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Sul DDL n. 88 “Misure urgenti in materia di cultura e sport”

Non vi è alcun dubbio che ci sia necessità di una norma che affronti le gravi criticità della vasta e articolata galassia delle imprese culturali e creative nonché di quelle a carattere sportivo non professionistico. Queste, a seguito della chiusura di tutti i luoghi della cultura e della pratica sportiva, nonché del confinamento dei cittadini e delle modalità di distanziamento sociale, sono quelle che più delle altre sono state paralizzate nella propria attività. A tutt’oggi queste imprese sono quelle per le quali sono più incerti i tempi di ripresa delle attività normali e quelle per le quali è più problematico rendere compatibili le modalità operative tradizionali con le restrizioni sanitarie attuali e probabilmente future, almeno a breve termine. Poiché molte di queste imprese non hanno fini lucrativi né vesti giuridiche omogenee non tutte hanno avuto accesso agli strumenti di sostegno alla liquidità o ai crediti di imposta che il governo nazionale e quello regionale hanno predisposto.

Questa norma quindi è benvenuta, ma mi sarei aspettato che intervenisse in modo qualitativamente diverso, con più forza e creatività, per scongiurare che questa crisi conduca ad una “desertificazione delle imprese e dei soggetti culturali e sportivi”, come recita l’appello a livello nazionale redatto da un nutrito gruppo di operatori e intellettuali. Mi sarei aspettato che fossero delineate strategie per una nuova convenzione tra soggetti culturali ed amministrazione regionale, e fosse istituito un osservatorio per monitorare le diverse problematiche di questa tipologia di soggetti e la loro evoluzione. Le imprese creative e sportive sono infatti fondamentali per sviluppare e sostenere quelle reti sociali che, già messe in crisi dal modello di sviluppo precedente alla crisi epidemiologica, sono state molto preziose per mitigare il disagio derivante dall’emergenza sul piano della salute, intesa come benessere non solo fisico ma anche relazionale e mentale. Il nostro paese, inoltre, proprio in queste imprese e questi soggetti manifesta uno dei suoi caratteri nazionali. Avrei desiderato che questa norma contenesse anche qualche idea nuova che indirizzasse il mondo delle imprese creative e culturali verso nuovi orizzonti innovativi, tecnologici e digitali. Queste aziende sono molto importanti per la crescita e la trasformazione della coscienza collettiva. Se riusciremo ad elaborare i lutti di questa epidemia sarà proprio attraverso il loro contributo. Avrei desiderato quindi che fossero introdotti strumenti finanziari per la sperimentazione artistica e riprogettazione dei contenuti e per la loro fruizione a distanza, e per il potenziamento telematico di queste imprese.

Questa legge invece non va oltre il mantenimento dello status quo. Certamente lo fa in modo ragionevolmente compiuto e, diciamo pure, generoso. Addirittura infila anche alcune deroghe che non sarebbero nemmeno tanto giustificate. In questo senso, l’Assessore dimostra attenzione puntuale, ma ci rimane la preoccupazione che alla fine si riesca a puntellare proprio le imprese più solide e si trascurino quelle più fragili. Non si ha la garanzia che siano state ricomprese proprie tutte le diverse forme giuridiche con le quali operano le varie imprese di questi settori.

La nostra posizione non è quindi contraria a questo DDL, se non su alcuni punti che cercheremo di emendare, ma vorremmo richiamare l’Assessorato “alle imprese culturali e creative” ad essere più creativo!

Mi sarei infine anche aspettato un controllo più preciso sugli investimenti, alla luce dell’urlo di dolore recentemente lanciato dal Presidente della Regione, che in clima di pandemia ancora non superata, ha alimentato lo sconforto generale dichiarando che “potranno mancare le risorse per garantire il sistema sanitario”!

Andando più nel dettaglio dell’articolato, si apprezzano tutti gli articoli per così dire emergenziali che confermano i contributi, se non addirittura li anticipano, permettendo rimodulazioni e rendicontazioni che possano compensare le spese derivanti dall’emergenza, come gli Artt.1-4, 7 e 8, 11 e 12, 17 e 18 e 21, 22 e 23. Incidentalmente si rileva l’attenzione riservata all’Istituto regionale per la cultura istriano-fiumano e dalmata agli Artt. 5 e 6. Il contributo dell’Art bonus all’Art. 9 poteva essere ulteriormente ridotto, come è stato richiesto da alcuni soggetti, per favorire le imprese culturali più piccole, e si sarebbero potuti introdurre altri strumenti di credito di imposta per azioni a favore di soggetti del settore. Lascia invece molto perplessi l’Art. 10 che permette di creare credito di imposta alle aziende investendo ne “I favolosi ONU 17”: a nostro avviso gli Obiettivi di Sviluppo Sostenibile meriterebbero ben altra attenzione da parte di questa Giunta, che non devono essere solamente offerti come foglia di fico alle imprese, senza nessuna garanzia che partecipino attivamente allo sviluppo e al consumo responsabile e alla transizione energetica, ovvero allo spirito di tali obiettivi.

