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Sul Documento di Economia e Finanza Regionale 2021: la mia relazione

Come un mantra viene ripetuto in modo martellante nei documenti che ci sono stati consegnati (addirittura 3 volte verbatim) l’affermazione “In attesa della definizione del quadro finanziario […] non risulta attualmente possibile effettuare una puntuale previsione finanziaria e di conseguenza non si rilevano margini per operare scelte strategiche né per la seconda parte dell’anno 2020 né per l’inizio dell’anno 2121.”

A fronte delle oltre 100 pagine del DEFR 2020, il DEFR 2021 si articola solamente in 24, manca completamente tutta la parte programmatica ovvero quella relativa alle cosiddette Missioni.

Con osservanza religiosa, in un clima paradossale, la maggioranza ha comunque approvato questo “importante documento programmatorio con cui la Regione determina gli obiettivi dei propri bilanci annuali e pluriennali”, ai sensi del decreto legislativo 118/2011, secondo le modalità previste dall’allegato 4/1, che definisce il sistema di programmazione. Insomma è stata approvata la programmazione vuota!

La cosa non mi stupirebbe se stessimo parlando dell’universo cantoriano della gerarchia degli insiemi di Von Neumann, che costituisce il quadro ontologico-fondazionale della matematica più condiviso e che si può riassumere con la formula apparentemente paradossale “tutto si fonda sull’insieme vuoto”. Ma rimandare l’intera programmazione alla Nota di Aggiornamento del DEFR 2021 da approvare contestualmente al Bilancio pluriennale 2021-2023, il prossimo dicembre, sembra un classico “mandare la palla in tribuna” per usare una metafora calcistica molto frequentata in questo Consiglio.

Sebbene sia condivisibile l’incertezza sulle stime del gettito fiscale, sia diretto che compartecipato, a seguito della recessione innescata dall’emergenza epidemiologica, e sia certamente prevedibile un aumento delle spese volte alla prevenzione di un secondo picco dell’epidemia in autunno, si profila però a compensazione di ciò una quota significativa di entrate derivante dal Recovery Fund, ed eventualmente anche dal MES, per la nostra regione. Inoltre ci sono i contributi statali straordinari attualmente in discussione che dovrebbero ammontare a quasi 500M per il FVG. Si rimane dunque sconcertati nel riconoscere che la Giunta ha rinunciato a delineare una rotta in un momento così difficile. E constatare che preferisca sancire il principio della navigazione a vista non solo sul piano immediato ma anche su quello programmatico.

Ricordo al riguardo che le fonti legislative che disciplinano la riforma del 2011 dell’ordinamento finanziario e contabile delle Regioni, ispirato al principio programmatorio, ben sottolineano come carattere qualificante della programmazione siano la valenza pluriennale del processo e soprattutto la lettura non solo contabile dei documenti nei quali le decisioni politiche e gestionali trovano concreta attuazione.

A nostro avviso con questa scelta è venuto meno un dovere programmatorio della Giunta, e il DEFR proposto è ai limiti dell’illegittimità amministrativa. Non ha senso sospendere il principio programmatorio a seguito di una congiuntura meramente finanziaria, per quanto complessa. Tanto più che moltissimo ci sarebbe da pianificare!

Più volte ho detto che così operando viene meno un ruolo fondamentale da parte di coloro che si sono candidati a guidare la Regione e hanno ricevuto tale mandato attraverso le elezioni. Così operando, manca nella loro azione politica l’aspetto più importante ovvero la leadership, cioè la capacità di ispirare la regione e di indicare un possibile percorso. È la leadership la qualità che deve essere presente soprattutto nei momenti critici.

Analizzando più in dettaglio questo DEFR mutilato nelle sue parti macroeconomiche emerge una regione FVG nella quale oltre il 60% si dichiarava soddisfatto della propria qualità della vita e nella quale oltre l’80% percepiva positivamente la propria condizione di salute. Emerge un FVG che si collocava tra le regioni più innovative a livello italiano. Insomma una regione ad alto tenore di vita. Sarebbe importante almeno indicare come si intenda mantenere queste caratteristiche.

