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Il futuro nel settore culturale ed artistico: incontro elettorale a Udine, 23/03

Giovedì 23 marzo alle 18.30, presso il Caffè Caucigh di Udine in Via Gemona n. 36, i candidati alle elezioni regionali per Open Sinistra FVG nella circoscrizione di Udine Furio Honsell e Andreina Baruffini Gardini insieme ad autorevoli esponenti del mondo musicale, artistico e culturale, incontreranno elettori ed elettrici per approfondire il tema dell’importanza di un’adeguata promozione dei settori culturali ed artistici e di un valido sostegno regionale alle iniziative delle persone che fanno arte e cultura in FVG.

Relazione di minoranza Honsell a DDL 180 “Istituzione dell’Elenco regionale delle scuole non statali di musica”

Il 21 giugno 2021, quindi quasi un anno e mezzo fa, depositai, come Open Sinistra FVG, una legge quadro sulle attività musicali in Regione: la Proposta di Legge 139 dal titolo “Provvedimenti per la promozione, la valorizzazione e lo sviluppo della produzione musicale in Friuli Venezia Giulia”. Tale norma partiva dalla considerazione che la musica è una delle poche attività capaci di coniugare le dimensioni cognitive, psicomotorie, emozionali e relazionali di una persona. E, per illustrarne la valenza, compendiavo tutto ciò riportando ad esergo della relazione di quella PDL i versi 81 – 83 del I Canto del Paradiso dantesco. La musica è pertanto un’attività irrinunciabile nell’educazione e nella formazione dei giovani. Non a caso dagli anni ’50 del XX secolo, ovvero dal baby boom occidentale in poi, la musica è diventata il principale linguaggio espressivo giovanile, capace di favorire l’interazione tra culture diverse. Inoltre la nostra regione, sin dall’alto medioevo, è stata fucina di espressioni, scuole e manifestazioni musicali nonché depositaria di un vasto patrimonio musicale che va dalle villotte alle forme più innovative di rap. Basti ricordare che i nomi delle note musicali hanno origine proprio dalle sillabe iniziali di ciascun emistichio del Versus in laudem sancti Iohannis Baptistae, 1-4 [26] di Paolo Diacono da Cividale:

UT queant laxis. REsonare fibris.

MIra gestorum. FAmuli tuorum.

SOLve polluti. LAbii reatum.

Sancte Iohannes.

Per non citare il contributo alla teoria dell’armonia di Giuseppe Tartini da Pirano, tanto apprezzato da J. J. Rousseau. Questa ricchezza musicale del Friuli Venezia Giulia ha origine e si alimenta anche della pluralità di lingue e culture che coesistono in questa regione e del ruolo di cerniera tra oriente e occidente europeo che ha svolto nell’ultimo millennio.

La PDL 139 da me presentata prevedeva un quadro organico di sostegno a tutte le attività e le produzioni musicali in questa regione: dalla formazione, alla sua valorizzazione economica, turistica e imprenditoriale.  Purtroppo la spietata struttura a canne d’organo di queste amministrazioni pubbliche, che non permette un lavoro organico tra i vari assessorati, e le rigidità di dialogo tra le varie commissioni, hanno confinato questa PDL mia alla sola Commissione V e ciò ne ha paralizzato l’iter.

Ci è stato presentato invece questo DDL 180 in cui già nel titolo e nell’Art. 1 comma 1, si riprendono contenuti dalla legge da me presentata. Il Comma 2 all’Art.3 della nostra PDL 139 così recitava: “La Regione istituisce presso la direzione centrale competente l’albo regionale delle scuole di musica e delle associazioni musicali garantendo …”. La DDL 180 all’Art. 3 invece recita: “È istituito, presso la struttura regionale competente in materia di istruzione, L’Elenco regionale delle scuole di musica non statali del Friuli Venezia Giulia …” La sola modifica è la sostituzione del nostro vocabolo più aulico “Albo”, con il più prosaico e rozzo “Elenco”.

