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Sulla notizia della possibile archiviazione dell’indagine omicidio di Giulio Regeni: un mio commento

È tremenda la notizia che ieri è stata data dalla RAI per cui potrebbe essere archiviata l’indagine sul criminale omicidio di Giulio Regeni, perché non ci sarebbe risposta alla rogatoria internazionale.

La reazione del Governo italiano dovrebbe essere l’opposto. Se non arriva l’autorizzazione dovrebbe richiamare l’ambasciatore!

Questa notizia è gravissima anche perché posteriore di pochi giorni a quella di una maxi vendita di navi da guerra all’#Egitto. Che l’interesse del nostro paese stia nel non avere ostacoli nella vendita di armi piuttosto che nel promuovere i diritti umani è agghiacciante.
Non si hanno nemmeno notizie dello studente dell’Università di Bologna Patrick Zaki, che è ancora in carcere con accuse arbitrarie.

Nel giugno del 2018, nella sua prima mozione (su proposta di Furio Honsell – Open Sinistra FVG) il Consiglio Regionale del FVG espresse all’unanimità l’impegno a favore della #giustizia per Giulio Regeni e le altre vittime delle dittature. Chiediamo al Presidente Fedriga che si adoperi con rinnovata e energia su questo fronte, essendo ormai passati ben 2 anni.

Ancora non arrivano risposte dall’Egitto sulla rogatoria presentata dalla Procura di Roma che vuole interrogare un testimone. Paola e Claudio Regeni tornano a chiedere il ritiro del nostro ambasciatore al Cairo.

Sovraffollamento delle carceri in FVG: dati ed osservazioni

Sul tema del sovraffollamento delle carceri in FVG ci eravamo già pronunciati l’anno scorso, proprio in questo periodo, con alcune riflessioni dopo il tragico suicidio di una persona nel carcere di Udine.

I dati, come divulgati nell’incontro organizzato ieri mattina al Caffè Caucigh, parlano chiaro: permane ad oggi una situazione di forte emergenza in tutte le realtà carcerarie della Regione FVG: il carcere di Udine accoglie 155 detenuti (con una capienza di 90), quello di Gorizia accoglie 27 detenuti (57), quello di Pordenone 67 (38), quello di Trieste 195 (145) mentre quello di Tolmezzo 230 (149).

Non si tratta però solo del fenomeno del “sovraffollamento” delle strutture che ci deve fare riflettere ma anche tutta una serie di questioni relative all’idonea assistenza psicologica dei soggetti, alla possibilità del ricorso a pene alternative, alla migliore definizione di percorsi punitivo-rieducativo delle persone condannate: una riflessione puntuale va compiuta quindi non tanto sulla necessità (più o meno immediata) nella costruzione di nuove strutture ma più sul cambiamento di paradigma nell’organizzazione di queste e sulla riforma del procedimento penale e del sistema della giustizia più in generale.

Secondo la relazione Space I, realizzata per il Consiglio d’Europa dall’Università di Losanna con i dati del 31 gennaio 2018 provenienti da 44 amministrazioni penitenziarie, l’Italia primeggia, tra i grandi Paesi europei, per la percentuale di detenuti non condannati in via definitiva – il 34,5% rispetto a una media europea del 22,4%. In numeri assoluti si tratta di 20mila persone, di cui quasi la metà sono in attesa di un primo giudizio, mentre gli altri hanno fatto appello contro la condanna o sono entro i limiti temporali per farlo.

E questo non è un appello casuale, deve essere un appello all’intero mondo politico ed istituzionale, perché troppo poco (purtroppo) è stato fatto sul tema della tutela dei diritti e della giustizia per queste persone negli ultimi anni.