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Ddl 80 “SviluppoImpresa”: la mia relazione di minoranza

Legiferare nella direzione di questo DDL è quanto mai importante e urgente. Numerose e gravi sono state le crisi aziendali che hanno colpito il FVG, con migliaia di posti di lavoro perduti, a causa della fragilità delle politiche di innovazione e delle strategie imprenditoriali e di visione della nostra comunità. Quello della Safilo è un caso emblematico per tutti. In conclusione quell’azienda ha deciso di chiudere definitivamente solamente il sito in FVG.

L’impatto di queste crisi sui lavoratori, e dunque sulla comunità, sarà sempre più grave.

La situazione poi non potrà che peggiorare a medio e lungo termine, a causa dell’accelerazione del riscaldamento globale di origini antropiche già drammaticamente in atto. A breve termine a causa dell’evoluzione dell’epidemia Covid-19, la situazione poi è gravissima in quanto il nostro paese dipende per approvvigionamenti e mercati dalla Cina in misura molto significativa. Inoltre la straordinaria enfasi mediatica delle misure prese contro la diffusione del virus ha avuto un effetto estremamente negativo sul turismo e sui prodotti e cittadini italiani.

Va quindi subito dichiarato che in questa legge si dovrebbe aggiungere un nuovo Capo che preveda misure per il sostegno immediato a imprese colpite indirettamente dagli effetti del Covid-19. Queste misure dovrebbero però tutelare soprattutto i lavoratori, compresi quelli stagionali del turismo, non solo le imprese.

Tuttavia, essendo questo DDL orientato in una direzione importante, non verrà ostacolato nel suo iter consiliare, dal nostro gruppo.

Delude però, ma soprattutto preoccupa, il fatto che questo DDL sia decisamente poca cosa di fronte all’enormità dei problemi che vuole affrontare. Questi richiederebbero un mutamento di “paradigma”, nel senso di Kuhn, nell’interpretazione e gestione della crisi che ci sta colpendo. Ci troviamo qui invece, di fronte a misure concepite in uno spirito, ancorché apprezzabile, essenzialmente tradizionale; è dubbio che possa avere effetto al di là di elargire medicine per curare i sintomi, sotto forma di contributi a varie tipologie di imprenditori perché possano continuare con il loro business as usual. Immaginare che ci sia ancora una via per ritornare alla situazione pre-2008 è un’illusione che avrà conseguenze nefaste. Questo DDL appare infatti più un’ennesima Legge di Manutenzione, una omnibus, che una legge di riforma che davvero rilanci l’impresa. La prova che questa legge non scuota i pregiudizi e i modelli del nostro sistema produttivo e turistico è emerso chiaramente in Commissione, dove si è registrato un generale apprezzamento delle misure proposte. Tutti apparivano soddisfatti perché illusi con queste nuove misure di poter continuare a fare quello che hanno sempre fatto. Ma ciò purtroppo non funziona e non funzionerà più. In Commissione nessuno si è sentito messo in discussione, o ha sentito messo in discussione il suo modo di operare; questo va letto con preoccupazione, perché non è incrementando le risorse senza incanalarle in nuove direzioni che si può superare la crisi. È solo un’illusione, comprensibile per l’imprenditore o il rappresentante di un interesse, ma colpevole per la politica. Le crisi presenti e future non si superano con misure sintomatiche finanziariamente quantitative: queste non curano la malattia. Ci vogliono misure qualitativamente nuove che obblighino tutti a mettere in discussione in primo luogo i propri modelli di comportamento e sviluppo.

Con lo spirito, che ha visto la nostra attività di opposizione come Open-Sinistra FVG essere sempre costruttiva, anche per questo DDL, contribuiremo con osservazioni critiche, emendamenti e ordini del giorno. Vogliamo evitare che questa legge, certamente non dannosa, sia in larga parte inutile e pericolosa non solamente per il tempo prezioso che intanto fa perdere, ma per la debolezza con la quale guida il sistema verso una sua trasformazione.

