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DDL 129 “Talenti FVG”: relazione di minoranza Honsell

Il titolo di questi provvedimenti legislativi è certamente attraente, purtroppo tutto si esaurisce nel titolo.

Non vi è ombra di dubbio che il nostro territorio soffra della cosiddetta “fuga di cervelli”, che provoca un impoverimento della forza innovativa e creativa della regione. Va subito detto che i cervelli in fuga sono cervelli formati, e formati soprattutto in discipline tecnico-scientifiche. La fuga avviene già dopo il conseguimento della laurea triennale e in modo ancora più significativo in percentuale, ma ovviamente molto meno in termini di valori assoluti, dopo il conseguimento della laurea magistrale.

È dunque corretto e lodevole porre il problema di cercare di trattenerli.

Altrettanto evidente è la scarsa attrattività extra-regionale dei programmi universitari della nostra regione, a parte certe aree del vicino Veneto. L’esperienza universitaria è spesso però il punto di partenza di futuri progetti di vita nella nostra regione. Sebbene vada rilevato che, rispetto a programmi ERASMUS, le nostre Università regionali hanno percentuali leggermente migliori rispetto ad altre università italiane, ciò avviene per lo più in uscita. Per quanto riguarda la mobilità in entrata invece si conferma anche in regione, che il sistema universitario italiano è drammaticamente poco attraente rispetto a quello di altri paesi della UE.

Purtroppo tutte le misure previste da questo DDL non affrontano in modo significativo le criticità indicate e dunque si rileveranno poco significative se non debolissime. Segnalo ad esempio che la laurea triennale non è nemmeno citata all’art.2, quando la conclusione di quell’esperienza formativa è il momento nel quale avvengono più numerose le fughe dei cervelli.

La fuga dei cervelli, che ripeto, sono “formati”, deriva dalle scarse opportunità di ricerca o specializzazione offerta in regione FVG, sia in termini di borse di dottorato di ricerca, che di opportunità professionali di ricerca & sviluppo del nostro sistema industriale.

È lodevole che la Regione FVG finanzi borse di dottorato. Incidentalmente ricordo che fui proprio io nel 1991, trent’anni fa esatti, ad ottenere le prime due borse di dottorato in Informatica dell’Università di Udine, dall’allora Presidente Sergio Cecotti, affinché si potesse raggiungere il quorum di tre borse, per costituire una sede autonoma di uno dei primi dottorati di ricerca in regione, staccandolo dal consorzio che fino ad allora lo vedeva insieme alle Università di Pisa e Genova.

Purtroppo sono però ancora troppo pochi i posti di dottorato disponibili rispetto all’offerta estera e al numero di nostri laureati desiderosi di fare ricerca. E ogni anno vediamo tanti dei nostri migliori laureati, soprattutto in materie scientifiche e tecnologiche, trasferirsi in Francia, Germania, Regno Unito dove invece le borse disponibili sono di un ordine di grandezza maggiore rispetto a quelle previste nel sistema italiano. Altrettanto si può dire delle borse di specializzazione medica.

Molte volte in questi 3 anni abbondanti di legislatura abbiamo sottolineato che solo un’azione energica che aumenti il numero di borse possa invertire la tendenza al brain drain e contribuire a costruire un’autentica reputazione nel mondo del FVG come Regione della Ricerca. Sarebbe un sogno, per esempio, poter utilizzare a questi fini le parecchie decine di milioni che invece sono annualmente sperperati da questa Regione, sulla base di fallaci paralogismi, per incentivare irresponsabili consumi di idrocarburi!

Inoltre, il sistema industriale regionale è molto orientato in attività da terzisti ed è quindi teso piuttosto a ridurre i costi che a investire in attività di ricerca e sviluppo autonome. Lo si è rilevato anche nelle audizioni alle quali non hanno purtroppo partecipato i rappresentanti del sistema industriale della ricerca, che peraltro io avevo richiesto. Ci sarebbe da chiedersi quanti sono i dottori di ricerca impiegati dal nostro sistema produttivo? E come fare ad aumentare tale numero?

Questo DDL non innesca nessun processo di emancipazione del nostro sistema industriale. Anzi non lo svezza nemmeno. All’art. 6 ci si preoccupa di cosmesi aziendale prevedendo un’elargizione alle aziende, in regime de minimis, per attività di reclutamento che tante aziende più sveglie invece fanno già da decenni, almeno all’Università di Udine. Azioni come quelle previste sono addirittura controproducenti perché non danno nessuna garanzia che quando finiranno i fondi, le aziende non smettano di attivarsi.

