BLOG

Presentazione della Pdl volta a contrastare il fenomeno della Solitudine

Abbiamo presentato questa mattina a Udine la proposta di legge di cui sono primo firmatario volta a contrastare il fenomeno della Solitudine. La proposta di legge è stata elaborata con il supporto e il consiglio di esperti del settore ed è stata fatta propria anche dalle consigliere Maria Grazia Santoro e Simona Liguori a nome dei rispettivi gruppi.

Nel corso della conferenza stampa di presentazione abbiamo avuto modo di sottolineare come quello della solitudine sia forse il vero “male della modernità” e come colpisca in modo indiscriminato tutti i ceti e le fasce di età ma sia particolarmente grave tra gli anziani e gli adolescenti e che come una maggiore conoscenza del fenomeno e la definizione di efficaci strategie di prevenzione e contrasto rappresentino un passo necessario verso una società più inclusiva e solida.

La proposta di legge ha avuto nella giornata di ieri il parere ampiamente positivo del CAL e sarà discussa dal Consiglio Regionale alla fine di questo mese.

SCARICA QUI LA PROPOSTA DI LEGGE

Sciopero mondiale per il Clima: alcune riflessioni

Grazie Marianna e a tutti voi per aver organizzato a Udine questa manifestazione!

Era da 45 anni che aspettavo questo momento, da quel 1972 quando venne pubblicato il Rapporto Meadows del Club di Roma di Oreste Peccei: I limiti dello sviluppo. Non ebbi bisogno di leggerlo, mi bastò il titolo, era ovvio. Da allora ho sempre giudicato parole come crescita o sviluppo quasi come parolacce. Progresso sì invece, questa parola l’ho usata perché il progresso è sostenibile e deve essere spirituale, più che materiale per questa parte del mondo nella quale viviamo. Progresso anche nella consapevolezza dell’impatto dei nostri stili di vita.

Inizierò da una domanda che vorrei che ciascuno di voi si ponesse. Perché voi giovani e giovanissimi state riuscendo dove sono invece falliti politici come Al Gore, nientemeno che vice – presidente degli Stati Uniti o scienziati come Barry Commoner uno dei padri dell’ecologismo, e tantissimi altri politici, medici, economisti, intellettuali? Perché in tanti sono rimasti sordi ai loro appelli e troviamo ancora oggi, ai massimi vertici delle superpotenze nel pianeta, negazionisti del riscaldamento globale o che ne rifiutano l’origine antropica?

Chiedetevelo, forse non c’è una risposta, se non quella che vedo con commozione qui oggi. Oggi, voi che protestate per difendere il vostro futuro in tutto il mondo (200 città in Italia 1800 nel mondo) siete milioni!!

Dovrete continuare a gridare la vostra protesta perché non c’è più tempo! Sulla vostra generazione e quelle future si abbatterà una catastrofe ambientale, che sarà apocalittica se non si agisce subito, sarà anche una catastrofe socio-economica che vedrà aumentare le disparità, i conflitti. Ci si deve adoperare a livello globale e con rinnovato impegno e rigore a ridurre le emissioni derivanti da combustibili fossili. Altrimenti i migranti ecologici per mancanza di acqua, di cibo, di terra che è stata ripresa dal mare saranno a centinaia di milioni. Lo saremo anche noi.

Dobbiamo essere tutti grati a Greta Thunberg e a voi, oggi qui a Udine e altrove, perché ci avete posto con semplicità e fermezza la domanda: “Cosa avete fatto fino ad ora? Cosa state facendo?” Sì, cosa abbiamo fatto e stiamo facendo alle generazioni future?

Ecco cosa stiamo facendo!

Siamo nel pieno antropocene, l’era dell’uomo e abbiamo dato inizio alla 6° estinzione di massa. La biodiversità si sta riducendo in modo catastrofico. Le specie si sono ridotte dell’80%.  Gli insetti stanno scomparendo con un ritmo di 2,5% l’anno a causa di pesticidi e fitofarmaci. Delle api lo avrete certamente sentito e quasi tutti i meccanismi di impollinazione si basano sugli insetti. Si altera coì il ciclo della vita. L’homo sapiens stesso, rischia di estinguersi proprio nell’antropocene. È quasi un paradosso!