L’Art.2 della nostra PDL apriva molte altre linee di sviluppo e di sostegno alle attività e produzioni musicali in regione oltre alle scuole di musica. Certamente non scendeva nel dettaglio quanto viene fatto in questa DDL, ma certamente quanto mi è stato risposto alla richiesta di poter discutere la legge da me presentata abbinandola alla presente, ovvero che “la mia legge poco c’entrava con questa DDL che tratta degli aspetti formativi ed educativi”, mi sembra risposta davvero curiosa e limitativa. La presente DDL 180 quanto a principi o elementi autenticamente normativi ha ben poco di più di quanto riportato nell’Art. 3 della PDL a mia firma. L’ampia elaborazione di questi principi contenuti nella DDL 180, che ha orgogliosamente rivendicato l’Assessore in Commissione, a mio avviso appartiene più a quanto usualmente viene riportato nei regolamenti relativi all’emanazione dei bandi per l’erogazione di contributi pubblici, se non addirittura ai bandi stessi. Per convincersene basti leggere i sottotitoli degli articoli di questa DDL 180: modalità di presentazione della domanda, criteri di riparto, rendicontazione di contributi, ecc. Più volte, altri Assessori di questa Giunta hanno rivendicato il principio che le leggi devono enunciare solamente dei principi generali e non entrare nelle modalità gestionali, ma evidentemente è sempre attuale il discorso sulla giustizia rivolto dagli Ateniesi ai Melii, riportato da Tucidide ne La Guerra del Peloponneso.

A mio avviso non vi è dubbio che questo DDL sia un’importante occasione perduta per lo sviluppo della musica in regione. Per una volta che si è trattato in quest’aula consigliare di una forma di espressione artistica quale la musica, rara avis davvero, si sarebbe potuto ampliare l’ambito. La trattazione ha invece suscitato scarso interesse, come si evince dall’alto numero di deleghe tra i consiglieri e la rapidità del dibattito. Si sarebbe potuto lasciare ai regolamenti dei bandi, la mera spartizione delle risorse pubbliche. Si sarebbe dovuto invece inquadrare questa importante azione che la Regione intende fare per sostenere le scuole di musica non statali nel contesto più ampio e completo che dalle scuole di musica si apre verso la valorizzazione economica, industriale, turistica e dell’intrattenimento, insomma verso tutta quell’ampia e variegata filiera che viene riunita dal denominatore comune della musica. Questo settore a nostro avviso è molto importante in questa regione ma è fragilissimo. Ciò si poté constatare ai tempi dei decreti aiuti e ristori del Covid, quando fu abbastanza facile intervenire sui codici ATECO di quasi tutte le attività economiche, ma fu invece molto più difficile sostenere le molte migliaia di lavoratori dello spettacolo dal vivo e della musica in particolare, titolari di contratti atipici, intermittenti o a chiamata. La nostra legge prevedeva tra l’altro l’istituzione di un’agenzia analoga alla Film Commission, una Music Commission, che innescasse dinamiche innovative nel settore, d’intesa anche con le scuole di musica, per valorizzare proprio coloro che vengono formati da tali scuole. Purtroppo tutto ciò non c’è stato e quindi siamo rimasti con una legge, che come si è detto è poco più di un regolamento per futuri bandi.

Pur avendo un orizzonte piuttosto limitato questa DDL è certamente molto gradita alle scuole di musica in quanto promette generose risorse pubbliche tutelando tutte le singole specificità. Ma certamente il compito legislativo e di indirizzo progettuale che dovrebbe avere questo Consiglio è venuto meno ancora una volta.

Come si è detto gli articoli dettagliano sin nei minimi aspetti la spartizione di queste risorse pubbliche da parte di scuole, associazioni e reti, facendo ben attenzione che non si inneschino rivalità e gelosie tra le varie tipologie. Non entreremo nel merito perché pare che sotto questo profilo strettamente finanziario ci fosse piena soddisfazione tra gli auditi.

Pare poco valorizzato invece il rapporto che molte scuole di musica hanno con il sistema scolastico primario nei suoi vari gradi. Inoltre, come è già stato pienamente esplicitato, manca tutto ciò che ha a che fare con la produzione musicale in senso lato.