Ci vorrebbe ben altro per emancipare il nostro sistema industriale! Bisognerebbe smetterla di dare alle nostre aziende minuscoli contributi, e si dovrebbe invece accompagnarle a modelli di business più innovativo, magari reclutando dei business angels, affinché non continuino a svolgere attività da terzisti. Forse bisognerebbe riattivare lo spirito, o per lo meno le azioni della L.R. n. 11/2003, (Disciplina generale in materia di innovazione). Quella legge prevedeva consulenza e assistenza strategica anche per il reclutamento di lavoratori qualificati attraverso l’attività di consulenza delegata al sistema di parchi scientifici territoriali che sapevano interpretare le necessità concrete e specifiche per rendere competitivo il proprio territorio. Tale legge prevedeva anche riconoscimenti immateriali di prestigio per chi realizzava l’innovazione. Oggi purtroppo, anche il sistema dei parchi scientifico-tecnologici, che nella sua flessibilità e nella capacità di ibridare sistema industriale locale e sistema scolastico-universitario, aveva la sua forza principale, è stato ingessato e centralizzato ponendolo in mano ad un unico soggetto che spesso non ha né l’interesse né la tradizione di comprendere le specificità locali. Si è perduta così tutta la capacità rivoluzionaria in termini di valorizzazione della ricerca e di superamento dei vecchi paradigmi che quel sistema permetteva.

Con tristezza si rileva che questa legge non parla nemmeno dei parchi scientifici.

Le azioni necessarie per attrarre giovani sul nostro territorio non possono esaurirsi in meri micro-contributi alla loro stabilizzazione in Regione come quelli previsti all’Art.3.

Per rendere la regione Friuli Venezia Giulia attrattiva, in primo luogo bisognerebbe abbattere, la reputazione che si è fatta negli ultimi anni di regione chiusa, xenofoba e aporofobica, ovvero chiusa nella sua paura dei poveri. Sarebbe sufficiente guardare alla storia anche recente dell’Umanità, per scoprire che i territori che risultano più attrattivi di talenti lo sono diventati perché prima sono stati attrattivi verso le persone che avevano bisogni materiali da soddisfare.

Io stesso portai in quest’aula il caso di nostri studenti laureati che, per la mancanza del requisito di residenza non avevano diritto ai contributi prima casa. Anche nell’ultima Legge approvata in questa Regione si continua a introdurre limitazioni all’accesso ai contributi a persone che non risiedano da un congruo numero di anni in Regione, oppure a rendere quasi impossibile fare la domanda ai cittadini stranieri che non dispongano di documenti che certifichino il non possesso di beni all’estero. Poiché ciò non viene richiesto per i beni all’estero dei cittadini italiani tale misura è stata infatti giudicata addirittura incostituzionale.

Come ve lo posso dire che la cosiddetta classe creativa è sempre progressista e dunque non è attratta da un luogo claustrofobico? La meritocrazia non si può misurare all’ingresso come vorrebbe questa legge. I talenti si formano nei territori dove c’è un humus culturale aperto, solidale, libertario prima ancora che liberista. Si pensi solo a come e dove è nata l’informatica…

Per tutti questi motivi abbiamo sempre contrastato le misure di chiusura che invece sono state il vanto di questa amministrazione regionale. Con questo DDL l’Amministrazione si vorrebbe aprire all’aristocrazia professionale? È patetico.

Per iniziare un’azione di autentica attrazione bisognerebbe invece, come chiediamo da anni, non finanziare i privati, ma il pubblico. Ad esempio introducendo forti risorse che permettano alle Università di ridurre le tasse universitarie. Rispondere a questa richiesta con la considerazione che l’alta formazione non è competenza primaria della Regione vuol dire confondere un obbligo con una visione strategica. Soddisfare le richieste delle norme sul diritto allo studio è solo il minimo sindacale!

Solo trasformando la nostra regione in una regione attrattiva anche dal punto di vista dell’alta formazione potremo creare quel volano che potrà vedere i nuovi arrivi di alte professionalità.