Un quarto degli oggetti prodotti dall’uomo è stato prodotto dopo il 2000, pensate, quasi tutti dal petrolio, il metano e il carbone, di plastica.

L’inquinamento più grave è invisibile è quello dovuto alle emissioni di gas serra però. Soprattutto la CO2 prodotta dalla combustione di fonti fossili.

Ecco una breve storia della CO2: 2.4 milioni di anni fa la produzione di ossigeno di scarto da parte dei cianobatteri portò alla terza atmosfera terrestre, quella moderna. L’ossigeno permise l’evoluzione della vita come la conosciamo oggi e anche quella della civiltà. La CO2 era allora di 4,000 ppm ma le piante incominciarono a estrarla e fissarla e quindi la CO2 incominciò a ridursi fino a raggiungere le 180 ppm, 500 milioni di anni fa.  Da allora è rimasta sotto i le 300 ppm fino a pochi istanti fa in scala geologica ovvero nell’ultimo secolo e mezzo. A causa dell’uomo. A causa dell’uso di combustibili fossili.

Non vi è più alcun dubbio che i nostri stili di vita basati sull’industrializzazione, sul consumismo, sui viaggi aerei, sull’“ipertrofia del presente” hanno alterato il ricambio e l’equilibrio che era stato raggiunto tra emissioni e fissazione di CO2 da parte delle piante. L’airborne fraction è oggi del 45%, ciò vuol dire che metà della CO2 che produciamo in un anno rimane in atmosfera e ci rimane per circa un secolo.  La produciamo a causa dell’uso smodato di combustibili fossili per produrre energia elettrica, per il riscaldamento, per i trasporti per il traffico aereo. La concentrazione di CO2 oggi ha superato le 400 ppm, il 24% in più del 1960, il 40% in più rispetto all’era pre-industriale. Pensate nel corso della mia vita la concentrazione di CO2 è aumentata di 90 ppm. In 60 anni è aumentata tanto quanto per ridurla di altrettanto ci vollero milioni di anni di storia del pianeta. Le previsioni indicano una forbice entro fine secolo che andrà dalle 700ppm, se conteniamo le emissioni, fino ai 1500 ppm se continuiamo a fare come se niente fosse, ovvero business as usual. Ma cosa vuol dire contenere le emissioni: non basta più contenerle entro il 20%, ci vuole almeno il 40% entro il 2030 e prevedere la neutralità carbonica per il 2050.

Dico questo perché vi voglio brevemente raccontare quanto si fece a Udine. Nel 2009 si aderì al patto dei sindaci 202020 che prevedeva entro il 2020 la riduzione di almeno il 20% delle emissioni di CO2 da fonti fossili, il raggiungimento di una dipendenza da energie rinnovabili per almeno il 20% e la riduzione di consumi del 20%, ovvero efficientamento – le parole nemmeno esisteva sul vocabolario allora. Per prima cosa bisognava contare quante erano le nostre emissioni in tonnellate di CO2 equivalenti. Lo si calcolò relativamente al 2006. Ebbene erano di 700.000 T equivalenti di CO2. È un calcolo importante questo, si tiene conto di tutto: del riscaldamento, del consumo di energia elettrica, dei combustibili per autoveicoli, del consumo di suolo ma anche della raccolta differenziata e del riciclo, del verde pubblico. Ebbene ce l’abbiamo quasi fatta, ma in questi 10 anni abbiamo dovuto fare trasformazioni molto significative, l’illuminazione a LED, il sistema di co-generazione e teleriscaldamento (il calore che riscalda quasi tutte le vostre scuole è calore che altrimenti andrebbe sprecato in torri di raffreddamento nelle centrali che producono energia elettrica e che invece oggi viene raccolto e instradato per riscaldarvi senza bisogno di bruciare altro combustibile per riscaldarvi), fotovoltaico, solare termico. L’efficienza della produzione di energia elettrica in Italia è del 40% rispetto alla fonte di energia primaria, pensate a quanto è inefficiente. Ma questo risultato nel quale pochissime tra le oltre 10.000 città europee che siglarono il patto sono riuscite, è una goccia adesso bisognerebbe ridurre di ulteriori 20%. E prevedere la neutralità carbonica per il 2050.