Ecco le osservazioni critiche principali:

  1. Non di sviluppo si dovrebbe parlare. L’urgenza della sostenibilità ci dovrebbe aver ormai insegnato che ci sono limiti precisi allo sviluppo, e che lo sviluppo di per sé può essere anche dannoso, se non è guidato. Si dovrebbe parlare invece di progresso. ProgressoImpresa sarebbe l’appellativo migliore per questa legge. Il progresso è infatti illimitato e porta con sé l’idea di cambiamento di modello di sviluppo. Questa non è una legge che ci permetterà di innescare un’era di progresso, del quale abbiamo invece profondamente bisogno. Troppo generiche e vaghe sono le indicazioni sullo sviluppo sostenibile, l’economia circolare, la transizione energetica, i nuovi materiali e la digitalizzazione, come vengono proposte negli articoli 39-40, 48-49 nonché 19-20.
  2. Il cambiamento di paradigma di cui il Friuli Venezia Giulia ha bisogno si realizza attraverso una forte spinta verso le imprese innovative. Questa legge, invece, soffre del limite dell’azione politica attuale: è una legge settoriale che irrigidisce il sistema in tante canne d’organo, in silos comunicanti con difficoltà.

Non favorisce l’ibridazione e l’azione inter-settoriale, che è alla premessa dell’innovazione, è una legge tradizionale. Faccio alcuni esempi: stiamo assistendo alla demolizione del sistema distribuito dell’innovazione, realizzato nei decenni scorsi con i parchi scientifici e tecnologici, per mettere tutto in capo ad un ente pubblico di ricerca, Area Science Park, che ha contatti con il sistema produttivo solo per gli aspetti di punta. Non mi risulta che sia intervenuta significativamente in Commissione ad esempio, come invece mi sarei aspettato. Nessun articolo di questa legge parla di come l’impresa debba raccordarsi con il sistema della ricerca e dell’innovazione. Altrettanto grave è la mancanza di coordinamento con il sistema della formazione, c’è solo un fragilissimo riferimento nell’art. 45.  Ma non c’è solo la formazione delle maestranze, c’è soprattutto quella degli imprenditori stessi. Sono loro l’anello debole del nostro sistema: spesso infatti, la fragilità della nostra imprenditoria deriva proprio dalla mancanza di preparazione dei vertici; molte delle crisi aziendali sono crisi derivanti dalla globalizzazione e dal passaggio generazionale.

Il settore dei servizi alla persona e medicale non è nemmeno menzionato quando invece sarà questo, anzi già lo è, la nuova frontiera. (Ma qui già si vogliono chiudere tutte le frontiere!). Per ovviare a questa mancanza di visione inter-settoriale della Direzione ho dovuto io stesso chiedere che venissero invitati alle audizioni i parchi e le Università.

