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Assestamento di Bilancio 2020: un commento di Furio Honsell

La prima Commissione integrata ha oggi approvato con voto contrario di Furio Honsell di Open Sinistra FVG la Legge di assestamento di bilancio 2020.

“E’ l’ennesima norma non strategica. Ci si sarebbe aspettati finalmente una norma di prospettiva dopo tante norme emergenziali in conseguenza al Covid. Invece questa legge accanto alle solite normette di ritocco ripristina solamente alcuni capitoli dai quali erano state prese in un primo tempo le risorse per le misure emergenziali. L’avanzo di quasi 100 milioni del bilancio 2019 è messo da parte. Tutto però avviene “nelle pieghe del bilancio”.

Insomma non si traggono conseguenze strutturali per definire una rotta per il futuro ma la barca naviga a vista più del solito. Anzi rinuncia a guardare in faccia al futuro. La scusa ufficiale è che lo Stato non ha ancora precisato esattamente le risorse che intende trasferire al Friuli Venezia Giulia. “Siamo sulle sabbie mobili” ci ha detto l’Assessore al Bilancio. La Maggioranza si lamenta che “lo Stato, ovvero il papà, dà una paghetta troppo piccola alla Regione” come ha detto il capogruppo della Lega. Ma una Regione che vuole essere autonoma non dovrebbe avere una maturità per darsi una rotta da sé?”

(Foto di Giovanni Montenero)

Relazione minoranza strumenti stabilità

Premessa a questa relazione di minoranza è la relazione di minoranza al Documento di Economia e Finanza 2020 da me presentata. A tale DEFR è andato il mio voto negativo a nome di OPEN-Sinistra FVG.

La presente, articolata, collezione di strumenti di pianificazione economico-finanziaria regionale, infatti, soffre di tutti i difetti del DEFR 2020. In primo luogo si rileva l’assenza di una strategia organica degna di un traguardo temporale quale meriterebbe il 2020 e che solamente una leadership, ispirata al non lasciare nessuno indietro e alla tutela delle generazioni future, potrebbe fornire. Appare una scoraggiante mancanza di idee innovative concrete nei settori cruciali del lavoro e della formazione. Il rapporto con il territorio e i suoi enti esponenziali è improntato ad un approccio frammentario e frammentato a causa della polverizzazione provocata dalla visione della Legge 71/2019 relativa agli Enti Locali, costruita non sulla messa a fattore comune di progetti, ma all’insegna di un divide et impera territoriale. Permane una pluralità irritante di interventi ideologici in ultima analisi utili solamente a veicolare paura tra i cittadini e a venire citati per alimentare quella narrativa mediatica che si è dimostrata vincente in campagna elettorale (steward privati per la sicurezza urbana e sistemi di videosorveglianza). Insomma, per il prossimo triennio si pianifica un pericoloso business as usual, una colpevole ordinaria amministrazione, quando invece sia a livello globale che soprattutto regionale si stanno profilando criticità gravissime. A livello locale sono drammatici l’esodo di popolazione attiva e qualificata dal FVG, la perdita di competitività industriale a fronte di un numero sempre crescente di crisi industriali, lo sgretolamento di un ruolo internazionale della nostra regione che sembrava consolidato, un rischio idrogeologico sempre più reale e incombente, la debolezza dei sistemi infrastrutturali da quello telematico a quello ferroviario (non si pianificano né il FTTH in tutte le zone, né quel 5G fondamentale per l’industria 4.0, né reti di metropolitane leggere per la mobilità sostenibile), e permane un’arretratezza nel sistema energetico regionale privo di qualsiasi impegno sul phasing-out del carbone e di altri combustibili fossili pesantemente climalteranti, come il BTZ. Le criticità globali legate ai mutamenti climatici antropogenici obbligherebbero invece a sviluppare con coraggio e autonomia politiche di transizione energetica ambiziose.