Importante infine sarebbe inquadrare tutte le azioni coerenti con il titolo di questo DDL in modo inter-assessorile, raccordando l’azione della Direzione Lavoro con quella dell’Università e Ricerca, con quella della Cultura, con quella dell’Ambiente, con quella della Salute e tutte con l’ufficio Agenzia Lavoro & SviluppoImpresa Fvg. Così come era multi-assessorile l’unica legge che abbia avuto la nostra Regione in materia di innovazione, ovvero la L.R. n. 11/2003.

Importante sarebbe inoltre raccordare questa legge con attività transfrontaliere, anche in vista di Gorizia Capitale Europea della Cultura 2025. L’esempio della decisione di non dare il patrocinio al Pride transfrontaliero è un altro tipico esempio di chiusura, che conferisce uno stigma negativo alla nostra Regione. Quale alta professionalità dovendo scegliere tra vivere a Gorizia o Nova Gorica opterebbe per vivere nella prima?

Coerenti nel nostro consueto atteggiamento costruttivo proporremo emendamenti e ordini del giorno, ma riteniamo che difficilmente un DDL, che affronta tematiche così importanti in modo così marginale, possa incidere su quella che purtroppo è una dinamica che vede il nostro territorio soprattutto negli ultimi anni isolarsi sempre di più e attrarre sempre meno, impoverito sotto il profilo culturale e della ricerca, impacciato da pastoie e  norme ideologiche, territorialmente sempre più squilibrato e marginale in Europa.

Abbiamo votato contro questo DDL perché è una misura che cerca di “chiudere la porta del recinto quando l’armento è già scappato” anzi che si ostina a mettere zeppe perché la porta rimanga aperta.

Clicca qui per visualizzare il testo del Disegno di legge n. 129

DDL 130 “Multisettoriale”: relazione di minoranza Honsell

Un vero minestrone di articoli, questo Disegno di Legge n. 130. Fossero tutti interventi di manutenzione non meriterebbe tutto il tempo che gli è stato dedicato e che ancora gli dedicheremo, ma in mezzo alla pietanza galleggiano alcuni articoli che invece devono essere stigmatizzati con forza, perché riflettono una pratica legislativa e una visione ideologica che, in una fase storica e di difficile rinascita come questa, dovrebbero invece essere assolutamente relegate al passato.

Elenco gli articoli più indigeribili che ci hanno convinti a non votare a favore di questa legge in commissione.

L’art. 19 (Disposizioni transitorie in materia di raccolta di funghi) autorizza gli Enti di Decentramento Regionale (EDR) ad avvalersi del personale della Direzione Agricoltura ecc. per svolgere le attività autorizzative e di controllo. Sembra una norma banale e invece cerca di dissimulare il fallimento della riforma degli enti locali tanto esaltata dalla Giunta Fedriga in campagna elettorale e rivela che dopo l’azzeramento delle UTI qualsiasi azione di area vasta risulta problematica, anche il semplice “andare a funghi”. Da un lato fa sorridere che l’azione degli EDR si qualifichi attraverso un’attività abbastanza marginale, quando invece era stata presentata come strategica. Era stato promesso che l’EDR sarebbe stato addirittura ad elezione diretta, ma cosa? La scelta del micologo? Ma appurato che l’EDR a due anni da fine legislatura è incapace di svolgere anche questa attività tutto sommato standard, stupisce che l’EDR abbia uno status tanto approssimativo che bisogna addirittura specificare per legge (dico per legge!) che altri organi regionali lo debbano cavare dai modesti impicci che gli erano stati accollati. Ci si chiede: ma nei confronti degli EDR è scomparsa anche la leale collaborazione tra enti e direzioni?

I pasticci nei quali galleggia questa maggioranza circa la riforma degli enti locali si manifestano ulteriormente nell’art. 31 dove assistiamo all’ennesima modifica della Legge regionale n. 19/2020 che doveva solamente cambiare il nome da UTI in Comunità di Montagna.

Gli artt. 38-39, che riguardano ulteriori modifiche alle Leggi regionali sulla videosorveglianza e sul Fondo Sicurezza, manifestano un’ostinazione imbarazzante da parte di questa Giunta nel voler far spendere fino all’ultimo euro tutti quei soldi pubblici che copiosamente erano stati indirizzati a tali fini securitari (sistemi di videosorveglianza nelle scuole e asili) ma che gli enti a cui erano destinati non sono riusciti ancora a consumare. Questi articoli dimostrano che troppi soldi furono assegnati a quei miseri fini. Non ce ne si vuole rendere conto però e si decide quindi di allargare la platea delle scuole ed allungare i tempi del loro utilizzo. Ma visto che i soldi erano troppi e quindi non sono stati spesi, non era meglio utilizzarli per potenziare l’infrastruttura laboratoriale delle scuole? Capisco però che la cosa non sia ovvia, perché richiede un passaggio culturale non banale, ovvero quello di considerare la scuola in prospettiva non securitario, ma formativa.