Certamente emergono nel DEFR zone di criticità che destano forte preoccupazione e si sarebbero dovute affrontare già prima del Covid. E che si sono aggravate con il Covid. Spicca l’alto numero di inattivi tra i 15-64 anni, pari 216 K a fronte 544 K di occupati (tra cui rientrano però anche coloro che dichiarano la propria attività non interrotta da più di 3 mesi). Il numero di inattivi è cresciuto in questi mesi ed è destinato a crescere ulteriormente. Ciò è molto grave per una regione che aveva un indice dipendenza di oltre il 60%  già prima dell’emergenza. Desta inoltre preoccupazione il fatto che il 71% del nostro valore aggiunto complessivo fosse dovuto al settore terziario, tra cui sono classificati i settori del turismo e dei trasporti, che sono i settori che sono stati e saranno i più duramente colpiti dall’emergenza e dai suoi strascichi.

L’emergenza Covid ha fatto emergere anche aspetti potenzialmente positivi se opportunamente orientati. Ne cito due. Il primo riguarda il forte slancio dato ai negozi di prossimità a scapito delle grandi superfici di vendita, mentre il secondo riguarda la riduzione di emissioni inquinanti e dell’impronta carbonica. Purtroppo ci sono segnali in tutto il mondo che i mutamenti nelle abitudini possano non proseguire su questa strada. C’è la preoccupazione che cresca soprattutto l’e-commerce ad ampio raggio. E il risparmio di CO2 di questi mesi si riduca significativamente nel dopo lockdown con un utilizzo ancora più massiccio di autoveicoli privati.

Il DEFR avrebbe dovuto gettare le basi per sostenere e guidare lo sviluppo di questi due processi virtuosi. Avrebbe dovuto prevedere inoltre un impegno ancora più convinto della Regione sull’infrastruttura digitale e sulla sua piena utilizzazione da parte del sistema socio-economico regionale. Avrebbe potuto indicare come arginare il tema degli inattivi, e come riorientare il turismo.

Il DEFR avrebbe dovuto poi fare una ricognizione sulle tipologie di investimenti che forse non sono più sensati a fronte delle ormai definitivamente mutate abitudini e stili di vita di aziende e famiglie nell’era dopo-Covid. O almeno si sarebbe potuta avviare una riflessione.

Questa Giunta e questa Maggioranza hanno preferito invece nascondere la testa sotto la sabbia, sperando che passi la buriana. Intanto sui social viene condotta una guerriglia costante e non strutturata. Contro chi? Contro lo Stato centrale. Schermaglie quindi puramente elettoral-politiche. La Giunta cerca di argomentare che mancano i soldi al fine di non versare i 710 M del contributo al saldo di finanza pubblica previsto dal patto Tria-Fedriga. E continua a non venir fornito un quadro esatto delle maggiori entrate derivanti dai contributi statali, trasformando la richiesta dei 710M in dogma politico.

Originariamente avevo pensato di limitarmi a giocare sul paradosso concludendo questa relazione sul DEFR 2021 limitandomi a “dire che non c’è nulla da dire”, ma dopo la sua lettura attenta rinuncio al gioco di parole per dichiarare invece, con preoccupazione, che la “macchina della Regione FVG è senza guidatore”.