Questa Regione, a causa di atteggiamenti politici molto discutibili, oggi non ha più un ruolo significativo a livello europeo in nessun settore, sebbene disponga di assets immateriali straordinari. Anche la sua reputazione nazionale ormai è miseramente ridotta a quella di flebile cassa di risonanza di certi slogan e di certe battaglie ideologiche leghiste, relegata ad un patetico ruolo di comparsa su un palcoscenico più grande di lei, come abbiamo visto in occasione della micro-manifestazione in occasione della discussione del DDL n. 70 sul MES. Ben altro era il ruolo del FVG durante la Presidenza Illy oppure quelle successive. Ciò che più turba è l’assenza di segnali politici che stimolino un risveglio, un Rinascimento del Friuli Venezia Giulia. Registriamo solamente segnali di regresso. Niente più manifestazioni quali Innovaction ma solamente kermesse enogastronomiche. Le piccole dimensioni del Friuli Venezia Giulia, compensate però da una diversità culturale e ambientale straordinaria, sono il nostro patrimonio di maggiore valore, e pretenderebbero invece, come ebbi modo di sottolineare esattamente un anno fa, che la guida politica del FVG si adoperasse perché questa regione diventi un laboratorio di politiche ambientali, di politiche di partecipazione, di politiche di multilevel governance, di politiche di salute-in-tutta-la-società, di prevenzione e resilienza. Si vorrebbe vedere, per così dire, uno slancio politico per guidarla a diventare una Regione del Sole, nel segno di Campanella, di una Nuova Atlantide nello spirito di Tommaso Moro. La chiusura culturale promossa da questa maggioranza invece, conduce all’isolamento, e il volare basso, radente, che interpreta, conduce solamente a replicare comportamenti stereotipati che ci porteranno come sleepwalkers, ovvero come sonnambuli, al precipizio.

Clamoroso è che l’unico luogo in tutta questa massa di strumenti di programmazione politico-finanziaria nel quale si faccia menzione degli epocali 17 obiettivi dello Sviluppo Sostenibile dell’ONU, sia all’Art. 2 del DDL 73 commi 3 e 4 sotto forma di un progetto di promozione turistico-artistica decentrata, dal titolo infelice ai limiti del grottesco “I favolosi ONU 17”. Signori qui non c’è da ammiccare a Kurosawa, il tempo per decidere di agire è scaduto!

E dire che la Regione gode di un periodo florido, di benessere finanziario, se paragoniamo la situazione delle entrate a quella di qualche anno fa. Certamente le cosiddette risorse manovrabili si aggirano ancora solamente intorno al 3-4%, ovvero qualche centinaia di milioni, essendo il bilancio piuttosto rigido, ma l’aumento del PIL regionale, il contributo della compartecipazione con lo Stato leggermente migliorato e le disponibilità ulteriori derivanti dalla chiusura di mutui che non sono stati rinnovati negli anni scorsi, permetterebbero di fare scelte innovative significative. Invece, solo per citare tre voci che reputo inaccettabili, ecco:

  1. parecchie decine di milioni investite in telecamere, e sistemi di video sorveglianza che finirebbero per coprire in modo voyeristico una pluralità di luoghi dagli asili-nido alle strutture per anziani,
  2. ecco milioni assegnati per le ronde urbane, concetto per il quale si preferisce usare l’ipocrita eufemismo anglofilo di steward (si veda il DDL n. 73 Art. 9), estese financo al Comune di Monfalcone,
  3. nonché il solito miope fiume di denaro (DDL n. 73 Art. 5) erogato per la “benzina agevolata”, il cui meccanismo di rendicontazione viene addirittura agevolato ulteriormente (comma 12). Quest’ultimo intervento rappresenta il più esecrabile contributo all’incentivazione dell’uso di combustibili fossili che si possa pianificare, e a livello di organismi internazionali appartiene a quel tipo di contributi che si raccomanda di abbandonare per primi.

Il complesso di strumenti pianificatori in discussione presenta poi dei gravi difetti che potrebbero apparire meramente metodologici, ma in realtà nascondono una grave abdicazione da parte dell’attuale Giunta di alcuni principi di leadership politica e quindi di responsabilità amministrativa.