  • Per superare la frammentazione a silos che è la matrice di questa legge, ma che ne sarà anche l’effetto, ci sarebbe dovuto essere un Capo che prevedesse un’azione congiunta inter-assessorile. Si dovrebbe prevedere che le direzioni delle attività produttive e turistiche, della salute, della formazione e il lavoro, della digitalizzazione, agissero in modo coordinato.
  • Nell’Art. 21 che tratta di imprenditoria giovanile e start-up, un articolo generico e antologico, manca qualunque riferimento all’imprenditoria innovativa e agli spin-off della ricerca o alla brevettazione. Mai si affronta nel DDL il tema della silver economy che, dopo quasi due anni che ne parlo, è stato almeno ripreso dall’Assessore alla Sanità; forse, avrebbe dovuto ascoltarmi anche quello alle Attività Produttive. Questa è una tematica importante che deve essere raccordata anche con gli articoli 43-45 in una più ampia trattazione delle strategie e Agenda 2030 della UE e dell’ONU.
  • L’internazionalizzazione che è parte integrante della strategia di progresso è lasciata pericolosamente all’iniziativa opportunistica dei singoli. Pericoloso è l’Art.22 in particolare il comma 2 che nella modifica della legge 2/1992 Art.24 Comma 3.a) promette sostegno per attività di internazionalizzazione senza nessun freno a quei fenomeni di delocalizzazione da parte di imprenditori italiani in luoghi dove la manodopera è sottocosto, che invece tanto hanno pesato negativamente sul nostro sistema socio-economico. Ma soprattutto gravissima è la mancanza di coordinamento con le cabine di regia, le autorità di gestione e le altre strutture europee e di raccordo con l’Europa. Questa legge avrebbe dovuto essere intrisa di riferimenti al green deal. La direzione attività produttive avrebbe dovuto raccordare ogni azienda in un framework di ricerca e sviluppo europeo. La legge avrebbe dovuto pianificare le attività dell’autorità di gestione UE regionale per adattare il green deal alle nostre esigenze di progresso. E invece non se ne parla proprio! Sembra che la Regione FVG sia uscita dalla UE, o perlomeno lo abbia fatto la direzione attività produttive. Dov’è finita l’autorità di gestione?
  • Molti articoli in questa legge come l’Art.21 e 18 sono troppo vaghi. Quest’ultimo poi, sull’ingegneria finanziaria, denuncia non senza una certa ingenuità, lo stereotipo che lo strumento finanziario possa da solo, genericamente, innescare le idee imprenditoriali.
  • Questa legge soffre anche di un’altra sindrome che potrei definire quella dell’ipertrofia dell’intermediazione. Esistono le due Università, la SISSA, esistono i centri di ricerca e i parchi scientifici e tecnologici. Ma non vengono coinvolti, come se non si dovesse disturbare chi lavora isolato. In questi giorni si depotenzia invece Friuli Innovazione e si incentiva il Ditedi. Forse prima di delegare ad un altro soggetto, che sia Area Science Park per quanto concerne l’innovazione o il Ditedi per quanto concerne la digitalizzazione, la Regione dovrebbe dare indicazioni precise su cosa vuole che venga fatto. Si dovrebbe redigere un piano regionale dello sviluppo della ricerca e della digitalizzazione a cui partecipino rappresentanti di tutti i portatori di interesse. Solamente una volta definito il piano, si trovi l’agenzia che lo implementi. Nel DDL 80 avviene il viceversa. Si trova l’agenzia e buonanotte! Qui si mette su un piedestallo un’agenzia sperando che, come per magia, decida la cosa giusta da fare. Inevitabilmente darà risposte secondo i propri stereotipi. La politica non può abdicare le scelte ad organismi terzi. La politica ascolti certamente i tecnici, ma prenda le decisioni in prima persona. Esempio di questa ipertrofia è la nascita di un nuovo cluster, nell’assenza di una legge generale sui cluster. I cluster dipendono da una pluralità di direzioni. Andrebbe fatta una legge unitaria che imponesse un coordinamento a queste direzioni. C’è un rischio concreto che aggiungendo un altro cluster si aumenterà la confusione ordinamentale e operativa.

Veniamo infine alla questione più seria e conclusiva: la mancanza in questa legge di obiettivi e di indicatori quantitativi per misurare se questi sono stati raggiunti. Certamente è ben nota la legge di Goodhart “When a measure becomes a target, it ceases to be a good measure.” (Quando un indicatore diventa una misura, allora cessa di essere un buon indicatore – che è l’analogo colto, del nostro proverbio “Fatta la legge trovato l’inganno”) non suggerisco quindi di fissare obiettivi che possano alterare lo sviluppo. Ma ci troviamo di fronte una legge che nella metodologia di esplicazione e controllo nasce secondo un paradigma vecchio: erogare più risorse sperando che gli imprenditori, operando nella massima libertà, abbiano buone idee. Ma, esattamente come c’era bisogno di fare una legge che facesse progredire la nostra Regione verso un nuovo paradigma di progresso, così c’era bisogno di una legge che incarnasse un nuovo paradigma legislativo. Il DDL 80 invece certamente non è una legge di riforma ma è meramente una legge di Manutenzione, ancorché dignitosa. Ed è una legge di sistema, solamente nella misura in cui parlare di tutto, come in un’omnibus, di fatto tratta l’intero sistema.

Come è stato detto in questi giorni, rispetto ad un altro grave problema, la window of opportunity, ovvero la finestra per agire…però si sta chiudendo.

SviluppoImpresa: sospendere iter ordinario legge e avviare consultazione urgente

Il consigliere Furio Honsell di Open Sinistra FVG rivolge alla Giunta e al Presidente del Consiglio la richiesta che domani in occasione della discussione in aula del DDL 80, SviluppoImpresa, non si operi come se nulla fosse, prevedendo solamente qualche contributo alle imprese in difficoltà: “È opportuno sospendere l’iter ordinario di questa legge”, dichiara.