Qui puoi visualizzare il DEFR 2021

Relazione minoranza su Nota Aggiornamento DEFR 2020

Il 2020 ha rappresentato sin dai primi anni duemila una data simbolica, a livello di organismi internazionali, alla quale fu traguardato il raggiungimento di numerosi obiettivi di sostenibilità e sviluppo. Ne ricordo uno soltanto, emblematico, relativo agli enti locali: lo European Covenant of Mayors for Energy and Climate Change 202020 (Patto dei Sindaci). Stabiliva di raggiungere entro il 2020 la riduzione del 20% delle emissioni di CO2 da fonti combustibili fossili, la riduzione del 20% del fabbisogno energetico mediante efficientamento e l’approvvigionamento di una quota del 20% di tale fabbisogno da fonti rinnovabili, rispetto alla baseline del 2006. Furono migliaia i Sindaci che firmarono tale patto. Lo firmai per Udine nel 2009, e con orgoglio posso dire che gli obiettivi del Piano Attuativo del Covenant furono la stella polare di molte azioni nel mio doppio mandato di sindaco. A titolo di cronaca gli obiettivi a Udine furono sostanzialmente raggiunti nel 2018.

E questo 2020 così significativo è infine arrivato. E quindi il documento programmatico per eccellenza, il Documento di Economia e Finanze Regionale 2020 avrebbe dovuto rifletterne il carattere simbolico, di spartiacque, proponendo un’analisi critica di quanto è avvenuto nei primi decenni di questo secolo, e impegnandosi con slancio sui nuovi obiettivi, sia a breve che a lungo termine, da raggiungere. Avrebbe dovuto per lo meno essere segnato dalla drammatica presa di coscienza che quella belle époque di liberismo e consumismo trionfanti, di quella “fine della storia” per dirla con le parole di Fukuyama, che aveva illuso con il crollo del muro di Berlino e lo scampato rischio atomico della guerra fredda, era definitivamente tramontata.

Il DEFR 2020 doveva incominciare a fare i conti con le nuove sfide della contemporaneità: i mutamenti climatici antropogenici, la globalizzazione, con l’inquietudine oggi emergente di un altro tipo di fine, non quella della storia questa volta, ma quella dell’era del sapiens, dell’antropocene. L’era di questa tragica specie che dopo aver innescato la VIa estinzione di massa incomincia a rendersi conto che la propria inevitabile estinzione avverrà per sua stessa mano.

Invece, questo DEFR 2020 è un documento che nello stile e nei contenuti è business as usual, come ormai viene definito l’atteggiamento da sonnambuli che caratterizza tante politiche di pianificazione contemporanee.

Questo non vuol dire che il testo non sia migliorato rispetto a quello dello scorso anno, che dava invece un’irritante impressione di essere un mero adempimento legislativo. In questo DEFR manca però l’anima e la strategia, manca una rotta, manca la cifra di una leadership politica responsabile. E la leadership, aldilà di scelte economico-finanziarie, è fondamentale perché le azioni delle Missioni descritte non rimangano mere sfilze di pixel neri, registrati in un file che si lascia troppo facilmente editare. Mancano in questo DEFR gli slanci ma non vi è traccia neppure di qualche indicatore di risultato o di impatto, e dei relativi obiettivi. Compaiono solamente indicatori finanziari di input. Manca soprattutto la pianificazione e la tempistica della strategia per realizzare quanto delineato. Non ci sono priorità e anche i progetti più ambiziosi sono espressi con piattezza burocratica. Forse si è superata la logica dell’adempimento, che caratterizzò l’anno passato, ma la logica del risultato deve ancora arrivare.

Soprattutto è assente qualsiasi correlazione tra le criticità emerse dall’analisi di contesto e le azioni proposte. In particolare non si fa menzione al raccordo delle Missioni con i 17 SDG, gli obiettivi dello sviluppo sostenibile delle Nazioni Unite, o con gli obiettivi strategici 2030 dell’UE.

In particolare colpisce la povertà di idee innovative concrete nei settori del lavoro e dello sviluppo economico, ovvero della Missione 14 Sviluppo economico e competitività e Missione 15 Politiche per il lavoro e la formazione professionale. Debolissime le azioni per promuovere l’innovazione e il trasferimento tecnologico che, grazie alla presenza di numerosi enti di ricerca nella nostra regione, dovrebbe fare del Friuli Venezia Giulia una Regione modello.