Cercheremo di apportare degli emendamenti in questi sensi, anche se molto più tempo sarebbe stato necessario per prepararli e condividerli. Auspichiamo che questa legge sia solamente il primo passo, il mero blow up dell’Art. 3 della nostra PDL quadro, e che altre possano seguire per la piena soddisfazione dei nostri cittadini. Certamente il fatto che questa legislatura sia agli sgoccioli non mi rende però particolarmente fiducioso.

In Commissione ci siamo astenuti su questo DDL. Ci riserveremo di dare voto positivo alla norma se verranno considerati con attenzione gli emendamenti e gli ordini del giorno che proporremo.

Qui il testo del DDL della Giunta n. 180 | Il testo della mia PDL n. 139

Relazione di minoranza Honsell su DDL 173 “Interventi a favore persone con disabilità”

Gli articoli del Titolo I della presente legge, che riprendono quelli della Convenzione delle Nazioni Unite del 13/12/2006 sui diritti delle persone con disabilità, enunciano i principi etici di solidarietà, rispetto e non discriminazione più alti che l’Umanità abbia sinora saputo esprimere nei confronti delle persone più fragili. Sono quindi agli antipodi della narrazione di Plutarco sulla sorte, presso il Monte Taigeto, dei bambini spartani nati imperfetti, narrazione peraltro ormai ritenuta storicamente non attendibile ma ancora ben presente nell’immaginario collettivo. Il registro di queste enunciazioni è intenso e commovente. Purtroppo lo stigma nei confronti dell’assenza di piena funzionalità nelle persone è ancora presente nella nostra società. Basti considerare la ridenominazione del Ministero della Pubblica Istruzione voluta dal governo di destra profonda che si è insediato qualche giorno fa, il 21/10/2022, che così recita: “Ministero dell’istruzione e del merito”. Ovvero se non si viene giudicati meritevoli si è considerati un rifiuto per tale nuovo ministero. Non sarebbe stato meglio denominarlo “Ministero dell’istruzione e del contrasto alla povertà educativa” se si fosse voluto interpretare davvero lo spirito della convenzione dell’ONU?

Nel Titolo II del DDL 173, le spiritualmente nobilissime enunciazioni del Titolo vengono ulteriormente declinate, e con altrettanta ambizione etica, in varie aree di intervento: salute, abitare e vita indipendente, cultura sport e turismo, istruzione e formazione, lavoro, trasporti, accessibilità allo spazio aperto e costruito e barriere architettoniche, diritto all’informazione e alla comunicazione. Come non condividere pienamente uno solo di questi articoli, che sono soprattutto degli auspici alla luce della situazione attuale che, anche se presenta aree di eccellenza, è molto disomogenea? Noi di Open Sinistra FVG abbiamo sempre invocato una rivoluzione copernicana nel considerare la disabilità: è l’ambiente e il contesto quando sono mal strutturati o inospitali a renderci tutti disabili e non la persona con disabilità singola a essere disfunzionale nell’ambiente! Abbiamo sempre ritenuto che l’inclusione della diversità fosse un arricchimento per tutti, e non solo per i diversi, in quanto siamo tutti diversi per qualche diversità. Si pensi ad esempio alla figura emblematica di Wanda Díaz-Merced l’astronoma cieca che sta fornendo nuovi strumenti di sonificazione[1] dei dati, che supererà alcuni limiti della più comune visualizzazione, indicando come non esiste un unico modo di esplorare e comprendere la realtà intorno a noi. E ricordiamo che inclusione è cosa ben diversa da omologazione, perché l’esclusione o ancor peggio la selezione meritocratica, secondo un concetto astratto di merito, è il vero orrore di ogni fascismo.

Gli articoli di questo Titolo II, ancorché encomiabili, lasciano però insoddisfatti per il loro carattere poco operativo. Risultano troppo generici, cercano di blandire il bisogno di inclusione con mere parole e promesse, hanno un sapore anòdino. Una legge, ancorché una legge quadro e di principio come questa, non può limitarsi alle enunciazioni. Ecco degli esempi.