Ciò non è pensabile senza un cambiamento radicali degli stili di vita, da parte di tutti, ma soprattutto di chi ha la possibilità di incidere.

Se nel periodo 2014 al 2017 I dati sembravano indicare che le emissioni si fossero stabilizzate, ovviamente continuando ad accumularsi, nel 2018 c’è stato un ulteriore incremento del 2,7%. Siamo oggi ben oltre le 35 Gton (miliardi).  

Sembra davvero un obiettivo irraggiungibile.

Ma invece bisogna agire e gestire l’inevitabile se si vuole evitare l’ingestibile.

La conseguenza più subdola ma più grave dell’aumento di CO2 è il riscaldamento globale. E dire che i gas serra, come la CO2 sono essenziali per la vita, perché permettono di mantenere una temperatura media intorno ai 15° che altrimenti sarebbe di -20°. Lo scoprì uno svedese come Greta, Arrhenius, a fine ‘800 per primo. Ma a causa dell’aumento di CO2 dal 1900 ad oggi la temperatura media sulla terra è aumentata di circa 1°, ma il ritmo di crescita dal 1980 ad oggi è stato pari allo 0,3° ogni 10 anni. Tutti gli anni oltre il 2000 sono stati tra i più caldi da quando si tengono le statistiche, con il picco dei 35.00 morti in Europa nell’ondata di caldo del 2003, l’anno nel quale nacque Greta, pensate. Quali sono le conseguenze di ulteriori aumenti. Aumenteranno le ondate di calore d’estate, salirà il livello del mare 1 cm ogni 10 anni, aumenteranno gli uragani. Ma la cosa più grave è che non sarà un aumento lineare ma ci sarà purtroppo un effetto valanga la fusione del permafrost libererà altri gas serra, come il metano, che contribuiranno ad un aumento ulteriore della temperatura. Soprattutto in regioni come la nostra gli effetti saranno ancora più marcati. Perché siamo zona mediterranea, con molte retroazioni positive, ma anche zona montuosa e quindi a causa della stratificazione della CO2 più esposta all’aumento della temperatura. Avremo così meno neve d’inverno a ricaricare le falde d’estate perché l’acqua ruscellerà a valle perdendosi in mare, invece di essere disponibile anche in tarda primavera. L’abbondanza di acqua della quale abbiamo sempre goduto non sarà più disponibile quando servirà d’estate perché cambierà il regime delle precipitazioni che saranno sempre più intense e più saltuarie. D’estate le piante arriveranno molto prima ad uno stress idrico, l’agricoltura dovrà cambiare. È terribile dire queste cose qui in Friuli in quella che fu la patria di Girolamo Venerio (1777-1843) che fu tra i primi nelle Osservazioni meteorologiche fatte in Udine nel Friuli pel quarantennio 1803-1842 ad avviare studi scientifici sul clima la meteorologia in Italia e forse in Europa.

L’aumento di temperatura previsto dai modelli se raggiungeremo la neutralità carbonica nel 2050 sarà di 2°, altrimenti se continueremo business as usual sarà di 6°.

L’effetto per l’Europa a fine secolo sarà come se fosse tutta trasportata a sud di 1000 chilometri. Udine avrà un clima più caldo di quello odierno di Tunisi. 

E noi diventeremo sempre più rimbecilliti. Si stima che già con 1000 ppm di CO2 la nostra lucidità diminuisce del 10%. Pensate cosa succede quando non aprite le finestre in aula, pensate all’aria in un aeroplano. Con 1500 ppm la nostra capacità cognitiva è ridotta del 50%. 

Lo ripeto dobbiamo raggiungere la neutralità carbonica entro il 2050 solo così potremo contenere l’aumento della temperatura al 2° rispetto all’era industriale. Ma questo fatto che discende dagli accordi del COOP 21 di Parigi, non lo dice nessuno. E comunque un aumento della temperatura vuol dire anche più energia in atmosfera (1/2mv2 = 3/2kTl’energia dipende direttamente dalla temperatura) e dunque più eventi violenti ed estremi. Pensate ai milioni di alberi abbattuti in Cadore dall’ultima tempesta di vento e dal ciclone Vaia. Due ani fa avvenne un’altra tempesta, sulle coste. Ricordo che si accesero le luci a Castions di Strada dove mi trovavo, anche se erano le tre di pomeriggio tanto si era fatto buio.