La Missione 17 Energia e diversificazione delle fonti energetiche è quella decisamente più carente e deludente se, anche solo per un attimo, ci si rendesse conto che l’anno di riferimento è il 2020. Non vi è nulla di propositivo che inneschi un’azione di sistema. Non ci sono programmi di phasing out di tecnologie fortemente climalteranti come l’uso di caldaie a gasolio o BTZ. Non si prevede di smettere i contributi per combustibili fossili, non si gettano le basi per lo sviluppo di una cultura di comunità di energia fatta di prosumers energetici.

Misera è l’ambizione della Missione 19 Relazioni Internazionali per una Regione che invece può acquistare significati solamente se valorizza la propria posizione di chiave di volta tra culture diverse. Le figure di spicco della Regione non sembrano avere ruoli internazionali di rilievo, come invece avveniva in passato, e neppure li cercano.

La Missione 13 Tutela della Salute fa ben poco per implementare una salute-in-tutte-le-politiche e una promozione della salute-in-tutta-la-società come raccomanda l’Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS). Non si articola né la prevenzione primaria, né quella secondaria. Non si articolano programmi per la riduzione degli incidenti domestici, per la costruzione di ambienti sani e resilienti. A fronte di una popolazione la cui età media fortunatamente cresce non emerge un piano integrato per aumentare, aldilà della mera aspettativa di vita, l’aspettativa di vita sana.

L’analisi di contesto che precede la parte relativa alle Missioni risulta embrionale perché offre una mera descrizione in termini di valori assoluti o di medie, senza offrire serie storiche sufficientemente ampie, come il 2020 avrebbe invece richiesto, e non misura indici di concentrazione nella quantificazione delle caratteristiche e parametri riportati. La principale sfida da vincere nel prossimo decennio è quella della disparità. Ma l’eliminazione della disparità, ovvero di quelle disuguaglianze che sono da tutti percepite come ingiuste, non si realizza se non attraverso un processo attivo che faccia emergere tali ingiustizie sommerse. Ecco alcuni esempi. Il digital divide si sta chiudendo oppure stiamo lasciando qualcuno indietro, e i non-digitalizzati sono sempre più emarginati? Ci sono profonde disparità in salute in aree diverse delle nostre città, anche rispetto alla sola aspettativa di vita o l’indicatore DMFT (decayed missing filled teeth), che può essere utilizzato come variabile proxy delle disparità. In un contesto nel quale l’aspettativa di vita in media comunque è alta, se non addirittura crescente, siamo sicuri di riuscire ad individuarle? Oppure continuiamo a muoverci nel paradosso dei polli di Trilussa. Solamente con un’analisi in termini di indici di concentrazione, che permettano di cogliere se si sta raggiungendo l’egualitarismo, è possibile abbozzare risposte a queste importanti domande. Come Open Sinistra FVG ritengo dunque questo Documento di Economia e Finanza Regionale molto insoddisfacente. Pertanto, ancorché migliorato rispetto all’anno precedente, riceverà il mio voto contrario. 

Qui il testo del DEFR

Relazione Furio Honsell – DEFR

Il Documento di Economia e Finanza Regionale 2019 potrebbe essere considerato un mero adempimento, e certamente lo sarebbe se ci trovassimo di fronte una Giunta di provata esperienza e conclamato successo. Ma non può assolutamente venire derubricato ad adempimento burocratico almeno la prima volta che viene proposto da una Giunta nuova che si sia insediata da meno di due mesi, come invece è stato fatto.

Dovrebbe essere ambizione del Presidente, prima ancora che della Giunta, trasformare questo documento economico-finanziario nella propria chiave di volta programmatica, una sorta di Magna Charta progettuale. Superandone il significato meramente tecnico, il Presidente dovrebbe considerarlo una rampa di lancio dalla quale spiccare un volo anche di idealità. L’occasione per declinare i principi con i quali informare la futura azione politica e gli obiettivi coraggiosi irrinunciabili del “quinquennio Fedriga” che oggi di fatto si apre.

