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Disegno di legge “enti locali”: affossa il sistema e non lo migliora

Per Furio Honsell il disegno di legge sugli Enti Locali “è una legge che ha solo l’ambizione di essere una riforma degli enti locali in Friuli Venezia Giulia, ma nella realtà si esaurisce nell’affossare il sistema precedente invece di migliorarlo. La sua “pars costruens” è infatti miserevole e medievale, ispirata al principio del “ogni contado si arrocchi intorno al proprio castello”.

Il Consigliere di Open Sinistra Fvg critica innanzitutto la decisione di questa maggioranza di adottare la formula della proposta di legge di iniziativa giuntale: “una proposta di legge consiliare sarebbe stata molto più appropriata, soprattutto alla luce del fatto che sono decine i membri di questo Consiglio che hanno avuto esperienze significative e prolungate di Sindaco, mentre nella Giunta, uno solo forse ha avuto
tale esperienza”.

Aggiunge inoltre che questa metodologia “comprime notevolmente i tempi del dibattito, senza permettere un dialogo compiuto nelle audizioni”. Dialogo che ancora una volta secondo Honsell non si è compiuto neppure in aula: “questa maggioranza dimostra per l’ennesima volta la sua arroganza istituzionale. Non solo non vengono prese in considerazione le opinioni delle opposizioni ma non sono stati colti neppure alcuni degli spunti presentati dai Sindaci del nostro territorio nelle audizioni! Per correttezza istituzionale e rispetto del ruolo che ricopro – continua l’esponente di Open Sinistra Fvg – ho presentato numerosi emendamenti pur sapendo che non sarebbero stati accolti e infatti così è stato”.

“Ma l’aspetto più pericoloso di questo disegno di legge – conclude Honsell – è che non disegna un futuro dignitoso per i territori e per gli enti locali stessi che ne sono i soggetti esponenziali. Sembra quasi che il legislatore voglia costringere gli Enti locali ad una situazione di nanismo istituzionale. Ha forse in mente di rendere quindi inevitabile la reintroduzione di un organismo di controllo regionale sovracomunale più forte così da renderli di nuovo sudditi e vassalli come ai tempi del Patriarcato? Questa legge pone le basi per meccanismi che sono l’antitesi della multilevel governance che invece in tutta Europa sta irrobustendo il ruolo di Comuni e delle loro aggregazioni”.

Relazione Honsell su Ddl 71 “Enti Locali”

Questo disegno di legge avrebbe l’ambizione di essere una riforma degli Enti locali in FVG, ma si esaurisce nella pars destruens, che affossa il sistema precedente invece di migliorarlo, dimostrando così di non coglierne gli aspetti positivi. La sua pars costruens è infatti miserevole, la definirei medievale, perché ispirata al principio del ogni contado si arrocchi intorno al proprio castello!

Questo DDL è così infelice anche perché frutto di quella modalità legislativa caratteristica di questa Maggioranza che, anche su un tema così importante, utilizza la formula affrettata e affannosa del Disegno di Legge di iniziativa giuntale, da approvarsi a tappe forzate, invece di una più meditata Proposta di Legge di iniziativa consiliare. Ciò ha obbligato la Commissione a comprimere i tempi del dibattito, senza permettere un dialogo compiuto nelle audizioni. Una Proposta di Legge consiliare sarebbe stata molto più appropriata, soprattutto alla luce del fatto che sono decine i membri di questo Consiglio che hanno avuto esperienze significative e prolungate di Sindaco, mentre nella Giunta, uno solo forse ha avuto tale esperienza.

L’Assessore, nel presentare con orgoglio questo disegno di Legge, che ritiene un momento qualificante del suo mandato, ha dichiarato di aver raccolto l’opinione di molti rappresentanti degli enti locali oggi in carica. Così però denuncia proprio il principale difetto del DDL che è l’essere assolutamente impressionistico nell’impianto e umorale, espressione dei pregiudizi cavalcati dall’attuale maggioranza in campagna elettorale e maturati nell’azione di sabotaggio della riforma precedente.

L’Assessore ci invitò invero, a fare delle osservazioni su questo DDL già un mese fa circa, ma al riguardo vorrei citare il famoso commento del grande fisico tedesco Wolfgang Pauli, uno dei padri della Teoria dei Quanti, che di fronte ad un articolo scientifico che gli era stato presentato da un giovane ambizioso collega disse “Das ist nicht nur nicht richtig; es ist nicht einmal falsch!“. Ovvero, come oggi è diventato proverbiale dire in inglese per caratterizzare tanti esempi di pseudoscienza, “That isn’t only not right; it’s not even wrong!“, ovvero in italiano “Non solamente non è corretto, ma fosse almeno sbagliato!”. E voglio, con questa legge, inaugurare l’applicazione di tale commento anche fuori dall’ambito delle scienze fisiche, per proporlo in quello probabilmente più difficile ancora, delle scienze politiche!

Cercherò di spiegare ora un giudizio così severo che mi obbligherà a votare contro questo DDL, come Open-Sinistra FVG, anche se per senso del dovere istituzionale non mi sottrarrò al compito di offrire degli emendamenti e degli ordini del giorno.