Honsell prosegue: “E’ fondamentale avviare una consultazione con i rappresentanti delle categorie economiche e le parti sociali, per rispondere a questa nuova grave crisi. Sarebbe surreale trattare i dettagli di un articolato che non tenga conto di questa preoccupante vicenda.”

Furio Honsell intende fare una richiesta in questo senso, domani mattina all’inizio dei lavori d’aula.

Sulla soppressione di ERPaC

“Ieri durante l’audizione dell’Assessore Gibelli in V commissione è emerso con preoccupante chiarezza quanto l’ERPaC sia stato chiuso solamente per una volontà pregiudiziale dissimulata da una volontà di semplificazione”. Così afferma il Consigliere regionale di Open – Sinistra Fvg, Furio Honsell.

L’Assessore inoltre non ha voluto delineare quale sarà il piano attuativo delle attività di ERPaC all’interno della Direzione, anche perché questo è solamente abbozzato. “Siamo quindi molto preoccupati che queste incertezze provocate dall’abbandono di un percorso certo possano essere eccessivamente limitative per dare la giusta e adeguata risposta che il sistema museale e della cultura regionale richiede”.

Si chiede ancora Honsell: “certe funzioni quali l’attività di ricerca e catalogazione, l’attività di formazione mirata e di aggiornamento degli operatori culturali, l’organizzazione di eventi espositivi e musicali, la promozione, prima condotte dall’ERPaC, potranno essere gestite in modo adeguato da un ente di livello strategico e così complesso come la Regione?”.

“Noi di Open – Sinistra FVG monitoreremo, nel futuro, la gestione del personale e delle attività nella speranza che sia data continuità delle funzioni e la giusta dignità al sistema museale e culturale della Regione Friuli Venezia Giulia”.

Relazione Honsell su Pdln 8 “Modifica all’art. 604-bis del c.p. in materia di negazione, minimizzazione in modo grave o apologia dei massacri delle foibe”

Egregio Presidente, gentili colleghe e colleghi,

ci sarebbero molti modi per trattare il tremendo capitolo della storia italiana che riguarda l’esodo delle tante famiglie di lingua italiana che furono spinte ad abbandonare le loro terre di origine in Dalmazia e in Istria nell’indifferenza o addirittura nel disprezzo di coloro che rimanevano o di coloro che le accoglievano.

Ci sarebbero molti modi per trattare gli orrendi crimini commessi nelle terre del confine Italo-Jugoslavo dalla fine della prima guerra mondiale fino al 1945, rendendo così omaggio rispettoso ai morti ammazzati e alle altre vittime, soprattutto quelle innocenti.

A distanza di oltre settant’anni si dovrebbero affrontare tali tragedie basandosi solamente sui fatti accertati dagli storici e comunque solamente con l’intento di cercare di comprendere il dolore e la sofferenza, in primo luogo quella “degli altri”, prima ancora della propria. Solamente così si potrebbe superare il concetto di confine in una prospettiva europea. Ma soprattutto, si dovrebbero evitare le semplificazioni. Questo oggi è il crimine più grave: trattare in modo superficiale vicende che hanno bisogno ancora di tante spiegazioni senza ipocrisie, ma che mai più dovrebbero essere strumentalizzate o ancor peggio mistificate. Sarebbe una mancanza di rispetto imperdonabile nei confronti di tutte le vittime. Nessuna violenza può giustificare un’altra violenza, ma le centinaia di migliaia di morti nella Prima Guerra Mondiale spiegano la pretesa italiana su quelle terre non è possibile affrontare il tema degli scomparsi alla fine della Seconda Guerra Mondiale senza parlare dei crimini di guerra commessi dalle truppe italiane nella loro guerra imperialista in Jugoslavia e le politiche di italianizzazione forzata e di repressione compiute dal fascismo nelle terre di confine sulle popolazioni di lingua slovena fin dal 1921.