Cosa si può fare?

La prima cosa è conoscere. Sapere che a Udine consumiamo in media 200litri al giorno di acqua potabile contro i 10 litri di acqua potabile con la quale vivono in altre parti del pianeta.  Nel mondo un bambino muore ogni 15 secondi per diarrea dovuta ad acqua non potabile. Dobbiamo essere consapevoli della nostra impronta carbonica e del nostro bluewater footprint.  Dobbiamo essere consapevoli che il nostro grado di consumo della Terra vede oggi l’overshoot day (il giorno nel quale si inizia a consumare quanto non si riuscirà a compensare nell’anno) ai primi di agosto mentre nel 2000 era in ottobre. Sapere che accettare la logica di una società spensierata e consumistica sta portando alla deforestazione del pianeta, per la produzione di assurde quantità di oggetti, di prodotti agricoli, di bestiame per una dieta alimentare che porta all’obesità. Ogni volta che mettete piede in un centro commerciale e acquistate un prodotto, chiedetevi se questo è locale, probabilmente per produrlo si è contribuito in modo esagerato all’aumento di emissioni, alla perdita di biodiversità, alla deforestazione, allo sfruttamento di tanti giovani come voi. In una parola dobbiamo cambiare i nostri stili di vita e non sognare l’autoveicolo privato come i nostri padri e nonni. A Città del Capo l’inverno scorso era a 24 ore dal Day Zero, il giorno del quale non c’è più acqua potabile ed era tale lo sforzo di consumarne poca che era diventato disprezzabile girare con i capelli puliti, pensate.

Basta negazionismi: sul Canin una volta c’era il ghiacciaio Ursic sul quale si poteva sciare oggi semplicemente quel ghiacciaio non c’è più, si è ridotto ad un nevaio morto.

Tutti si deve fare ricerca su come ridurre le emissioni di gas serra, come sviluppare l’innovazione verso energie rinnovabili, come realizzare la de-carbonizzazione (ovvero l’eliminazione del ricorso a combustibili fossili o a materiali derivati dal petrolio), verso la riduzione dei consumi e l’efficientamento. E soprattutto fare ricerca su come accumulare la CO2 che si trova in atmosfera.  È questa una grande sfida, per certi versi anche entusiasmante. Potrei citarvi mille usi per una fognatura, oltre a quello ovvio: “fognatura” come sorgente di calore per una pompa di calore, come fluido per azionare una turbina, come canale per telecomunicazioni. Ma le fognature vanno prima di tutto fatte e qui in Friuli ce ne sono molto poche. Ci vogliono opere pubbliche quindi. E magari fare sistemi di raccolta dell’acqua piovana in ogni luogo. Bisogna modificare i regolamenti edilizi per ridurre le dispersioni termiche negli edifici, per raccogliere meglio l’acqua piovana e non usare acqua potabile per bagnare i giardini come tanto spesso qui viene fatto. Si può immaginare di costruire enormi impianti fotovoltaici nel Sahara oppure mandare in cielo ombrelli fotovoltaici per riparare le città dal sole e intanto produrre energia elettrica. Dovremo inventare carbon sinks. Ci vuole coraggio e fantasia. Ma io sono certo che la nostra specie ce ne avrebbe.

Ma dobbiamo anche spostare il nostro punto di vista, come del resto ha detto anche papa Francesco nell’enciclica Laudato sì: non ci può essere giustizia sulla terra se non c’è giustizia verso il pianeta. A cui io aggiungerei “se non diamo diritti anche agli animali, agli insetti”. La natura è un sistema pieno di retroazioni non si può privilegiare una specie, con uno specismo, con un antropocentrismo, semplicistico a scapito di tutte le altre specie. Non dobbiamo lasciare indietro nessuno, né uomo, né donna, né bambino, nemmeno un insetto, la cui specie forse non conosciamo nemmeno. Dovremmo piantare bilioni di alberi.

E poi mitigazione e adattamento ai mutamenti climatici perché ce ne saranno, e quindi irrobustire le reti sociali. Dovremo cambiare il tipo di agricoltura. Certamente dovremo cambiare le produzioni industriali. Anche la produzione e l’uso di cellulari dovrà ridursi perché già adesso incide per parecchi punti percentuali sulla nostra impronta carbonica.