All’art. 51 si interviene per legge per riaprire un bando specifico per finanziare chi aveva sbagliato la domanda o non l’aveva proprio fatta per distrazione. Mi domando se sono il solo a chiedermi se queste norme, che possono anche fare tenerezza nei confronti degli sprovveduti, ma privilegiati, di turno, siano delle ingiustizie? Qual è il criterio per il quale i distratti hanno diritto ad una norma di paracadute o quando no? Sono innumerevoli infatti i bandi che non sono stati riaperti a favore di qualcuno.

L’art. 53 modifica la Legge Regionale n. 18/2005: ma il titolo è fuorviante! Sotto, sotto qui c’è una sentenza che ha dichiarato l’illegittimità costituzionale dell’art. 77 comma 3 quinquies introdotto dall’art. 88 della Legge Regionale n. 9/2019 circa il requisito di residenza continuativa di 5 anni sul territorio regionale per avere diritto ad una misura volta a favorire la stabilizzazione del lavoratore. Cosa ci propone la Giunta? Con penosa furbizia ci illude che sostituire “5 anni” con “il contributo sarà modulato sulla durata della residenza” risolva il problema. Forse riuscirà a svicolarla con la Costituzione, ma non c’è chi non veda l’ostinazione ideologica della Giunta a consolidare la reputazione di “regione poco accogliente” del Friuli Venezia Giulia per la quale tanto si è adoperata. E poi questa Giunta vorrebbe attrarre talenti? Ma i talenti vengono in quei territori dove si respirano i grandi orizzonti e si attraversano le frontiere, non quelli nei quali ci si barrica nei confini. Quale talento può venir attratto da una regione claustrofobica e xenofoba, ancorché “modulata”?

Incidentalmente segnalo che i precedenti artt. 71-73, che riguardavano il riordino dei vari sistemi informativi così indispensabile in questo momento storico, sono stati invece ritirati.

Gli articoli sull’urbanistica del Capo VII sono sorprendenti. All’art. 80 vengono introdotti nuovi concetti e criteri sulle misure delle superfici accessorie. Emblematico il caso del “lastrico solare” la cui paternità o giustificazione non si è riusciti ad appurare in Commissione ed è stata rimandata all’aula. Qui non faccio ironie perché troppo facile.

Ci sono poi tutta una serie di articoli che culminano nell’art. 93 che introduce il nuovo istituto del “recupero in autotutela” con un meccanismo sofisticato per sanare gli abusi vetusti al fine di favorire il processo di riqualificazione energetica degli immobili. È norma decisamente intelligente e innovativa, ma come ha evidenziato la consigliera Santoro non c’è nessuna garanzia che le riduzioni pecuniarie delle sanzioni per tali abusi definite da questa norma, vengano recepite dall’Agenzia delle Entrate. In Commissione il rappresentante dell’agenzia si è ben guardato dal dichiarare alcunché. Per esperienza di sindaco, so che tale agenzia ha una rapidità di risposta alle innovazioni che va misurata in scala geologica. C’è dunque il rischio serio che seppure questi articoli abbiano una finalità lodevole possano di fatto mettere in seria difficoltà chi li interpreta alla lettera.

Molti articoli del capo VIII sull’ambiente e l’energia sono inaccettabili e assolutamente inappropriati.

L’art. 99 rappresenta l’ennesimo colpo inferto all’autonomia dei Comuni verso un centralismo regionale opportunistico. Ciò va in piena contraddizione con quanto viene sbandierato da questa Giunta. La sostanza è questa: con una interpretazione piuttosto temeraria, la cui criticità è emersa in Commissione, si estende il concetto di “pubblica utilità” dalle infrastrutture energetiche lineari ai parchi fotovoltaici a terra e quindi la trasformazione urbanistica da terreno agricolo ad area industriale viene scippata dai Consigli comunali per ricadere automaticamente nell’autorizzazione unica regionale. Comuni, come quello di Udine che aveva quindi deciso di essere molto attento in tema di consumo di suolo nei dieci anni in cui ho avuto il privilegio di esserne stato sindaco, vedranno passare sopra la propria testa trasformazioni urbanistiche che assolutamente non condividono e che giudicano dannose per la propria comunità in nome di un opportunismo camuffato da ambientalismo che è da rigettare nel modo più convinto. L’ANCI stessa è stata critica ma l’articolo è rimasto identico e agghiacciante.

