LAVORO

“L’Unione Europea è l’unico soggetto politico in grado di contrastare le multinazionali”

La rivoluzione digitale ha cancellato molti posti di lavoro tradizionali nei settori manifatturiero e dei servizi. La globalizzazione ha spinto diabolicamente a una riduzione del costo del lavoro che ha prodotto precarizzazione e delocalizzazione.

L’Unione Europea è stata troppo debole nell’arginare disparità e disuguaglianze ma ora va posto rimedio a questo stato di cose, altrimenti il populismo delle promesse irrealizzabili travolgerà tutto nella sua inevitabile parabola di illusione-disillusione. Ci sono invece settori nei quali si sono create enormi opportunità di posti di lavoro permanente: dei servizi alla persona, dell’energia, della transizione alla de-carbonizzazione e de-plastificazione, del riuso, riciclo, e recupero, delle telecomunicazioni, della mobilità sostenibile.

Per soddisfare questi bisogni si devono perseguire politiche attive di riconversione industriale e di riqualificazione professionale che solamente le politiche UE possono ispirare e guidare.

Negli ultimi decenni abbiamo assistito ad una corsa verso la compressione dei diritti dei lavoratori. La riduzione del costo del lavoro e la precarizzazione è stata vista come l’unica misura per guadagnare competitività. Questa politica ha capitalizzato sulla guerra tra poveri e concepito le persone solo come consumatori potenziali.

Questa politica va cambiata radicalmente: le operazioni di delocalizzazione vanno impedite, vanno perseguite politiche fiscali rigorose verso quelle multinazionali, soprattutto nel settore delle telecomunicazioni e del digitale, che sono così forti da sfuggire a qualsiasi forma di controllo equo, continuando ad aggirare gli stati nazionali saltabeccando tra l’una e l’altra normativa fiscale a proprio vantaggio.

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