Ho lasciato per ultimo l’aspetto politico. Quale futura organizzazione. Certamente i nazionalismi dovranno scomparire. Spesso da questa piazza ho invitato il 25 aprile, festa della liberazione, a liberarsi della schiavitù del consumismo e a fare di tutto il pianeta la nostra patria. Dovrà esserci qualcosa di molto di più di una solidarietà internazionale. L’ONU ha lanciato i 17 Sustainable Development Goals. Ma certamente se non si affronterà questa emergenza con coraggio l’umanità, la civiltà come la viviamo oggi scomparirà entro fine secolo.

Certamente la maturità che dimostrate in questa vostra manifestazione dovrebbe spingerci a dare il voto anche ai quindicenni (e forse a toglierlo dopo i 30 – ma è chiaro che dico ciò solamente per provocazione).

È ben rendersi conto che non possiamo essere più dei sonnambuli che corrono verso il precipizio. Abbiamo davanti la più drammatica sfida per l’umanità dai suoi albori.

La vostra voce non dovrà abbassarsi fino a quando gli scienziati non ci diranno che l’emergenza è gestibile.

Prima di allora la vostra forza è l’unica che può piegare anche il più temibile avversario per la specie umana e il pianeta che la ospita, più ancora se mai possibile, dell’aumento di CO2 cioè l’arroganza e la miopia dell’uomo stesso! 

Foto: ilfriuli.it

In ricordo di Elvio Ruffino

Cittadine e cittadini antifascisti,

Elvio Ruffino ci ha lasciati… e ci sentiamo tutti più soli.

Ai figli Luca e Matteo, alla moglie Dania, alla sorella Silvana vanno le nostre condoglianze più sincere, il nostro affetto, la nostra vicinanza, ma sin da quando si è sparsa la terribile notizia alcuni giorni fa, abbiamo sentito il bisogno di scambiarci tutti, reciprocamente, le condoglianze, perché Elvio oltre che dei suoi familiari, lo sentivamo anche un po’ di tutti noi.

Ringrazio la famiglia di Elvio per avermi dato il privilegio di condividere oggi in questo luogo così ricco di significato, la memoria e gli insegnamenti di questo grande uomo. Sono certo che altri avrebbero voluto e certamente potuto farlo meglio di me. E ringrazio tutti coloro che hanno voluto condividere un ricordo di Elvio con me, perché oggi me ne rendessi interprete. Spero di esserne all’altezza.

Inizierò ponendo una domanda: come mai proprio Elvio Ruffino, così schivo nel cercare riconoscimenti o allori personali, così generoso e pronto a mettersi a disposizione nel modo più semplice, anche in quelle fasi difficili della vita quando finisce un’esperienza di vertice, perché proprio Elvio che era l’antitesi di questa nostra sciagurata stagione politica devastata dai personalismi, e dai protagonismi , come mai proprio Elvio era tra noi la persona datata del carisma più forte, della maggiore autorevolezza, colui che con un sottointeso, con un non-detto, con uno sguardo, sapeva dare significato e indirizzo a ciascuno di noi?

La risposta la sappiamo, anche se non l’abbiamo mai dichiarata. Elvio Ruffino era una vera guida politica proprio perché non cercava di esserlo, semplicemente lo era, perché ogni sua azione era autenticamente politica, frutto di ragionamento politico. Elvio agiva con un rigore assoluto, sempre accompagnato da un pizzico di ironia, nell’interesse di quello spirito collettivo, di quel “noi” che si riconosce in un’idea, in un’ideale.

La forza dei suoi ideali, che affondavano le radici nella Resistenza era di acciaio e con il passare del tempo erano diventati ancora più inossidabili. Valori antifascisti di libertà, di rispetto, di solidarietà, di tolleranza, di inclusione e con essi la condanna e il rifiuto di qualsiasi discriminazione, disparità, disuguaglianza. La sua vita è stata dedicata a vivere e ad attuare politicamente l’eredità civile della Resistenza. Ed Elvio Ruffino sapeva bene che questi valori potevano consolidarsi solamente su una collettività, sul popolo.