All’articolo 5 si dichiara che la Regione fornisce un’adeguata risposta ai bisogni di salute lungo tutto l’arco della vita … forse si dovrebbe dire quali siano i servizi e come vengono implementati in termini di risorse sia finanziarie che professionali. All’articolo 6, comma 2, si parla di criteri premianti nelle politiche dell’abitare e si promettono priorità di selezione su linee di finanziamento esistenti o di futura introduzione, forse sarebbe opportuno dire quali siano e per quale importo, e indicare chi siano gli attori dell’ultimo miglio responsabili dell’abitare inclusivo. Sono le ATER? Hanno molta strada da compiere però. All’articolo 8 la Regione in accordo con i Comuni e i soggetti coinvolti, promuove tramite appositi atti di intesa, il coordinamento tra le politiche relative all’istruzione, alla formazione e al lavoro … nulla viene detto su tempi, impegni, risorse, professionalità disponibili. Si sarebbe almeno potuto imporre un criterio stringente per l’accesso ai contributi Regionali da parte di scuole o enti privati. Nulla si dice all’articolo 9 su come potenziare le assunzioni di categorie protette, o quali azioni porre per contrastare lo stigma che spesso subiscono tali lavoratori. Anche qui si sarebbe dovuto indicare quali saranno i criteri da rispettare per accedere a qualsiasi forma di contributo da parte delle aziende, comprese quelle da loro coinvolte in subappalto. Ci si limita invece a parlare ancora di atti di intesa da elaborare in un tempo futuribile. L’articolo 11 sulle barriere architettoniche si limita a promettere l’emanazione di un regolamento. Ma non c’è già una norma la 13/1989 al riguardo? Encomiabile all’articolo 12 la volontà di abbattere le barriere di comunicazione e tecnologiche, ma come si intende operare concretamente? Forse la prima barriera comunicativa sarebbe riformulare l’articolo 12 stesso.

L’articolo 13 definisce il ruolo fondamentale di raccordo che dovrà svolgere la Consulta regionale delle associazioni delle persone con disabilità e delle loro famiglie. Ovviamente anche qui tutto è condivisibile, ma l’esperienza insegna quanto importante sia l’individuazione di strumenti di partecipazione più capillari da parte dei portatori di interesse e delle loro famiglie, soprattutto quando i servizi per la disabilità sono gestiti attraverso strutture sanitarie, che soffrono di un cronico deficit di ascolto e sono soggette ad un’organizzazione gerarchica e dirigistica. Il ruolo anche terapeutico del dialogo, come previsto anche dalla Legge 2197/2017, è ben lontano dall’informare profondamente la prassi medica.

In conclusione il Titolo II è un documento certamente da apprezzare negli auspici, ma rischia di avere un carattere troppo speculativo, decisamente metafisico. E infatti, solamente nel Titolo III emerge la vera sostanza di questa norma. Dopo l’introduzione, piuttosto generica, nel suo Capo I, di un osservatorio (ma non era forse Riccardi l’Assessore a non volere gli osservatori? Sono lieto che abbia finalmente cambiato idea!) e la promessa che verrà redatto un piano regionale della disabilità, in un futuro lontano in quanto dovrà recepire anche i contributi dei progetti obiettivo previsti all’articolo 16, si arriva finalmente al Capo II, articolo 17, che è il vero cuore del DDL 173!