L’Art. 13 è invece il più discutibile, e ci vede assolutamente contrari. Vengono concessi contributi a Musei, a fondo perduto, senza che sia più necessario proporre e concordare un progetto culturale. Molti di questi musei, senza ombra di dubbio, non sono minimamente a rischio di fallimento. Perché è stato abbandonato il modello qualificante della precedente amministrazione regionale che prevedeva un protocollo, veramente creativo soprattutto per i musei privati, a fronte di contributi? Adesso vengono ammesse anche spese di mero funzionamento come le spese di pulizia o le utenze elettriche e il riscaldamento a enti che certamente in questo momento non hanno bisogno di queste risorse. Stranamente, proprio in un frangente nel quale i più creativi, se stimolati, avrebbero potuto spiccare voli innovativi straordinari nell’accessibilità e la fruizione a distanza del loro patrimonio, si curva invece la traiettoria del loro sviluppo verso il basso, ovvero verso il mero sussidio assistenziale. Ma davvero musei che dipendono da enti che hanno vitalità millenaria avevano bisogno, proprio in questo momento nel quale, come ci spaventa il Presidente Fedriga, forse non si riuscirà a mantenere nemmeno il sistema sanitario, di ricevere contributi generici a fronte di una mera loro esistenza? Tante imprese creative non si riprenderanno e noi facciamo piovere sul bagnato? Non a caso, infatti, si sono aperte le cateratte in Commissione e la moneta cattiva ha scacciato quella buona. Abbiamo assistito ad una corsa all’emendamento, cioè ad un assalto alla diligenza della quale hanno approfittato in modo scomposto un po’ tutti. Peccato! La via della progettualità creativa è stata sepolta. Queste cifre ancorché singolarmente non enormi, sono ancora più esagerate tenendo conto invece dell’esiguità delle risorse devolute al sistema delle biblioteche, sistema che peraltro è giustamente rafforzato dagli ottimi articoli 14, 15 e 16. Chiederemo qui un riequilibrio.

Gli Art. 18, 19 e 20, infine, sembrano poco giustificati in quanto prevedono deroghe strutturali che non sembrano direttamente correlate alle criticità della pandemia.

In conclusione non daremo certo un parere negativo a questo DDL perché l’Assessore ci ha anche confortato nel dichiarare di operare in stretto contatto con il governo nazionale, a differenza di quanto hanno dichiarato invece altri suoi colleghi assessori per le materie di loro competenza. Inoltre la natura stessa degli articoli emergenziali è appropriata alle esigenze del momento. Rimane però comunque l’insoddisfazione. Avremmo voluto veder gettate le basi per una svolta ad una situazione che era critica e sottovalutata anche prima dell’emergenza epidemiologica, una svolta che avviasse un Piano di sviluppo innovativo per le imprese creative e sportive, che oggi sono doppiamente a rischio di scomparsa. Invece abbiamo ricevuto una norma che cerca solamente di “tamponare” e mitigare il danno. Aspettiamo dunque fiduciosi una legge più significativa offrendo in tal senso la nostra collaborazione e quella della rete di operatori che a noi si sono rivolti.

Qui il testo del Disegno di Legge approvato in Commissione

Relazione Honsell su DDL 90

Mentre sto preparando questa relazione, il Presidente della Regione ha da poco dichiarato ai giornali che “il FVG rischia di non pagare i medici”, suscitando così un forte allarme presso la popolazione, soprattutto anziana, duramente provata da oltre due messi di confinamento a causa dell’emergenza epidemiologica e dai martellanti messaggi volti a metterla in guardia dai paurosi effetti dell’epidemia. Mi sarei dunque immaginato di dover relazionare su un’analisi responsabile e puntuale di tutte le poste in bilancio approvate lo scorso dicembre, come del resto era già stato sollecitato in occasione della discussione sul DDL 86 o ad un’ancora più accorta programmazione delle spese. Mi sarei aspettato che venissero messi in sicurezza gli approvvigionamenti dei farmaci e gli stipendi degli operatori sanitari, almeno fino a quando l’epidemia fosse solo un ricordo, invece nulla di tutto ciò. Questo DDL non parla di come fare fronte alle drammatiche dichiarazioni del Presidente. Assistiamo ancora una volta ad una variazione di bilancio francamente erratica e improvvisata, tra l’altro veramente cospicua se si pensa ai 28 M dell’art. 13 comma 8, fatta in “zona Cesarini” con un emendamento e senza nessuna discussione metodologica o strategica preventiva. Mi interrogo quindi, senza trovare risposta, su quale sia la corrispondenza tra le dichiarazioni fatte ai mezzi di comunicazione dalla Giunta e i fatti contabili, cerando di adoperarmi per contribuire a far ritrovare un po’ di sereno equilibrio legislativo a questa Regione. La Giunta continua infatti a operare in modo estemporaneo dicendo che tutti i fondi saranno ripristinati. Ma ci si domanda come ciò sia possibile se non ci sono nemmeno le risorse per pagare i medici? I conti non sembrano tornare!