“Un politico si misura dalla sua coerenza” ribadì più volte. Con ciò non intendeva certo quanto superficialmente alcuni hanno detto di lui in questi giorni, che fosse uomo legato ad un passato che non c’è più. La coerenza di cui parlava era onestà intellettuale quella di chi ha posti a fondamento della propria vita i valori della sinistra, i valori democratici, i valori di lealtà verso la propria comunità. Anzi, il suo concetto di coerenza si esplicitava proprio nella capacità di leggere gli avvenimenti, di cogliere i cambiamenti del presente alla strenua ricerca del senso delle cose. Elvio non ha mai smesso di interrogarsi fino in fondo su ciò che stava accadendo, e su come agire politicamente perché i valori della Resistenza e della Costituzione si potessero concretare davvero.

Non uomo chiuso, uomo del passato, ma uomo aperto, del presente, che guarda lontano, fu Elvio Ruffino. Uomo sempre calato nel presente di cui essere attento osservatore per poi essere autentico attore. Mai passivo, mai indifferente, anche alle vicende più piccole di chi gli stava intorno. Mi hanno avvicinato in molti oggi per ricordarmi tanti episodi di generosità di Elvio e della sua famiglia. Nelle cose grandi quali l’affidamento per numerosi anni di giovani ragazzi che poi fecero studiare, come in quelle più piccole quali convincere qualcuno ad adottare un randagio. Elvio era sempre impegnato nel volontariato e in particolare con gli Amici della Terra.

Ricordo le sue ultime azioni politiche di ampio respiro, di cui ci ha fatto dono, quasi fossero i suoi testamenti spirituali. Probabilmente già malato si adoperò per due libri: il diario di Mario Lizzero, un suo maestro, che disse “è meglio sbagliare insieme che avere ragione da soli” e Civiltà e Barbarie, dove pose a confronto i più alti contributi all’affermazione della dignità umana e del progresso civile espressi dal secolo breve alle più atroci pagine della barbarie fascista e nazista. Così scrive Elvio riferendosi alla Resistenza “si sentì il bisogno non solo di armarsi per resistere e vincere, ma di elaborare una piattaforma civile e politica che contenesse un’idea diversa di organizzazione del mondo, della convivenza fra i popoli, della tutela dei diritti dei cittadini e di promozione della dignità umana. La seconda guerra mondiale fu una grande lotta di liberazione”.

Era irraggiungibile la naturalezza con la quale Elvio Ruffino sapeva comunicare i suoi ideali a tutti. Parlava con la stessa semplicità e chiarezza, ma anche con drammatica efficacia, sia più giovani nelle scuole, come ai politici più esperti. Ricordo alcuni suoi interventi al monumento ai Partigiani a Cussignacco alla fine della recitazione che i bambini avevano preparato per il 25 aprile. Faceva loro capire il senso della libertà di cui oggi possono godere proprio attraverso la gioia di poterla condividere insieme. Lo ricordo geniale nella sua capacità di trovare le modalità più dirette per stigmatizzare la degenerazione della nostra società, come in quella ricorrenza presso le mura esterne del Cimitero di Udine quando Elvio espresse tutto la sua indignata condanna per l’offesa al tricolore del quale uno xenofobo si era cinto dopo aver compiuto il suo crimine razzista, e che le forze dell’ordine non gli avevano immediatamente tolto lasciando che tutti i media lo ritraessero con la bandiera, creando così un nesso identità di patria-razzismo. Elvio aveva immediatamente smontato l’inganno, e ci aveva fatto immediatamente riconoscere il rischio di quelle immagini. In quelle poche parole, non certo retoriche ma di straordinaria efficacia, ci aveva fatto capire i gravi pericoli a cui sfuggire. Lui uomo certamente non esperto di nuovi media ma consapevole dei nuovi meccanismi della manipolazione e della propaganda occulta.

E voglio, infine, ricordare quell’altro grande lascito collettivo che è stata l’organizzazione della prima Festa della Costituzione lo scorso 2 giugno.

Devo moltissimo del mio impegno politico antifascista all’On. Elvio Ruffino, come penso gliene dobbiamo tutti noi. Elvio aveva la capacità di comprenderci tutti nella nostra individualità e peculiarità, con eccezionale altruismo e sensibilità. Anche se sapeva essere duro, non lo faceva mai con violenza, quella durezza era solamente l’espressione della forza del suo convincimento. Un suo bonario commento poi aveva, invece, per la sua autorevolezza un valore di incoraggiamento ben più grande di qualsiasi successo, perché era sempre uno sprone per continuare ad agire. Ci duole molto sapere che non potremo più ascoltarlo.