Affrontare queste tematiche nell’aula del Consiglio Regionale del Friuli Venezia Giulia mi sembra importante ma solamente se vale come esempio di come si ragiona in modo consapevole e rispettoso, e non essere un’occasione per perpetrare un’atroce propaganda che non saprei come definire se non anacronisticamente “antislava” o “anticomunista”. Stiamo assistendo in meno di due anni, invece, ad un martellamento di mozioni e proposte di legge all’insegna della strumentalizzazione politica delle “foibe”.

La PDLN che viene proposta e che prevede l’aggiunta di “solamente” le quattro parole “dei massacri delle foibe” va in una direzione pericolosa che non aiuta a costruire uno spirito di pace, di reciproca comprensione e tolleranza. La locuzione infatti è di calco propagandistico e gergale, piena di sottintesi, una sineddoche che anche nel registro linguistico mal si accorda con il riferimento molto più sobrio, e per questo molto più rispettoso con il quale il legislatore si riferisce allo sterminio di milioni di ebrei e altri “diversi”, ovvero con la parola “Shoah”. La proposta invece cristallizza una simbolica raccapricciante smarcandola rispetto a quanto successivamente viene articolato nel testo di legge, in primo luogo i crimini contro l’umanità e i crimini di guerra.

La proposta di legge da un lato si riferisce in modo squilibrato alla complessità delle vicende del confine italo-jugoslavo dall’altro vuole porla sullo stesso piano della Shoah non ritenendo di ricomprenderla tra i crimini contro l’umanità. La proposta di legge non coglie che la Shoah è qualcosa di incomprensibile proprio per la sua tremenda razionalità e banalità quasi industriale, e pertanto sfugge a qualsiasi tentativo di spiegazione. Proprio per questo, della Shoah saremo tutti colpevoli per sempre, anche chi dovrà ancora nascere, perché pesa come macchia sul genere umano per l’eternità. Molti sono stati altri crimini feroci contro l’umanità, i genocidi e i crimini di guerra che l’uomo ha compiuto contro i suoi simili, ma non sono stati elencati e non per questo sono dimenticati dalla norma o rimane impunita la loro apologia. Le natura tremenda delle vicende del confine Italo-Jugoslavo alla fine della seconda guerra mondiale sono già riconosciute con la Legge 30 marzo 2004 n. 92. Non sono stati invece riconosciuti i crimini contro l’umanità commessi dall’esercito italiano nel ventennio fascista.

Io ho conosciuto il dolore di chi è rimasto e di chi è stato espropriato, di chi non ha visto più rientrare a casa il figlio, il padre, il marito, di chi ha dovuto cambiare il cognome per avere un lavoro e di chi lo perse perché ebbe l’orgoglio di non farlo. Per questo ho difeso la scuola bilingue di San Pietro al II Natisone quando ero rettore e ho intitolato un parco alle “vittime delle foibe”, primo sindaco a Udine. Nome che il mio successore ha voluto strumentalmente e poco rispettosamente per le vittime cambiare in “martiri delle foibe”. Ho chiesto scusa al cimitero di Gonars ai rappresentanti della comunità slovena e al sindaco di Granollers. Ricordo come, in qualità di Sindaco di Udine, città che aderisce all’associazione Mayors for Peace (Sindaci per la Pace) e il cui presidente è il Sindaco di Hiroshima, un giorno incontrai il suo vicepresidente. Era uno spagnolo, sindaco della città catalana di Granollers. Gli chiesi cosa l’avesse spinto ad un ruolo così preminente nell’associazione. Mi disse che la sua città subì uno dei primi bombardamenti contro obiettivi puramente civili della storia, quello compiuto dall’aviazione fascista che il 31 maggio del 1938 distrusse la città provocando oltre 250 morti.

Abbiamo il dovere di parlare di queste vicende ma solamente allo scopo di superare i pregiudizi e i rancori. Solamente così è possibile rendere omaggio alle vittime di tutti gli imperialismi che ci sono stati e che potrebbero continuare ad esserci se non ci adoperiamo per la riconciliazione, senza strumentalizzazioni per guadagnare un pugno di voti.

Voterò dunque contro a questa Proposta di Legge Nazionale in quanto va nella direzione della capitalizzazione politica del dolore e del rancore senza alcun rispetto per le “Vittime delle Foibe”.