Un commerciante: «Questo modo di fare uccide Udine»
Qui sotto la lettera integrale inviata ai principali quotidiani regionali relativa al dibattito sull’accoglienza diffusa: queste riflessioni sono sottoscritte insieme a Gianfranco Schiavone (Presidente ICS – Ufficio Rifugiati Onlus di Trieste).
Il presidente Fedriga ha annunciato la propria profonda contrarietà al sistema della “accoglienza diffusa” dei richiedenti asilo e l’intenzione di chiedere a Roma, attraverso una generalità di giunta, che questo modello cessi a favore dell’internamento di tutti i richiedenti asilo in strutture chiuse di grandi dimensioni (si suppone che ciò riguarderebbe anche le famiglie e i minori, che oggi costituiscono circa un terzo delle presenze).
Ci sono almeno quattro aspetti importanti che i cittadini debbono sapere in relazione a queste proposte di Fedriga, in modo che valutino con piena consapevolezza cosa si sta effettivamente annunciando.
1) L’accoglienza diffusa dei rifugiati è prevista da una legge nazionale che, con modifiche, è in vigore da molti anni e che ha come obiettivo proprio quello di superare l’approccio errato avuto dal nostro Paese ad inizio del decennio scorso (quando il numero dei richiedenti asilo era molto basso) di inviare le persone in grandi strutture nelle quali attendere l’esame della domanda di asilo. Oggi oltre 1000 comuni italiani sono coinvolti nell’accoglienza diffusa (anche nelle regioni governate dal centro-destra). Città della nostra regione come Trieste e Udine non sono quindi le uniche, ma solo quelle che hanno cercato di sviluppare maggiormente questo modello, con buoni risultati in termini di integrazione sociale e di sicurezza.
2) L’accoglienza diffusa è nata proprio per superare le concentrazioni di persone in grandi strutture, spesso isolate dal contesto sociale. Ove esse sono sorte (si pensi al caso di Gradisca, per non parlare dei molti “mostri” di cui è costellata l’Italia – Mineo – Cona- Bari Palese – Crotone etc) si è generata una seria ghettizzazione delle persone con enorme sperpero di denaro pubblico perché i percorsi di integrazione sociale di coloro che rimangono isolati, come chiunque può intuire, sono più lenti e difficili. Le grandi strutture hanno attratto altresì gli appetiti della malavita organizzata, come è stato nel caso di Mafia Capitale, per aggiudicarsi gli appalti (pasti, sorveglianza etc) mentre l’accoglienza diffusa coinvolge tanti piccoli operatori economici (ad esempio a Trieste e Udine sono oltre 200 gli affittuari delle case, ma si pensi anche ai piccoli negozi rionali per la rivendita degli alimentari etc) sostenendo l’economia locale. Inoltre al posto di guardiani e sorveglianti l’accoglienza diffusa punta a operatori sociali qualificati, in genere giovani laureati (ad esempio Trieste e Udine impiegano circa 300 persone) mediatori linguistici, insegnanti di italiano etc.
Tutti gli studi scientifici pongono l’accento sui seri rischi che nascono dal ricorso a strutture che isolano e separano i migranti dal resto della popolazione mettendo in guardia in particolare sul fatto che tutte le strutture ghettizzanti e isolate sono meno sicure e favoriscono la diffusione di atteggiamenti estremisti, a differenza di quanto accade nelle esperienze di accoglienza diffusa.
3) Forse Fedriga ritiene di evitare le problematiche di rapporto tra struttura e territorio prevedendo centri chiusi dai quali non è possibile uscire; si tratterebbe quindi di vere e proprie strutture concentrazionarie di internamento di persone, uomini, donne, bambini, provenienti dai più diversi paesi del mondo, di lingue, culture, religioni diverse (verrebbero internati anche i cristiani che pur non mancano tra i richiedenti asilo?) che condividono tra loro l’unica caratteristica di essere giunti nel nostro Paese per chiedere asilo. Questo scenario è totalmente al di fuori dell’ordinamento democratico della Repubblica Italiana che prevede la limitazione della libertà solo nei confronti di persone che hanno commesso seri reati penali o che, al più, prevede per tempi brevissimi delle forme di trattenimento amministrativo (di assai dubbia efficacia) per eseguire delle espulsioni già confermate dall’autorità giudiziaria.