Elvio Ruffino è stato un uomo che ha saputo farsi guida quando percepiva che il popolo ne aveva bisogno perché capiva ciò di cui aveva bisogno. Come nel 2008, all’epoca del liberismo imperante, quando ideò la Festa della Liberazione, il pomeriggio del 25 aprile dopo la manifestazione, che oggi è diventata una tradizione determinante per il popolo antifascista di Udine. Momento autentico di conviviale e creativa celebrazione di gioia per la Liberazione. Ogni anno cresce di più nelle adesioni, nelle iniziative, perché risponde ad un bisogno di impegno. Anche qui il rigore degli ideali, la consapevolezza dell’alto debito verso tutti i caduti e gli eroi della Resistenza erano da lui coniugati alla gioia di poterli vivere insieme con le nostre famiglie, allargate.

Come Italo Calvino, Elvio sapeva coniugare la fermezza della coerenza alla leggerezza. Forse l’una non può esserci infatti senza l’altra. Al citius altius fortius fascista sapeva opporre l’antifascista lentius, profundius, suavius del popolo, che però sa riscuotersi e risollevarsi e lottare per la propria Liberazione. Ed Elvio ha lottato tutta la Sua vita per il progresso dei popoli e del popolo, per la loro emancipazione.

DI Elvio si potrebbe parlare molto a lungo: del suo impegno da parlamentare, di come raccolse il testimone da Arnaldo Baraccetti e Silvana Schiavi Facchin, dal segno che lasciò come Presidente del consiglio Comunale di Udine, di Presidente Regionale dell’ANPI. Furono ruoli che interpretò in modo perfetto, esemplare.  Sempre senza arrogante pesantezza, ma con intelligente e delicata autorevolezza perché nel più profondo era convinto che la forza penetrante della verità è maggiore di qualunque imposizione drastica e che la verità alla lunga non può non venir riconosciuta.

Ricordo un incontro a Gattatico all’Istituto Cervi insieme a Elvio e durante il viaggio di ritorno a Udine la condivisione e la gioia dell’impegno politico e antifascista. Elvio fu capace di cogliere da quel luogo di tragedia e del più alto sacrificio, un messaggio, uno slancio straordinariamente positivo, quasi ottimistico. Era un po’ come se si fosse portato via anche un pezzetto del “mappamondo” dei fratelli Cervi, quel grande oggetto di conoscenza che i fratelli scelsero di acquistare insieme al loro primo trattore per soddisfare la loro curiosità del mondo, quella voglia di progresso gioioso che accompagna la marcia collettiva verso un futuro migliore per l’umanità. Ragionammo anche a lungo sulle scelte difficili che di lì a poco ciascuno di noi avrebbe dovuto fare, con coraggio e coerenza, senza seguire onde o maree, sempre pensando con la propria testa, guardando lontano.

Dobbiamo tutti essere orgogliosi che Elvio Ruffino sia stato il nostro maestro di antifascismo. Autentico interprete dei valori della Resistenza che pur non aveva vissuto direttamente. Fu partigiano dei partigiani, come ieri, a Saciletto di Ruda, la Presidente dell’ANPI, Carla Nespolo, ha definito l’antifascismo di chi non è stato partigiano. Ruolo ancora più difficile oggi che nel passato, in questo tempo così stupidamente superficiale, così spregevolmente incapace di costruire, ma solamente di sfasciare decenni di impegno politico collettivo e di civiltà.