Si coglie l’occasione anche per segnalare una potenziale criticità nell’art. 102 relativamente alla progettazione di opere pubbliche su aree da acquisire da privati. L’obiettivo non è l’approvazione dei progetti definitivi ma quello dell’attuazione dei progetti esecutivi. Pur ben comprendendo il senso di questa norma, si evidenzia ancora una volta che solo di adempimenti si parla, e mai di risultati tangibili.

Si giunge adesso al primo autentico “contributo della maggioranza in Consiglio” che era rimasta quasi in religioso silenzio fino a quel momento in Commissione. Invece di occuparsi del vero problema del sistema idrico, ovvero di come incentivare gli enti gestori e i comuni a completare il piano d’ambito per raggiungere quel ciclo integrato dell’acqua che l’UE chiede da quasi 30 anni, propone degli articoli che mettono di nuovo mano alla governance dell’AUSIR. Nella discussione degli artt. 104-107 è emersa con chiarezza la scarsa dimestichezza della maggioranza con gli obiettivi e i fini dell’AUSIR. Questi articoli non solo sono inutili al buon funzionamento dell’AUSIR, ma anzi sono dannosi perché bloccheranno le sue attività impantanandole in questioni statutarie ed elettorali per un bel po’. A che pro? Devono entrare nel Consiglio dell’AUSIR nuovi sindaci, di diritto. Dunque non per prestigio come garantirebbe un’elezione, bensì per prepotenza. È veramente preoccupante che di fronte alla criticità del tema dell’acqua tutto si riduca ancora una volta al tema delle poltrone.

Gli artt. 119-128 riguardano le modifiche alla Legge regionale n. 21/2020 sulle grandi derivazioni idroelettriche: alcune di queste modifiche non ci appaiono in linea con quanto approvato in dicembre. È stato dichiarato che sono state concordate dal Presidente Fedriga in persona con i Ministeri affinché non venisse impugnata la legge. Tutto ciò mi sembra cosa ben curiosa da dirsi, perché, se fosse stata impugnata la Legge, mi domando, quali modifiche si sarebbero dovute fare? Forse le stesse? Allora che differenza c’è tra vedersi impugnare una Legge o non vedersela impugnare, ma promettere che alla prima occasione utile si faranno le modifiche che vogliono i Ministeri? La differenza forse è solo mediatica, e ormai si sa la propaganda è l’unica azione di governo. Comunque entrando nel merito colpisce come il tema dei cosiddetti livelli occupazionali non sia stato difeso e si sia accettato che all’art. 124 il criterio j) sia valutato così poco. Faremo un emendamento in proposito. Colpisce anche che all’art. 128 i canoni di concessione vadano anche a coprire i costi delle misure previste dal “piano di gestione”. Chi definirà il piano? Viene dunque meno il principio che il 100% dei canoni vadano a beneficio delle comunità interessate dalle derivazioni? Con questa formulazione l’articolo può andare in conflitto con quello che era lo spirito che informava la Legge originaria, ovvero la compensazione alle comunità locali dello sfruttamento del loro patrimonio. Infine, se proprio si doveva intervenire su questa legge si sarebbe dovuto affrontare il tema di come impedire che qualsiasi ente gestore in futuro o nelle more delle nuove concessioni, possa fare operazioni di subappalto di alcune mansioni con meri fini di risparmio compromettendo la qualità del lavoro e le condizioni di sicurezza nelle quali tale lavoro viene svolto, come purtroppo è recentemente avvenuto, per quanto riguarda le dighe di Verzegnis, Somplago e Barcis.

