Abbiamo atteso quasi tutta l’estate e tutto l’autunno per conoscere cosa intendesse programmare la Giunta Fedriga nel suo triennio conclusivo, per qualificare il proprio mandato, dopo un primo biennio di avvio stentato e decisamente povero di strategie. Quella programmazione avrebbe dovuto invece essere determinante, a nostro avviso, per non continuare a subire, o addirittura veder aggravare, come di fatto poi è avvenuto, le tre crisi più sconvolgenti di questi ultimi decenni: la crisi sanitaria, la crisi economica che ne deriva e la crisi ambientale di cui è la prova generale. In luglio avevamo chiuso l’assestamento con un DEFR provocatorio (a mio avviso vergognoso) per il suo deficit, certamente non sul piano finanziario, bensì su quello delle idee, in quanto privo della parte programmatica delle politiche regionali. Mi riesce ancora difficile, sarà per la mia formazione di insegnante, capire come “lasciare il compito in bianco” possa essere un messaggio diverso da un’arrogante svogliatezza, dal capriccio di un bambino viziato. La motivazione, comunque, che ci fu data era che vi erano troppe incertezze nei rapporti con lo Stato, e nelle previsioni di entrata. A nostro avviso non c’erano allora motivi che giustificassero tanta teatralità drammatica. E infatti la prima importante notizia che leggiamo su questo DEFR è che non solo nei settori specifici quali sanità e scuola lo Stato ha stanziato abbondanti provviste per fare fronte alle spese straordinarie derivanti dall’emergenza epidemiologica, ma quanto è ancora più importante, riporto verbatim, “per far fronte alla perdita di gettito per il 2021, è stato sottoscritto il 5/11 in conferenza Stato – Regioni un accordo tra il Governo e le regioni, in base al quale anche per il 2021 lo Stato ristorerà le Regioni delle minori entrate conseguenti all’emergenza Covid-19, da scomputare dal contributo alla finanza pubblica”. Non Stato matrigna, come all’epoca nella quale il Presidente Fedriga, in pieno primo picco della pandemia, spaventava tutti dichiarando che non ci sarebbero state risorse per pagare lo stipendio a medici, bensì Stato mamma, dunque.
Si profila quindi uno scenario certamente non facile, ma certamente non privo di risorse. A queste infatti potrebbero aggiungersene ulteriori, e ancora più importanti, in seguito ai programmi della Next Generation EU attraverso il Piano Nazionale per la Ripresa e la Resilienza. Piani per i quali la nostra Regione sembra prepararsi in modo molto superficiale però. Malgrado i nostri ripetuti sforzi come opposizione per avviare una discussione abbiamo ottenuto una mera audizione, peraltro molto interessante, dell’assessore Zilli. Ci sarebbero comunque tutte le condizioni per un DEFR coraggioso, visionario, di ampio respiro, che restituisse quell’entusiasmo che è il solo elemento che potrebbe farci uscire, almeno psicologicamente, dalla depressione economica del Covid-19 e delle ancor più cupe previsioni dei mutamenti climatici (che non vedono ancora raggiunto il picco di C02 da fonti fossili e che comunque la nostra Regione non ha nemmeno incominciato a calcolare).
Purtroppo, mi devo ripetere ancora una volta, questo DEFR manifesta non un deficit economico ma un deficit di idee e programmi strategici. È Business as usual!
Pochissima è l’attenzione riservata alla Missione 17: sulla de-carbonizzazione e sulla transizione e diversificazione delle fonti energetiche al di là del velleitario, quanto palesemente ipocrita, progetto Nipoti (non credo sfuggirà a nessuno l’infelicità del nome alla luce dell’influenza negativa della storia della Chiesa sulla storia italiana) ipocrita perché compare nel paragrafo successivo a quello nel quale sono ribaditi i contributi a pioggia per i carburanti fossili.
Quindi sia in senso letterale, ma ancor di più in senso metaforico per le sue modalità, definirei questo DEFR con una parola sola: è un DEFR fossile! Fossilizzato in una visione di un’epoca passata. Certamente è ricco di tanti progettini anche utili e interessanti, ma come ho detto dobbiamo fronteggiare la combinazione di tre crisi di proporzioni inimmaginabili, che stanno sconvolgendo nel modo più irreversibile il nostro immaginario e quello appunto dei nostri figli (tralasciamo nepotismi): la crisi epidemica, quella economica e quella ambientale.