E invece sia nei contenuti, che nel percorso delle commissioni, questa opportunità è stata perduta e ci è stato consegnato un compitino misero, poverissimo di idee e progetti qualificanti.

Il documento in sé è positivo perché in larghissima parte i dirigenti delle varie direzioni hanno riportato i progetti già avviati dalla amministrazione Serracchiani.

Dopo l’infuocata campagna elettorale, avremmo immaginato di cogliere una tensione progettuale demiurgica, che sola avrebbe potuto giustificare tanto calore polemico nei mesi scorsi. Avremmo immaginato di leggere le premesse di una proposta nuova e forte per una riforma degli enti locali, totalmente altra per impianto e idee rispetto a quella proposta dal combinato della LR 26/2014 e 18/2015. Invece oltre alla promessa dell’avvio di un processo di ascolto, e un paragrafetto che fa presagire un ritorno banale alle vecchie province, riconferma proprio quell’intesa per lo sviluppo dell’Art.7 della 16/2015. L’estensore sembra non rendersi conto che se vuole reintrodurre le province, inserendo così di nuovo uno strato elettivo di primo livello, la multilevel governance varata da quella norma sarà impossibile da realizzare, così come lo è stato in passato.

Avremmo immaginato di vedere il promesso Rinascimento in campo socio-sanitario, dopo le aspre polemiche che hanno caratterizzato la riforma Serracchiani, ma tutto sembra invece all’insegna della continuità.

Avremmo immaginato di vedere nuove politiche di integrazione per affrontare il tema dei nuovi cittadini, ma si fa difficoltà a trovare qualcosa di concreto al di là dell’agghiacciante ritorno alla discriminazione nei servizi basata sugli anni di residenza.

Ci sarebbe piaciuto capire le strategie forti sulle tematiche del lavoro e sulle tutele di coloro che ne sono stati espulsi, che sono scoraggiati e quindi inattivi, ma troviamo invece solamente ordinaria amministrazione.

E infine avremmo voluto confrontarci sulle politiche energetiche sostenibili, indispensabili perché questa regione faccia la sua parte nel contrasto e mitigazione dei cambiamenti climatici e la riduzione delle emissioni di gas serra. Ma qui purtroppo siamo ancora rimasti nel medioevo.

Avremmo voluto leggere un DEFR in dialogo stretto con l’Agenda Europea 2030, e soprattutto con i 17 SDG, gli obiettivi di sviluppo sostenibile dell’agenda delle Nazioni Unite. Ce ne sarebbero bastati anche meno, ne sarebbe bastato forse anche uno solo, che fosse la dimostrazione che la nostra Regione vuole essere protagonista delle grandi sfide planetarie o per lo meno che è al corrente di cosa avviene al di fuori.

Invece…  nulla di tutto ciò. Un compitino banale abbiamo ricevuto. Alle volte, come nella parte sulla sanità, un compitino che fa emergere miseramente le varie mani dei contributi delle singole sotto-direzioni.  È mancata persino una regia redazionale che cancellasse anche solamente le ripetizioni.

Il DEFR che ci è stato presentato preoccupa perché dimostra che questo Presidente e questa Giunta si presentano ai propri cittadini con leggerezza. I programmi non contano più. Il messaggio che ricaviamo è: si è vinto, il potere si gestirà alla giornata, cammin facendo!

È quasi paradossale, una coalizione che ha vinto le elezioni all’insegna della discontinuità, ci presenta un documento nel quale la voce verbale più frequente è “proseguiremo” anzi “continueremo”. Ma forse, proprio questo è l’aspetto più positivo del documento e tranquillizza noi insieme ai cittadini del Friuli Venezia Giulia su molti fronti.

Penso di aver chiarito abbastanza l’impianto generale e il registro di questo documento e per il solito motivo della mancanza di tempo, con intento costruttivo e collaborativo, procedo a elencare alcuni aspetti solamente che ci sembrano meritevoli di maggiore attenzione in futuro, da parte di questa Giunta.  Non mi si fraintenda nella critica: dal successo di questa Giunta dipenderà il benessere di tutti noi e quindi io sono il primo a lavorare costruttivamente per ovviare ai limiti denunciati.