Ebbene, ci è stato detto in Commissione, che al fine di rispettare il DPCM 12/01/17, che impone l’omogeneità dei Livelli Essenziali di Assistenza sociosanitaria, già richiamato all’articolo 5, comma 2, si attribuisce in questo articolo a partire dal 01/01/2024 alle Aziende Sanitarie regionali la titolarità dei servizi e degli interventi relativi alle persone con disabilità! In sostanza si dà il via libera alla sanitarizzazione della disabilità! Ma come si trasformeranno le aziende sanitarie (alcune addirittura ospedaliero-universitarie) anche in aziende socio-sanitarie? In molte aree della nostra regione ciò sarà tutt’altro che scontato e certamente anche laddove esisteva già la delega, i nuovi meccanismi di finanziamento e di partecipazione, comporteranno un netto ridimensionamento della capacità di guida e di orientamento dei Comuni e l’intero sistema subirà un forte sconquasso. Che la cosa faccia tremare le vene e i polsi, se mi è concessa quest’endiadi dantesca, anche ad un Assessore così sicuro di sé è evidente. Viene infatti concesso un anno di sperimentazione, il 2023, nel quale non è chiarissimo che cosa dovrà avvenire anche perché essendo un anno elettorale, è prevedibile che l’azione amministrativa vera e propria non inizi tanto presto. E come purtroppo avviene tutte le volte che si traguarda l’obiettivo in un futuro abbastanza remoto, questa scelta permette a tutti di non prendersi impegni precisi e mette al riparo da ogni responsabilità se non sarà raggiunto quanto delineato. In verità, ci si chiede se ciò sarà davvero un male!

L’aspetto più critico di questa legge è che, pur essendo prevista la compartecipazione finanziaria dei Comuni, che è ribadita sin dall’inizio, all’articolo 5 comma 3, il loro ruolo sembra davvero indebolito, se non addirittura subordinato a quello dell’Azienda Sanitaria di riferimento. Fino ad oggi buona parte dei finanziamenti per i servizi e le prestazioni per la disabilità erano in mano ai Comuni, in quanto erano direttamente assegnati a loro, e quindi passavano attraverso il filtro delle deliberazioni comunali. Il DDL 173, invece, assicura ai Comuni solamente la pianificazione condivisa, ai sensi dell’articolo 22 comma 1. Come avevo già ribadito, esistono difficoltà strutturali nello stabilire un dialogo paritetico con una struttura così verticalizzata come un’Azienda Sanitaria. E queste, soprattutto negli ultimi anni nei quali hanno dimostrato più attenzione ai bilanci che alle liste di attesa, sembrano essere guidate da una fredda logica aziendalistica, che mal si concilia con la modalità operative di un Comune che è essenzialmente ente esponenziale di una comunità e della sua voce collettiva.

Nel dibattito in Commissione non sono rimasto assolutamente convinto che l’attribuzione della titolarità di servizi e interventi per la disabilità alle Aziende Sanitarie fosse l’unico modo di dare corso al DPCM del 2017. Cercheremo dunque, con degli emendamenti di irrobustire il ruolo dei Comuni nel raggiungere l’intesa con le Aziende Sanitarie.

La norma si chiude con ulteriori enunciazioni di principio assolutamente condivisibili, ancorché piuttosto general-generiche sui Sevizi di integrazione lavorativa, sulla collaborazione con il Terzo Settore e sul concetto di integrazione socio-sanitaria, limitandosi circa quest’ultima però a parlare solo di momenti di confronto e di coordinamento. Il DDL ribadisce infine il concetto di progetto di vita individuale e conferma lo strumento del budget di salute. Ancora una volta però l’altitudine dalla quale si contempla questo fèrvere di previste attività non permette allo stato attuale della norma di assicurarne l’efficacia.

Le norme finanziarie a volte, cozzano nella loro esattezza per il 2024 con la genericità degli articoli ai quali si riferiscono, come ad esempio all’articolo 10 e i relativi 475 milioni per i trasporti. Se ne può intuire l’origine, ma allora se ne deduce anche la scarsa ampiezza di orizzonte.

La clausola valutativa è posta all’articolo 27 per illudere o tranquillizzare i Consiglieri che ci sarà comunque un controllo da parte del Consiglio.

Dopo questa breve anatomia della norma si rileva con preoccupazione la pletora di atti di intesa, atti di indirizzo, accordi, regolamenti di attuazione, piani attuativi, piani di sviluppo strategico, piani regionali che dovranno discendere da questa norma e darle sostanza, oltre ai processi di condivisione e accordo, tutt’altro che scontati, che dovrebbero portare a tali atti. Se tutto deve ancora essere precisato a cosa serve questa norma? Solamente a dire a chi spetterà l’ultima parola?