I dati in base ai quali delineare le tendenze macroeconomiche confermano la gravità della situazione. Assistiamo al paradosso del calo degli occupati insieme a quello dei disoccupati, che non è una contraddizione, perché nasconde l’aumento degli inattivi, soprattutto donne. Nei settori nei quali più forte è stato l’impatto delle norme sanitarie sul confinamento e le restrizioni al movimento, ovvero il turismo e lo spettacolo/cultura, i dati offerti sono molto preoccupanti, ma purtroppo non sufficientemente analitici per offrire un quadro delle nuove dinamiche mescolando dati pre-Covid e post-Covid. Qui bisogna intervenire in modo creativo e offriremo delle indicazioni precise. Poco significativi i dati sul fronte dell’innovazione e della ricerca, che è indispensabile invece, perché fondamentale nei periodi di crisi. I pochi dati sono offuscati anche dal trionfalistico e perdurante quiproquo su Trieste, che si basa sulla densità su base provinciale. Lo ripeto come già feci in occasione delle cause dell’elevata mortalità nelle case di riposo triestine questa primavera: è fuorviante fare confronti di concentrazione su base provinciale che coinvolgano Trieste, in quanto non ha praticamente provincia e molte concentrazioni sono quindi relative al solo comune capoluogo. Colpisce inoltre, nell’analisi dei dati presentati sulla spesa media per famiglia, il calo delle spese per comunicazioni e per istruzione, che invece immaginiamo saranno cresciute nel 2020. Infine inutili, se non pericolose, le considerazioni sulla mortalità regionale. Proprio in queste settimane nelle quali il FVG è nella peggiore posizione a livello italiano per percentuale di contagiati su 10.000 abitanti e per incremento settimanale, nelle quali il numero di decessi ha superato la soglia simbolica di quelli del terremoto del 1976, è pericoloso lasciare dei documenti scritti che suggeriscono una realtà diversa. Inopportunamente viene infatti vantato un incremento della mortalità solo dello 0,4% da gennaio ad agosto, rispetto all’incremento nazionale del 12%, e la parte analitica del DEFR si chiude riportando l’incremento della speranza di vita alla nascita nel 2019 rispetto al 2018. Questi dati anche se veri sono pericolosi a fronte del dramma di quest’autunno che ha visto la Regione in posizioni ben diverse a livello nazionale, ma sono certamente inutili per disegnare le tendenze del 2021 e mettere a fuoco quanto si dovrà fare nel prossimo triennio.
Anche l’impianto e le altre parti del documento sono… fossili. Riflettono infatti più un’opaca cultura dell’adempimento che una penetrante cultura del risultato. Sarebbe dovuta emergere con chiarezza la cesura FVG pre-Covid rispetto all’FVG post-Covid, in tutte le Missioni. Non c’è invece quasi traccia
della nuova visione necessaria per salvare la nostra regione da un tragico declino e un accrescimento delle disuguaglianze sociali.
Senza nulla togliere agli, anche ottimi compitini, relativi a certe Missioni, che sarebbero stati perfetti un decennio fa, ci troviamo invece molto insoddisfatti per la pochezza della programmazione di fronte alle tre crisi indicate sopra.
Questo DEFR 2021 doveva contenere il verbo con il quale tracciare le grandi riforme e le linee di sviluppo per la ripartenza e la resilienza della regione dopo le prime due ondate di Covid. Non c’è nulla di tutto questo. Offro quindi all’attenzione del Consiglio quanto avrei desiderato che invece ci fosse:
– Missione 4 “Istruzione e diritto allo studio” – Linea strategica 4 “Competitività e occupazione”. È necessario un potenziamento delle borse di studio di specializzazione medica in linea con gli altri paesi europei, nonché azioni precise volte a incentivare l’alta formazione universitaria su tutti i tre livelli, ovvero compreso il dottorato di ricerca. Il futuro sarà in mano a chi avrà più competenze.
– Missione 5 “Tutela e valorizzazione dei Beni e delle attività culturali” – Linea strategica 7 “Cultura e turismo di qualità”. È necessario un piano per i lavoratori dello spettacolo e in particolare della musica, che comprenda sia gli artisti sia i ruoli più tecnici e operativi. Dovrebbe essere un piano aldilà di qualsiasi discriminazione di carattere imprenditoriale. Nel testo ci sono tante belle parole ma non sono chiare le modalità di intervento e questo invece è proprio il punto critico. Indebolire questo settore così complesso è molto pericoloso perché le crisi si superano con iniziative materiali ma anche immateriali. L’impatto psicologico è altrettanto devastante di quello fisico.
– Missione 7 “Tutela e valorizzazione dei beni e attività culturali” – Linea strategica 7 “Cultura e turismo di qualità”. Dovrebbe essere previsto un programma di riqualificazione delle infrastrutture montane e di pianura (rifugi, piste ciclabili) per candidare la nostra regione a polo per il turismo sostenibile e lento, che è l’unico tipo di turismo destinato a crescere. Si parla invece solamente di un modo ormai superato di fare turismo invernale che tra l’altro è destinato a scomparire a bassa quota a causa dei mutamenti climatici di origine antropica. In queste riqualificazioni ci sono soprattutto problematiche gestionali e organizzative, per non incorrere nelle limitazioni de minimis che non permettono interventi strategici.