Missione 4: Istruzione e diritto allo studio. Manca qualsiasi intervento forte sui temi del ruolo che la Regione può svolgere nella scuola, nella ricerca e nel trasferimento della conoscenza. Temi urgenti e qualificanti sarebbero stati:

  1. maggiore autonomia regionale nel sistema scolastico,
  2. posti negli asili nido e scuole dell’infanzia così da garantire piena integrazione, per evitare gli orrori della deportazione di bambini in scuole lontane da casa, come sembra si voglia fare, con grande soddisfazione anche del governo nazionale, a Monfalcone;
  3. adeguatezza del numero di insegnanti di sostegno,
  4. iniziative per il recupero individualizzato dei Neet,
  5. il riferimento poi all’MIT di Boston, seppure positivo, ha poi un sapore di provincialismo culturale, quando nulla si dice su progetti di trasferimento della conoscenza, o di tripla elica e innovazione a livello di UE, come le Smart Regions.

Missione 7: Turismo. Maggiore attenzione al turismo sostenibile e soprattutto accessibile. Vi è un mercato crescente in questa direzione alla luce dell’invecchiamento della popolazione in tanti paesi.

Missione 8: Assetto del territorio ed edilizia abitativa. Ci vorrebbe un piano importante di riqualificazione di tutta l’edilizia popolare esistente dal punto di vista energetico. Andrebbero promosse iniziative di house sharing e co-housing multigenerazionale.

Missione 9: Sviluppo sostenibile e tutela del territorio e dell’ambiente.  A fronte di questi temi che sono tra i più importanti di questa “nostra grande epoca” la Regione si limita a reagire alle richieste di adempimenti che vengono da organi sovraordinati nazionali o europei. Ben altra strategia originale ci vorrebbe su tematiche quali:

  1. qualità dell’aria e monitoraggio di PM 2,5,
  2. strategie per l’abbattimento del rumore,
  3. piano delle acque per
    1. affrontare lo scandalo degli sprechi e dell’assenza del “ciclo integrato dell’acqua” su buona parte del territorio regionale che ha condotto a infrazioni comunitarie,
    2. pianificare urgentemente investimenti per la gestione fognaria e conservazione dell’acqua piovana alla luce dei cambiamenti climatici, che intensificano ma anche diradano le precipitazioni. Se non si procede rapidamente in questo senso, a quando il “Day Zero” dell’acqua in Friuli Venezia Giulia?
    3. incentivazione nelle aggregazioni di gestori locali pubblici nel settore dei rifiuti.

Missione 10: Trasporti e diritto alla mobilità. Manca, anche qui, un’attenzione coraggiosa alle forme di mobilità sostenibile e di incentivazione al disimpegno di autoveicoli privati. Offro una sola proposta, importante ma a titolo esemplificativo: dare la possibilità agli anziani dell’uso gratuito dei mezzi pubblici nelle ore non di punta, come si fa in tanti altri paesi europei che hanno anche valori inferiori al nostro nell’indice di vecchiaia.

Missione 12: Diritti sociali, politiche sociali e famiglia.  In un quadro di proseguimento di attività già avviate di sostegno alle fragilità trovo agghiacciante, come già detto, che l’unica novità, ripeto l’unica, sia l’inserimento del principio che le risorse per l’assistenza e l’aiuto sociale non verranno distribuite secondo il bisogno, ma secondo la valorizzazione degli anni di residenza. È un principio antitetico sul piano valoriale rispetto agli altri nella Missione 12. E tutto ciò per “dare precedenza ai cittadini della regione Friuli Venezia Giulia”. La disparità dunque viene eletta a criterio?!  Andrebbero forse studiati i documenti della fondazione Marmot e letto il libro “La misura dell’anima” (“The Spirit Level”) di Wilkinson e Pickett, che illustra come le società più sane sono quelle dove ci sono meno disparità, e questo differenziale di benessere è maggiore, anche se ci si restringe ai percentili dei privilegiati. Frasi come quella che si legge a pag. 59 portano discredito alla nostra comunità regionale. Chi ha dovuto amministrare comunità ampie sa che i muri non servono, sono cittadini tutti coloro che si trovano sul nostro territorio, se si creano cittadini di varie categorie si crea malessere ovunque.