La Legge regionale 26/2014 che questo DDL affossa, e ancor di più la Legge regionale 18/2015 che su di essa si appoggiava, avevano cercato di superare la principale criticità del nostro territorio ovvero la sua incapacità secolare di fare sistema, da cui deriva l’esagerata frammentazione degli Enti locali. La Scozia vanta una quarantina di enti locali a fronte di 5 milioni e mezzo di abitanti. Il Friuli Venezia Giulia ne vanta oltre duecento per poco più di 1 milione di abitanti! L’assetto delle Unioni territoriali intercomunali (UTI), soprattutto attraverso il principio della concertazione, obbligava i Comuni, per la prima volta dalla caduta del Patriarcato, a ragionare e a progettare in termini di area un po’ più vasta – più ampia di quanto si riesce ad intravedere dal proprio campanile! Permetteva infatti una pianificazione, prima elaborata all’interno delle UTI, e poi sviluppata secondo una procedura molto innovativa di multilevel governance in un confronto programmatico con la Regione. La fragilità del nostro territorio regionale, che si è rivelata in tutta la sua profondità proprio nel fronteggiare la crisi del 2008, crisi assolutamente non ancora superata, deriva proprio dal fatto che ognuno degli oltre 210 comuni si vuole organizzare invece come una piccola metropoli, dotata quindi in modo autonomo di tutti i servizi e di tutte le infrastrutture viabilistiche, industriali, commerciali e artigianali. Ebbene tutte queste duplicazioni non solo non sono più sostenibili finanziariamente, ma soprattutto non lo sono dal punto di vista ambientale e funzionale. I risultati sono sotto gli occhi di tutti: una moltitudine di capannoni abbandonati e di centri commerciali scarsamente frequentati. Queste duplicazioni hanno condotto ad un bisogno disperato di personale qualificato spesso introvabile o impiegato a scavalco. Il progetto delle UTI, che era certamente da correggere, aveva invece proprio lo scopo di far giocare tutti in squadra mettendo a comune servizi migliori, senza doppioni e pianificando insieme un futuro sostenibile.

Tutte queste opportunità, grazie a questa ottima legge, oggi scompaiono. Ovviamente la follia iconoclasta della Giunta si è almeno arrestata di fronte alla soppressione delle UTI in area montana, che sono state trasformate in Comunità di montagna e nell’area collinare, trasformata in Comunità collinare. Il nuovo ente introdotto però, la Comunità, non ha invece nulla del buono che avevano le UTI, ovvero un dettagliato percorso di messa a comune di servizi e funzioni, un ruolo nella concertazione multilivello, uno spirito di co-progettazione, ma ne mantiene la pesantezza burocratica, anzi la peggiora. La Comunità è un nuovo ente locale, che necessita di nuovi statuti e di una complessa fase di avvio, senza essere accompagnato da nessuna forma di incentivazione finanziaria. Ma in cosa dunque è meglio una Comunità di una banale convenzione tra Comuni? Una convenzione costerebbe di meno, sarebbe più agile da aggiustare e permetterebbe di andare subito al dunque della problematica contingente che si vuole risolvere. Valuteremo tra 3 anni quante Comunità saranno sorte!

L’impianto di questa Legge fa risalire la volontà di costituire un coordinamento sovracomunale di funzioni e servizi al mero opportunismo contingente, perdendo di vista il vero motivo di ragionare insieme che è il condividere progetti di sviluppo integrato e pianificazione di area vasta. La visione proposta è figlia di una concezione degli enti locali superata e sterile. Durante le audizioni abbiamo assistito ad un Sindaco che ha chiesto all’Assessore di non sopprimere le UTI che coinvolgevano i comuni capoluogo, come questa Legge poco avvedutamente propone all’art. 27. La sua proposta non è stata presa in considerazione perché, a detta dell’Assessore, gli attuali Sindaci dei Comuni capoluogo non sono interessati. Considerazione questa, troppo legata ad una contingenza e all’esperienza individuale di tali sindaci, quindi lontanissima dallo spirito che dovrebbe accompagnare un progetto di Legge che deve valere soprattutto per il futuro. L’Assessore che pur a parole si diceva aperto, è stato irremovibile, anzi ha incalzato e sfidato sarcasticamente il Sindaco a dire quale valore avesse quella UTI oltre al doversi occupare dell’edilizia scolastica.  E a fronte alla pronta e ferma risposta del Sindaco che ha ribadito il concetto fondamentale delle UTI ovvero quanto fosse prezioso l’ufficio di pianificazione sovracomunale, gli ha risposto che tanto quello sarebbe rimasto. Ma non gli ha detto che sarebbe andato in mano ad un non meglio disciplinato Ente di decentramento regionale (vedi artt. 28 e 29) e che quindi sarebbe stato tolto dalla disponibilità dei Sindaci.