La legge si conclude con alcuni articoli da censurare severamente. Il primo è l’art. 131 che ancora una volta estende i contributi per l’acquisto di combustibili fossili inquinanti in aperta contraddizione con tutto quanto viene dichiarato da questa maggioranza sulla volontà di una transizione sostenibile e contro tutto quanto da decenni raccomanda l’UE nelle proprie direttive. Ragionamenti molto discutibili, che vedono contributi che non vanno a favore dei lavoratori dei distributori né a favore delle fasce più deboli della popolazione, che certamente non hanno automezzi di grossa cilindrata, ci costringeranno a versare altre decine di milioni a favore dell’aumento delle emissioni di gas climalteranti. Più volte è stato chiesto a questa amministrazione di contabilizzare le emissioni e l’impatto dei propri provvedimenti, inutilmente. Evidentemente la Giunta stima che la ricaduta mediatica di chi irresponsabilmente si sente avvantaggiato da questi contributi è il modo di governare nel XXI secolo. Il cambiamento di paradigma che porti ad un’emancipazione politica è urgente. Questa norma garantisce che chi, anche trovandosi a risiedere a decine di chilometri dal confine con la Slovenia, viva però in un Comune che ha un lembo di terra a meno di dieci chilometri da quell’ambito confine, abbia diritto ad un fiume di denaro anche se nuota nella ricchezza come dimostra il suo parco macchine di grossa cilindrata!

Infine gli articoli sulla protezione civile.  L’art. 17 apre porte all’utilizzo di risorse della protezione civile senza nessuna garanzia che abbiano veramente tale fine come ad esempio la famigerata strada verso il rifugio Marinelli da Paluzza, che utilizza fondi Vaia solo per permettere ai motociclisti di pranzare al rifugio senza dover fare andata e ritorno dalla stessa parte. Strada questa, realizzata con il benestare dei consiglieri di maggioranza che provengono da quei territori e che dovrebbero tutelarli. L’art. 134 attribuisce alla Protezione Civile il compito di intervenire in appoggio al Comune di Tarvisio per la realizzazione di opere in un ex-complesso industriale. In Commissione ci è stato detto che doveva essere messo in sicurezza per tutelare i posti di lavoro, ma non abbiamo ricevuto risposta quando abbiamo chiesto maggiori dettagli e come mai dei lavoratori operavano in strutture non in sicurezza.

Per tutti i motivi sopra elencati pensiamo che molti articoli vadano stralciati o rivisti. Come è nostra abitudine proporremo degli emendamenti e degli ordini del giorno. Potremmo considerare favorevolmente la presente norma qualora tali emendamenti vengano accolti.

Qui il testo del DDL 130 fuoriuscito dalla Commissione

Documento per la terza ripartenza: il contributo di Open Sinistra FVG

Oggi in Consiglio Regionale del Friuli Venezia Giulia è stato approvato un documento intitolato “Documento per la terza ripartenza” che raccoglie i contributi che alcuni gruppi politici, tra cui Open Sinistra FVG, hanno presentato sin dall’inizio della crisi sanitaria per indirizzare la progettualità futura della Regione e indicare le direzioni lungo le quali impiegare i fondi che arriveranno con il Piano Nazionale per la Ripresa e la Ripartenza e i fondi europei. Come Open Sinistra FVG abbiamo contribuito a porre una forte impronta verso la sostenibilità, il contrasto alle disuguaglianze tra le persone e agli squilibri infrastrutturali territoriali. “Questo documento è importante per l’orizzonte che si pone e non deve rimanere inapplicato. Come Consiglio Regionale ci si deve impegnare ad accompagnare gli interventi con opportune riforme che realizzino il nuovo paradigma di solidarietà e sostenibilità, e non si limiti al “consumo” delle risorse in arrivo per ritornare alla “normalità” precedente al Covid, che era insostenibile e se fosse riproposta sarebbe foriera di nuove tragedie ambientali e sociali” ha dichiarato il consigliere regionale Furio Honsell.

Qui puoi scaricare il nostro contributo

Buon 25 aprile!

È un augurio che, diversamente da altri che ci facciamo o ci potremmo fare, dà uno slancio sempre nuovo e fresco e non suona mai vuoto o retorico.
È un augurio che ci dà forza, perché richiama il punto più fermo dal quale è iniziata la rinascita del nostro paese e che ancora costituisce l’unico possibile riferimento.
È un augurio che indica la direzione nella quale andare oggi e in futuro: la piena realizzazione della democrazia, della libertà, della solidarietà, dell’equità, del rispetto. In una parola sola: della nostra Costituzione antifascista.
Buon 25 Aprile, è quindi un augurio che è anche un impegno.
Un impegno ad agire e a non tradire lo slancio ideale dei partigiani che operarono e combatterono nella Resistenza. È l’impegno affinché tale slancio si diffonda e si sviluppi grazie all’azione di ciascuna e ciascuno di noi.
Quindi Buon 25 Aprile a tutte e a tutti!