Raccomanderei inoltre un’azione forte contro la discriminazione basata sull’età, che pare assolutamente trascurata, ma è urgente nella nostra regione visto l’alto indice di invecchiamento. Lungo la stessa linea raccomanderei anche un impegno forte a promuovere iniziative intergenerazionali. Per la prima volta nella storia dell’umanità sono presenti in tante famiglie 4 generazioni. Un sessantacinquenne oggi si deve occupare, forse, alcuni giorni alla settimana dei propri nipotini, ma tutti i giorni di almeno uno dei suoi genitori! Anticipo comunque che sul più generale tema della “solitudine” stiamo per presentare un apposito progetto di legge, già in avanzata fase di elaborazione, che mi auguro questo consiglio vorrà positivamente prendere in considerazione.

Missione 13: Tutela della salute Molto bene, vista la continuità rispetto al passato che informa questa sezione, ma forse andrebbe espressa l’urgenza di una maggiore attenzione alla tematica dell’equità in salute, come raccomanda l’OMS. Bisogna valutare sulla base dell’evidenza, se non esistano anche da noi profonde differenze nello stato di salute e nell’aspettativa di vita tra i cittadini. Spesso queste differenze sono silenziose e nascoste e proprio per questo necessitano di interventi mirati. Utilizzare indici di concentrazione in questo senso è importante.

Missione 14: Sviluppo economico e competitività.  Sostanzialmente in continuità con le politiche Bolzonello-Serracchiani, ma dopo l’era Illy, c’è ancora troppo poca enfasi sull’innovazione.

Missione 15: politiche per il lavoro e la formazione professionale. Positivo perché sostanzialmente in continuità. Manca anche completamente una visione o un contributo politico.

Missione 17: Energia e diversificazione delle fonti energetiche. Qui si raggiunge invece il punto più basso di tutto il documento. Nulla si dice sulla riduzione delle emissioni di gas serra, sulla decarbonizzazione, sull’efficientamento energetico, sull’innovazione. Anche in tema del teleriscaldamento e della co-generazione l’impostazione è conservativa. Questa missione è quella più importante perché la nostra regione svolga un ruolo da protagonista a livello europeo. Uno sviluppo forte sulle energie rinnovabili creerebbe inoltre nuovi posti di lavoro a tutti i livelli da quelli ad alto contenuto di conoscenza a quelli operativi, oltre ad avere una valenza etica. Almeno un impegno all’eliminazione del BTZ sarebbe importante, alla stregua di quanto è stato fatto da altre regioni.

Missione 18: Relazioni con le altre autonomie territoriali e locali. Si è già espressa la preoccupazione, che è condivisa anche dell’ANCI, dell’introduzione di un altro strato istituzionale di primo livello, ovvero eletto direttamente. Porterebbe ad un’ulteriore frammentazione territoriale. La sezione mostra scarsa attenzione al processo opposto, ovvero quello della promozione di iniziative integrate sovracomunali.

Missione 19: Relazioni internazionali. Striminzite. Nessun incentivo alla partecipazione di soggetti regionali a reti internazionali, sia dell’UE, che sotto l’egida dell’ONU, come l’OMS, o il CEMR. Scarsa visione europea.

In conclusione il documento è positivo nella parte preponderante dove prosegue i progetti avviati della Giunta Serracchiani. Ma è troppo embrionale o ideologico nelle parti originali, verrebbe quasi da dire che laddove mancano i progetti si fa ricorso agli atteggiamenti. Per tale complesso di ragioni annuncio il voto contrario al documento in discussione.