Questa sedicente riforma si fonda sul desiderio di cancellare ogni traccia delle UTI, fino a sostituire l’aggettivo “montano” con il più rozzo “di montagna”. Fissazione iconoclasta e nominalistica dettata dalla tragica concezione che “legiferare significhi cancellare” invece di costruire su quanto hanno fatto coloro che sono venuti prima. Sistema questo, va detto, certamente ottimo a fini propagandistici e facilissimo da tradurre in annunci.

Ma questa sedicente riforma si fonda anche su una visione atomistica degli attuali Comuni, che proprio a causa di un’autonomia sfrenata oggi sono fragilissimi. Una legge di riordino regionale dovrebbe avere invece anche il coraggio di prendere posizione. La Regione non dovrebbe rinunciare a governare i processi, che altrimenti mette in pratica una forma di qualunquismo istituzionale.

Questa riforma a prima vista rispettosa delle volontà dei Comuni, fino a viziarli nei loro peggiori difetti, non attribuisce però alcuna flessibilità proprio là dove invece sarebbe stato opportuno concederla ovvero nella forma organizzativa e nello statuto di queste nuove strutture – ovvero tutto il TITOLO II. La Regione decide che alcune UTI devono trasformarsi, che altre vanno sciolte, che comunque tutte le Comunità devono avere strutture pesanti e complesse. Tutte devono costare e assegnare compensi: forse ci sono già in mente coloro che dovranno riceverli anche se non eletti?

Questo DDL dimostra poi che il legislatore non ha compreso la problematica dell’edilizia scolastica secondaria. Questa è già per buona parte pienamente nelle mani dei comuni. Soprattutto i Comuni capoluogo, sono da sempre stati coinvolti anche nell’edilizia scolastica secondaria. Introdurre 4, dico 4, nuovi Enti per giunta commissariali, per gestire questa problematica è sproporzionato.  Obbliga a ritornare indietro e costringe i comuni a fare nuovi difficili negoziati e convenzioni con questi nuovi enti. Crea inutili doppioni per una problematica davvero minore, senza peraltro riunire in un unico ente tutte le funzioni di gestione dell’edilizia scolastica secondaria, che oltre alla gestione degli edifici deve anche occuparsi del dimensionamento.

Questo DDL si basa ancora pesantemente sul pregiudizio che i Comuni capoluogo non traggano nessuno beneficio dall’avere un rapporto coordinato con i comuni contermini. Un’analisi più lucida dimostrerebbe invece proprio il contrario.

Ma l’aspetto più pericoloso di questo DDL è che non disegna un futuro dignitoso per i territori e per gli enti locali stessi che ne sono i soggetti esponenziali. Sembra quasi che il legislatore voglia, con un sorriso sulle labbra ma in verità dissimulando la sua pervicacia, costringere gli Enti locali ad una situazione di nanismo istituzionale. Ha forse in mente di rendere quindi inevitabile la reintroduzione di un organismo di controllo regionale sovracomunale più forte così da renderli di nuovo sudditi e vassalli come ai tempi del Patriarcato? Questa legge pone le basi per meccanismi che sono l’antitesi della multilevel governance che invece in tutta Europa sta irrobustendo il ruolo di Comuni e delle loro aggregazioni. La Legge 26 andava in quella direzione, questa riforma ci fa fare retromarcia verso i secoli bui.

In conclusione questo DDL è il DDL dell’UTO-MACHIA che ne relegherà i principi, ancorché certamente da correggere nelle modalità applicative, nella sfera dell’UTO-PIA. Questa legge per parafrasare Hobbes promuove infatti il vecchio principio del Comunitas Comunitate Lupus!

Puoi scaricare qui il testo Disegno di Legge aggiornato.

Riforma Fedriga “Enti locali”: Open Sinistra FVG vota contro in Commissione

Ieri Open Sinistra Fvg ha votato in Commissione contro la riforma Fedriga degli Enti locali: “Se le Unioni erano troppo innovative questa riforma ci riporta al medioevo, quando ci si stringeva intorno al castello” ha sintetizzato Furio Honsell.

“È scomparso infatti l’ente che solo poteva fare programmazione di area vasta. Adesso ogni Comune è da solo a fronteggiare le sfide. Non essendoci incentivi a realizzare Comunità, ogni Comune da solo dovrà fare convenzioni, tutto a scapito dei servizi e dei cittadini. Questa non è una riforma ma la chiusura di un’esperienza che andava certamente corretta ma non azzerata. È una chiusura che ci fa ripiombare nel passato remoto”.

Emissioni di gas serra e piani d’azione

Bene preparare una conferenza sul riscaldamento globale in area Adriatica, che come è noto sarà più esposta di altre agli aumenti della temperatura, ma non basta più solamente parlarne. Questa amministrazione regionale è stata incapace fino ad oggi di fare alcunché per ridurre le emissioni di gas serra. Quanti piani di azione ha attuato? Quanti ne ha promossi presso gli enti locali?
Assistiamo invece al tentativo di fare proclami per accattivarsi l’elettorato che sembra un po’ più sensibile. E intanto la temperatura sale. Poi dare i dati dell’aria su un anno solo dice poco, e forse nasconde molto.

Immagine tratta dal Messaggero Veneto