Ne segnalo anche qui 3. Il primo riguarda l’inserimento nella collegata alla finanziaria, ovvero nel DDL n. 72 Art. 4 ai Commi 13-19, di una modifica alle procedure di VIA. Questo è l’ennesimo esempio della rinuncia di questa Giunta regionale a guidare concretamente i processi pianificatori, e quindi parallelamente, a esporsi nel promuovere autentiche consultazioni con il territorio. Nella legge sugli enti locali, in quella sulla sanità e oggi con questi articoli, la politica regionale mostra di non volersi assumere nessuna responsabilità amministrativa, delega invece questa ad altri soggetti, per lo più amministrativo-gestionali, per mettersi al riparo da scelte che possono essere scomode, ma che è suo preciso dovere guidare. Come più volte si è detto, questo comportamento non corrisponde allo spirito della Bassanini, perché qui oltre a non gestire l’esecutività, la giunta non predispone momenti qualificanti di indirizzo e soprattutto di controllo. La politica anche se non gestisce l’esecutività deve comunque assumere responsabilità nell’amministrazione. La politica a costo di svolgere alle volte controlli routinari, non deve mai abbandonare il timone. Un intervento normativo sulle procedure di VIA avrebbe dovuto essere condotto non, quasi di rapina, in una collegata alla finanziaria, ma attraverso una legge specifica, che permettesse di svolgere audizioni, approfondimenti, e favorisse un’elaborazione consiliare. Avrebbe dovuto andare nella direzione esattamente opposta a quella che viene sancita da questi commi. Già oggi la politica è esautorata dalla scelta dello screening,ovvero di quali progetti assoggettare al VIA e quali no. Semmai si sarebbe dovuto riassumere questa responsabilità e invece, nei commi (18 e 19), addirittura si dispone l’esclusione automatica di certe campagne di recupero rifiuti alla verifica di assoggettabilità a VIA. Sarebbe opportuno, invece, prevedere In tutti i casi un momento di controllo, o per lo meno di presa d’atto politico, nella gestione del territorio. Oggi anche l’ultimo baluardo, che era ormai ridotto all’approvazione del mero atto finale del procedimento, viene abbattuto e non vi è più nessuna assunzione di responsabilità politica. Certamente la trasparenza è data dalla pubblicità di tutte le fasi e alla possibilità di fare osservazioni, ma è davvero sufficiente mettere su un sito i documenti per assicurare la partecipazione e il controllo? Non era forse il caso di ridiscutere tutto il percorso della partecipazione pubblica, compresi eventuali automatismi? Comunque legiferare su questi temi in una legge collegata, dimostra non solamente che si ritiene secondario il tema del controllo ambientale e paesaggistico del territorio, ma si conculca pure quel momento legislativo solamente nel quale è possibile verificare una tantum se una nuova modalità non nasconda insidie.

Il secondo esempio riguarda il DDL n. 72 Art. 6 che sancisce di fatto la chiusura dell’ERPAC così come l’abbiamo conosciuto e apprezzato, trasferendone risorse e competenze anche alla rete MESS, che di fatto viene avviata con questa norma. Questo articolo fa il paio con quelli del medesimo articolo nel DDL 73 Commi 13-19, che di fatto rivoluzionano la gestione e le dinamiche degli Ecomusei. Quanto si è detto, relativamente ai commi che modificano le procedure di VIA, sull’inopportunità di emanare norme specifiche di settore in una legge finanziaria, potrebbe ripetersi qui. Questi commetti, di fatto eliminano surrettiziamente articoli molto significativi come l’Art. 4 della L.R. 10/2006 che istituiva e disciplinava il ruolo del comitato tecnico-scientifico. Ancora una volta si rinuncia ad un confronto in audizione con gli operatori e i portatori di interesse. Ovviamente gli attuali Ecomusei hanno espresso favore per tali norme, perché il bilancio è pingue e loro non sono finanziariamente penalizzati. Ma questo è fatto contingente. Non si può eliminare il momento del contraddittorio assorbendo tutto in un atto di Giunta.