La proposta di puntare su centri chiusi e controllati manifesta una visione autoritaria e intollerante della società e rischia di ricreare luoghi che con preoccupazione ricordano i “campi di concentramento” e i totalitarismi che hanno prodotto le catastrofi del ‘900.
4) Infine, anche volendo tacere su quanto sopra, il presidente Fedriga non dice dove nella sua visione dovrebbero sorgere i presunti luoghi di internamento dei richiedenti asilo. In un unico luogo nel quale vivrebbero migliaia di persone o invece in tanti luoghi, con un approccio, per così dire, di internamento diffuso? Vuole spiegare Fedriga come verrebbero scelti questi luoghi e come verrebbero presidiati? E infine chi ci vorrebbe vivere vicino?
Furio Honsell, Consigliere regionale Open Sinistra FVG
Gianfranco Schiavone, Presidente di ICS – Ufficio Rifugiati Onlus di Trieste
Sottoscrivo pienamente gli interventi di Ndack Mbaye e di Giovanni Tomai ripresi dai rispettivi profili facebook e pubblicati oggi nel quotidiano del Messaggero Veneto di Udine (articolo di Giulia Zanello, si veda qui sotto).
Il centro-sinistra dovrà attrezzarsi per il futuro in modo più incisivo contro la retorica xenofoba in atto: a tal proposito rivendicare il valore civile delle politiche d’inclusione perseguite dalle nostre Giunte negli ultimi dieci anni può essere un buon punto di partenza.
Trovo grave che il candidato sconfitto Bertossi, per cercare un po’ di visibilità, oggi paragoni 10 anni di amministrazione a Udine da me guidata, anche con vicesindaco Martines, alle ideologie violente e razziste di un esponente di destra (si veda qui sotto articolo di oggi del Messaggero Veneto).
In dieci anni Udine è ai primi posti tra le città italiane per progetti europei volti a promuovere la salute, il benessere degli anziani, e la sostenibilità. Sono migliaia, per esempio, gli anziani che hanno partecipato ai progetti di ginnastica dolce nei quartieri, alla prevenzione, a Camminamenti.
Si è privilegiato la ristrutturazione delle scuole di quartiere e delle loro palestre rispetto a progetti faraonici di palazzetti per pochi. Grazie all’intelligente politica sul traffico e sul riscaldamento, negli ultimi anni, non sono stai superati i livelli di inquinamento dell’aria a Udine, che sono la causa in tante altre città della pianura padana, di morti precoci.
Se pensare in primo luogo alla salute dei cittadini è estremismo, bene ha fatto Martines a rifiutare l’alleanza con Bertossi.
L’articolo del Messaggero Veneto di oggi (Udine, p. 23):
Di fronte alle tragedie che in solo due giorni hanno spezzato la vita di Andrea Diliberto e Matteo Smoilis la sinistra non deve rimanere silenziosa: la strage dei lavoratori deve arrestarsi.
Ma non basta più esprimere condanne verbali e scandalizzarsi. È necessario promuovere un’azione straordinaria per arrestare questo stillicidio di giovani, che muoiono proprio nella condizione più agognata nella loro vita: il posto di lavoro.
Ci vuole certamente, maggiore cultura della sicurezza e maggiore formazione alla sicurezza, ma ci vuole soprattutto maggiore controllo. Controllo delle condizioni e degli orari di lavoro, controllo delle attrezzature e delle procedure lavorative.
La responsabilità di un incidente deve ricadere su tutta la catena di comando. Nessuno può sfuggire alla propria responsabilità dicendo che la responsabilità era di un altro più in alto. Tutti devono essere controllori. La responsabilità deve ricadere su chi appalta e non controlla attraverso la direzione lavori. Deve ricadere sul futuro delle ditte e delle società coinvolte. E soprattutto l’esito delle inchieste deve essere reso pubblico e gli eventuali processi devono avere una corsia preferenziale e non disperdersi nei ricorsi. Essere stati coinvolti in un incidente sul lavoro deve essere uno stigma difficile da cancellare che pesi sui futuri appalti.
Il lavoro è il valore fondante della nostra Repubblica. La mancanza di sicurezza sul lavoro è incostituzionale. Una violazione non può essere
estinguibile con una multa.
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