Voglio concludere questa commemorazione assolutamente inadeguata di una personalità così attenta agli altri, così generosa e altruista, ricordando quanto Elvio disse in occasione dell’ultima volta nella quale prese la parola alla cerimonia presso le carceri di Udine per onorare i 29 partigiani trucidati nell’aprile del 1945. Condivise con noi tutti una vicenda, anche personale, che manifestò la sua sconfinata umanità, ma che ci fece anche intravedere il punto di appoggio di quell’alto senso di coerente riflessione politica che informò tutta la sua vita. Condivise infatti un ricordo del padre ovvero l’emozione dolorosa e la fermezza eroica della decisione presa dalla segreteria politica del Partito Comunista di Udine, alla quale apparteneva suo padre, in quell’aprile del 1945 quando comunicò in carcere ai comandanti “Tribuno” Mario Modotti e “Guerra” Mario Foschiani, condannati a morte, che non dovevano chiedere la grazia. Così riporta infatti la lettera che egli commentò:

“Comprendiamo che è duro morire perché ognuno di noi ama la vita. Comprendiamo che non è facile morire nella tortura morale a cui sottopone il barbaro nazismo e i suoi sgherri schifosi. Comprendiamo tutto questo ma vi diciamo: incoraggiate i deboli, insegnate loro come si deve morire. Un compagno che muore da eroe non è mai perduto per la grande causa, un compagno che crolla di fronte alla morte, muore due volte. A dei compagni che da venti giorni attendono il plotone di esecuzione è duro dire queste parole. È duro ma vi devono aiutare ad essere forti. Dite ai compagni di non fare domanda di grazia. Voi siete dei patrioti, siete dei soldati. Esigete un trattamento da soldati fatti prigionieri. Noi non disperiamo ancora di potervi salvare. Ma non dovete chiedere nessuna grazia.”

Elvio condivise con noi tutti, ammutoliti, il sentimento che serpeggiò in quella riunione della segreteria politica, che lui aveva appreso dal racconto del padre. “Allora quella era l’etica, ci disse Elvio, quella era la forza degli ideali, quello era il modo di vivere la Lotta di Liberazione, come lotta di combattenti per la libertà dei popoli, per la democrazia: l’individualità di ognuno di fronte a quel compito non scompariva come superficialmente poteva sembrare, ma anzi ne veniva esaltata.” E i prigionieri si rassegnarono e accettarono con coraggio, anche se quella era l’ultima flebile speranza. Sarebbe stato un tradimento cedere alla debolezza dell’individualità di fronte all’ideale di una collettività che è la sola a dare senso e significato alla vita di tutti noi.

E questo ideale carissimo Elvio tu hai saputo reinterpretarlo e comunicarlo tutta la tua vita, questo è stato sempre il tuo messaggio, un messaggio quasi inarrivabile per la maggior parte di noi. Il tuo stesso trascurare la malattia che ti ha strappato a noi, nasceva dal senso del dovere che ti fece partecipare seppur con il bastone, sul quale facevi dell’ironia, faticosamente alla commemorazione delle vittime innocenti in occasione dell’anniversario della promulgazione delle leggi razziali e ai tanti altri incontri di quest’ultimo autunno. Sono questi gli  esempi di come tu sia sempre stato un partigiano combattente che ha posto la sua individualità, la sua persona dopo, all’ultimo posto rispetto ai tuoi doveri di militanza politica antifascista.

Elvio, partigiano dei partigiani combattenti della lotta di Liberazione, eroe, proprio perché sapevi che non ci sono eroi, ma c’è solamente un unico eroe il popolo unito, che dobbiamo servire con abnegazione pena la perdita di significato della nostra stessa vita individuale.

Il ricordo del tuo esempio Elvio Ruffino possa rimanere sempre vivido e si possa noi essere sempre degni di poterne trarre ispirazione.

Viva il Partigiano Elvio Ruffino.

Viva la Resistenza.

Linee di indirizzo alla Commissione Paritetica Stato-Regioni

Nelle linee di indirizzo alla Commissione Paritetica Stato-Regione, sottoscritto da tutti i capigruppo da tutto il Consiglio, Open-Sinistra FVG è riuscita a far riconoscere nelle premesse l’urgenza di affrontare le problematiche ambientali e climatiche nonché a sottolineare il ruolo di “Regione Laboratorio” che il FVG può svolgere a livello nazionale, data la sua piccola ma significativa dimensione, la sua diversità di ambiti ecologici e socio-economici, e soprattutto il suo potenziale di ricerca e innovazione.

Oltre a spronare la Commissione a concretare tutte le potenzialità della specialità e dell’autonomia per quanto riguarda gli ambiti demaniali, fiscali, economici e relativi ai rapporti internazionali Open-Snistra FVG si è però adoperata ad arginare velleitari progetti di regionalizzazione della scuola e dell’università.