’acqua piovana e non usare acqua potabile per bagnare i giardini come tanto spesso qui viene fatto. Si può immaginare di costruire enormi impianti fotovoltaici nel Sahara oppure mandare in cielo ombrelli fotovoltaici per riparare le città dal sole e intanto produrre energia elettrica. Dovremo inventare carbon sinks. Ci vuole coraggio e fantasia. Ma io sono certo che la nostra specie ce ne avrebbe, se ci provasse davvero.

Ma dobbiamo anche spostare il nostro punto di vista, come del resto ha detto anche papa Francesco nell’enciclica Laudato sì: non ci può essere giustizia sulla terra se non c’è giustizia verso il pianeta. A cui io aggiungerei “se non diamo diritti anche agli animali, agli insetti”. La natura è un sistema pieno di retroazioni non si può privilegiare una specie, con un specismo, con un antropocentrismo semplicistico, a scapito di tutte le altre specie. Non dobbiamo lasciare indietro nessuno, né uomo, né donna, né bambino, nemmeno un insetto, la cui specie forse non conosciamo nemmeno. Dovremmo piantare bilioni di alberi.

E poi mitigazione e adattamento ai mutamenti climatici perché ce ne saranno, e quindi irrobustire le reti sociali. Dovremo cambiare il tipo di agricoltura. Certamente dovremo cambiare le produzioni industriali. Anche la produzione e l’uso di cellulari dovrà ridursi perché già adesso incide per parecchi punti percentuali sulla nostra impronta carbonica.

Ho lasciato per ultimo l’aspetto politico. Quale organizzazione futura? Certamente i nazionalismi dovranno scomparire. Spesso da questa piazza ho invitato il 25 aprile Festa della Liberazione a liberarsi della schiavitù del consumismo e a fare di tutto il pianeta la nostra patria. L’Unione Europea, anzi un’Europa Federale è indispensabile. Ma dovrà esserci qualcosa di molto di più di una solidarietà internazionale. L’ONU ha lanciato i 17 Sustainable Development Goals. Ma certamente se non si affronterà questa emergenza con coraggio l’umanità, la civiltà come la viviamo oggi scomparirà entro fine secolo.

Certamente la maturità che dimostrate in questa vostra manifestazione dovrebbe spingerci a dare il voto anche ai quindicenni (e forse a toglierlo dopo i 30 – ma è chiaro che dico ciò solamente per provocazione, è troppo pericoloso abdicare al suffragio universale).

È decisivo rendersi conto che non possiamo essere più dei sonnambuli che corrono verso il precipizio. Abbiamo davanti la più drammatica sfida per l’umanità dai suoi albori.

La vostra voce non dovrà abbassarsi fino a quando gli scienziati non ci diranno che l’emergenza è gestibile.

Prima di allora la vostra forza è l’unica che può piegare anche il più temibile avversario per la specie umana e il pianeta che la ospita, più ancora se mai possibile, dell’aumento di CO2 cioè l’arroganza e la miopia dell’uomo stesso! 

Info sull'autore

Furio Honsell administrator

Lascia una risposta