– Missione 9 “Sviluppo sostenibile e tutela del territorio e dell’ambiente” – Linea strategica 6 e Missione 17 “Energie e diversificazione delle fonti energetiche” – Linea strategica 6. A fronte del dramma dei mutamenti climatici di origine antropica ci sono solamente poche righe. Ma queste righe sono per giunta contradittorie: da un lato ci sono contributi per l’acquisto di carburanti, dall’altro la promessa che la Regione si candida entro il 2045 alla “neutralità energetica e climatica” (forse si intende carbonica). È progetto con traguardo lontanissimo che nasconde il fatto che non ci sia ancora nulla di concreto su: riqualificazione degli impianti di riscaldamento, PAESC regionale e la task force per assistere i comuni nella redazione dei PAESC comunali. Si sarebbe almeno potuto riprendere alcuni
passaggi della nostra PDL n. 77. Nella Missione 17 sarebbe stato opportuno anche includere la direzione ricerca e innovazione. È misterioso poi, si faccia riferimento solamente a 3 M. di budget, quando i contributi per i carburanti sono da soli un ordine di grandezza più grande?
– Missione 13 “Tutela della salute” – Linea strategica 1 “Famiglia e benessere delle persone”. Avrei immaginato un quadro ampio e programmatico su come rilanciare la sanità territoriale che, dopo la battuta d’arresto dovuta alla riforma che ha sostanzialmente cancellato quella precedente Serracchiani – Telesca, si è rivelata assolutamente insufficiente a gestire l’emergenza epidemiologica ed è la causa prima dei dati gravissimi di queste settimane. Mi sarei anche immaginato un rilancio del Dipartimento di Prevenzione. Avevo già segnalato in sede di assestamento, lo scorso luglio, il richiamo della Corte dei Conti che “evidenzia con forza, in particolare, il costante mancato rispetto dell’obbligo di destinazione al livello di assistenza sanitaria collettiva in ambiente di vita e di lavoro (la già denominata “prevenzione”), il cui valore da raggiungersi è pari al 5 per cento del totale. Avrei immaginato che in questo DEFR si delineasse una riforma della Prevenzione. Purtroppo c’è una paginetta scarsa in tutto, manca la parola “prevenzione”.
– Missione 12 “Diritti sociali, politiche sociali e famiglia” – Linea strategica 1 “Famiglia e benessere delle persone”. Certamente accurato, ma andavano precisate azioni volte a promuovere l’attenzione al benessere mentale alla luce dell’emergenza sanitaria.
– Missione 14 “Sviluppo economico e competitività” – Linea strategica 4 “Competitività e occupazione”. Dov’è l’impegno straordinario per l’innovazione e il trasferimento tecnologico della ricerca? Si riduce a qualche paragrafo ricco di keyword. È stato tutto consegnato ad Area Science Park per non pensarci più? Manca poi un’autentica strategia e pianificazione per il potenziamento dell’infrastruttura telematica: anche la ventina di pagine dedicate all’INSIEL non danno tempi ma illustrano in modo antologico-giornalistico-commerciale svariati progetti, tutti interessanti, ma senza chiari tempi di applicazione e ricaduta, non costituiscono un programma. La crisi epidemiologica avrebbe richiesto ben altro: uno sforzo straordinario.
– Missione 18 “Relazioni con le altre autonomie territoriali” – Linea strategica 3 “Identità e autonomie locali”. C’è un paragrafetto dedicato agli EDR. Non ho cuore a criticarlo perché per lo meno è onesto, diversamente dai programmi di altre missioni, non si impegna a fare attività di coordinamento di area vasta. Ma non dovevano essere rilanciate le Province? Comunque almeno questa è una buona notizia. Appare però grave che sia così debole la strategia per realizzare aggregazioni di comuni in aree più vaste del campanile, così da garantire servizi più moderni, efficaci ed efficienti ai cittadini.
– Missione 19 “Relazioni internazionali” – Linea strategica 8 “Semplificazione fiscalità e autonomia”. Finalmente è nominato il Next Generation EU – ma in modo cursorio. A nostro avviso avrebbe dovuto essere il pilastro del DEFR.
Concludiamo con una considerazione sulla vera criticità sociale che l’emergenza sanitaria ed epidemiologica sta ulteriormente aggravando, ovvero la disparità tra i nostri cittadini. Questa non è quella che emerge dalle medie, alla Trilussa, e nemmeno quella che si può di compensare con i contributi, che danno a chi ha già qualcosa, ma quella degli ultimi che stiamo lasciando sempre più indietro, in tutti i settori. Questa disparità non deve esserci pena una comunità più fragile: il benessere di tutti è un determinante di salute per ciascuno. L’emergenza epidemiologica rischia di lasciare indietro, soprattutto nei settori dell’educazione e dell’istruzione, una fetta significativa di una generazione.
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