In questo testo difficilmente non si trova una parola chiave che abbia illuminato il dibattito nazionale e internazionale più progressista in tema di disabilità, tanto questo DDL è a livello alto nei suoi princìpi. Al tempo stesso però è talmente concreto e brutale nell’attribuzione delle titolarità della gestione dei servizi e prestazioni per la disabilità alle Aziende Sanitarie, che siamo preoccupati che tali principi possano non essere realizzati. Dopo la riforma imperialista del 2019, le Aziende Sanitarie sono ancora boccheggianti nel cercare di definire e di porre in essere persino il loro piano aziendale ospedaliero, pertanto si dubita che possano davvero riuscire in questo demiurgico compito universale.

Questa legge è certamente un egregio esercizio di stile nella parte iniziale, e su tale parte esprimiamo parere favorevole. Ma nella seconda parte la genericità delle promesse ci spaventa. Preoccupa che il ruolo del privato sociale, e del terzo settore, che è così significativo per la sua capacità di sperimentazione, di innovazione e di prossimità – tutte  caratteristiche che hanno fatto di questa regione un punto di riferimento nazionale in tema di inclusione si pensi solo alla Comunità Piergiorgio o ad Infohandicap che comparivano esplicitamente nella Legge Regionale n. 41 del 1996 – sia  relegato solamente a qualche menzione nei tavoli di confronto e ad un generico articolo 20 nel quale si parla di futuribili “adeguate forme di regolazione dei rapporti”.

Preoccupa che gli strumenti di partecipazione non siano definiti e garantiti con maggiore precisione.  E infine preoccupa che l’intersettorialità di questa legge, che non riguarda solamente la sanità e il sociale ma anche la scuola, la formazione, il lavoro, la mobilità, l’abitare non preveda momenti di coordinamento inter-assessorile come momento di coordinamento. Né preveda che vengano assicurate risorse di personale adeguatamente formato, magari d’intesa con le università, attraverso nuovi corsi di laurea socio-sanitari, o altri corsi di formazione. L’inclusione, che è cosa ben diversa, è ben più etica e nobile dell’integrazione e dell’omologazione, si raggiunge solamente attraverso il rapporto umano. Si dubita che una delega ad una mastodontica azienda possa permettere di realizzare quel benessere relazionale che poi è l’unica vera declinazione del concetto di salute.

Per questi motivi, a seconda di come si svolgerà il dibattito in aula e verranno ripresi e valorizzati i contributi specifici che proporremo, ci riserviamo di esprimere parare favorevole alla presente legge come Open sinistra FVG.

[1] https://youtu.be/L04ZeJKG_Iw

Qui il testo del DDL 173 fuoriuscito dalla Commissione 

Uno dei primi casi di e-book in Friulano: la Divine Comedie. Problematiche di editoria digitale

Lunedì 13 giugno, alle ore 17.30, si terrà in Sala Pasolini c/o sede Regione FVG di Udine (Via Cecilia Gradenigo Sabbadini, 31) l’incontro dal titolo “Uno dei primi casi di e-book in Friulano: la Divine Comedie. Problematiche di editoria digitale”. In quest’occasione verrà presentato l’omologo volume in e-book edito dalla KAPPA VU edizioni.

All’incontro interverranno: Aurelio Venuti (traduttore del volume), Furio Honsell (consigliere regionale di Open Sinistra FVG), Donato Toffoli (componente del Comitât Tecnic Sientific di ARLeF), Lorenzo Fabbro (vice-presidente Cooperativa Informazione Friulana) e Chiara Tadiello (graphic designer).

L’ebook in Friulano del volume della Divina Commedia è uno strumento multimediale innovativo, unico nel suo genere, che riesce a coniugare la forza artistica ed espressiva del più grande classico della letteratura italiana e della sua traduzione in lingua friulana con le possibilità di fruizione moderne, per un approccio innovativo e coinvolgente sia al testo originale che alla ricchezza del friulano.
L’incontro è organizzato dal Gruppo consiliare Misto – componente Open Sinistra FVG, in collaborazione con Kappa Vu. Si ricorda che i posti in sala sono limitati nel rispetto delle normative anti covid-19 e si raccomanda l’utilizzo della mascherina FFP2 in sala.