La gestione del rapporto con gli Enti Locali brilla per estemporaneità, improvvisazione e assenza di strategia integrata. Ciò è gravissimo in questa epoca che necessiterebbe invece di visioni solidali e di sistema. Non ci sono in questi strumenti di pianificazione indirizzi agli enti locali verso l’innovazione e la sostenibilità. Miserrimo il contributo a favore dell’elaborazione del Piano Attuativo per l’Energia Sostenibile e il Clima, (PAESC) nel DDL n. 73, art. 4 comma 55, cap. 8429/S, meri 60 mila complessivi (20 mila per ciascuno degli anni dal 2020 al 2022). Contrariamente a quanto era stato richiesto dal CAL, non si prevede di fare interventi che promuovano la cultura della pianificazione di area vasta e la Giunta si ostina nella posizione iconoclasta nei confronti delle UTI, non finanziando le Comunità di Comuni che ne sono la trasformazione, quasi a volerne scoraggiare la nascita e il proseguimento. Abbiamo fatto pericolosi passi indietro da quando si operava una concertazione multi-livello tra Regione ed aree vaste. Nel nome di una ben strana accezione di “libertà” si è preferito dare sfogo alle vocazioni più individualistiche dei Comuni, costringendoci ad assistere al penoso pellegrinaggio avvenuto nei giorni delle Commissioni, di Sindaci in attesa, afflosciati sui divanetti del primo piano di questo edificio, in attesa di venir ricevuti dal Principe e dalla sua corte, per conoscere l’entità dell’obolo graziosamente concesso. Quale differenza di clima rispetto ai tempi delle UTI, quando da pari a pari in un rapporto multilivello, si negoziava il futuro di sviluppo di aree vaste.

Sul piano delle attività produttive (DDL n. 72, art. 2 comma 8) si assiste ad un ulteriore intervento per puntellare il PISUS, ma questo faticoso trascinamento di progetti che ci ha già fatto perdere contributi europei e nazionali, non risolve quella che è la vera criticità della difficoltà di progettazione.  Mancano infatti interventi strategici volti a promuovere una cultura della progettualità e della pianificazione sia europea che nazionale.  Si sarebbe dovuto intervenire su questa mancanza di cultura del risultato, fornendo risorse in termini di competenze progettuali. Altrimenti, anche i pur lodevoli interventi dell’DDL n. 73, art. 5 comma 46 di attribuzione di risorse per la messa a norma di edifici pubblici e in particolare scolastici, rischiano di essere inutili. La cultura dei fondi di rotazione per la progettazione andrebbe promossa e andrebbe fornita assistenza ai Comuni, che dopo l’azzeramento delle UTI sono abbandonati a loro stessi, ciascuno solitario a confrontarsi con l’impossibilità di progettare per mancanza di adeguate risorse di personale.

Preoccupa inoltre un atteggiamento decisamente passivo da parte della Regione nel rapporto con RFI. La situazione è veramente molto critica per quanto concerne la mobilità ferroviaria. Binari andrebbero raddoppiati in tante tratte, frequenze andrebbero aumentate. Si riscontrano quotidianamente gravi difficoltà lungo le linee, ma purtroppo la Giunta non sembra occuparsene o non sembra capace di un’autorevole interlocuzione con RFI. C’è il rischio che si rimanga per tutto il prossimo decennio nell’attuale stato di arretratezza.

Concludo con una nota di apprezzamento e una raccomandazione. L’apprezzamento va al progetto di una Newco promossa da Friulia per il sostegno agli investimenti delle PMI, DDL n. 72 art. 1. Idea brillante ma ancora assolutamente embrionale. Vedremo se dalla crisalide emergerà una farfalla. La raccomandazione riguarda un sostegno equilibrato all’alta formazione e all’Università, dunque con modalità più strategiche di quelle espresse nell’infelice Tabella G relativa all’art. 7 del DDL n. 73.

Con il consueto spirito collaborativo OPEN-Sinistra FVG presenterà numerosi emendamenti, ma l’impressione negativa di una pianificazione colpevolmente ordinaria ci costringe a dare un parere negativo a tutti questi strumenti economici finanziari.

I testi fuoriusciti dalla Commissione preposta possono essere visualizzati qui.