Questo DDL poi, approvato in Commissione V, in tutta fretta, quando forse certi emendamenti avrebbero dovuto essere valutati in Commissione I, come da me suggerito, avrebbe necessitato di un po’ più di tempo per cogliere l’impatto di tutte le proposte. Di fatto è un omnibus, o forse dovrei dire una macedonia normativa. Mescola articoli chiaramente emergenziali e molto importanti come l’art. 3 che autorizza i Comuni a esenzioni e riduzioni dei tributi comunali, contribuendo per il 50% al finanziamento del mancato gettito dei tributi comunali, insieme ad altri articoli, sempre emergenziali, ma di scarsissimo rilievo perché conseguenza della confusa riforma dell’assetto degli enti locali, come l’Art. 1 o l’Art. 6. A questi si aggiungono articoli che nulla hanno di emergenziale e in questi casi il DDL 90 diventa una norma di manutenzione, come nel caso degli Art. 9, 10 e 12. Ci si chiede che senso abbia disseminare certe problematiche su una pluralità di atti normativi. L’impressione che si ricava è di grande confusione e mancanza di obiettivi chiari in un momento di emergenza.

Nella sua attuale formulazione questo DDL non può ricevere il nostro voto favorevole. Come è nostra abitudine però, fiduciosi, cercheremo di contribuire a migliorare il testo con degli emendamenti.

Venendo al dettaglio. Gli Artt. 1 e il 6 sono la conseguenza della sciagurata archiviazione impulsiva delle UTI e prevedono la revisione di tutte le scadenze, oltre a trattare del tema scivoloso della spartizione finale del patrimonio di ex-Province ed ex-UTI. In tutto questo marasma istituzionale ci sarebbe da chiedersi che ne è dei rivoluzionari Enti di Decentramento Regionale che dovevano ripristinare le Provincie tanto rivendicate in campagna elettorale. Ma ci asteniamo dal farlo, perché potrebbe suonare come un’ironia. L’Art. 2 in una pluralità di commi minori fa emergere l’autorizzazione ad usare per spese correnti l’avanzo di amministrazione. Dell’Art. 3 si è già detto e dispone contributi fino a 11 milioni per compensare al 50% il mancato gettito di TARI, TOSAP e COSAP. È articolo certamente molto importante, se non fosse per il fatto che non è chiaro a scapito di chi e di che cosa venga raggiunta la copertura. Il principio della partecipazione rende poi l’articolo troppo rigido nell’applicazione. Non vi è dubbio che alcune attività economiche duramente colpite dalle devastazioni sociali provocate dall’emergenza epidemiologica hanno bisogno di risorse, ma l’articolo non pone nessun vincolo alle riduzioni o esenzioni dei tributi e tariffe. Sarebbe stato opportuno nel rispetto dell’autonomia di ciascun Comune, affermare i principi di equità e di riduzione del danno in proporzione al reale bisogno. Questo sarebbe necessario soprattutto perché i vincoli di carattere nazionale sui regolamenti dei tributi e tariffe non permettono interventi, se non in modo omogeneo per categorie. C’è la reale preoccupazione che possa piovere sul bagnato. L’Art. 4 è doveroso in quanto riguarda la conferma dell’impegno della Regione a fronte della circolare della Cassa DDPP. Gli Artt. 5, 7 e 8 sono piuttosto confusi e generici, e mostrano tutte le difficoltà alle quali si va incontro avendo cambiato la Legge 18/2015, relativa alla concertazione con le UTI, in favore di una concertazione puntuale con i Comuni. Questi spesso hanno fatto scelte poco strategiche o hanno dimostrato scarsa capacità di spesa. L’art. 9 risulta assolutamente spurio rispetto alle problematiche emergenziali, sembra puramente cosmetico, ma rimane la preoccupazione che sopprimere tavoli di confronto, che forse avrebbe senso mantenere, non sia opportuno in questo momento. L’art. 10 riguarda modifiche di enti cooperativi. Meriterebbe maggiore attenzione e non si capisce perché vada fatto con tale urgenza. L’art. 11 è tipicamente emergenziale e dunque coerente. Mentre non si vede cosa c’entri l’Art. 12, sarà pure opportuno, ma ha senso sparpagliare modifiche normative sui parchi scientifici di questo taglio in questa norma?

Si giunge infine all’Art. 13 e al famigerato Comma 8. Qui andrebbero ripetute tutte le analisi svolte circa il Disegno di Legge n. 86 sull’“impinguamento del fondo di riserva”. Sono modificati gli stanziamenti su capitoli molto importanti che vanno dai fondi per l’edilizia sociale, ai fondi per il funzionamento delle società di controllo ambientale come l’UCIT, ai fondi per start-up innovative di cui ci sarebbe molto bisogno… mentre non sono toccati altri capitoli come quello per il progetto dei “I favolosi Onu 17”. Certamente la situazione “è grave ma non seria” per citare Flaiano. Non vengono date assicurazioni esplicite né su quando né se verranno ripristinate queste risorse. Forse alcuni dei passaggi sono anche giustificabili, ma al riguardo la Giunta non ritiene di svolgere alcun ragionamento. In Commissione ancora una volta l’Assessore ha dato la parola ai “tecnici”. Conclusione: le modifiche sono importanti, ma la Giunta non ne prende la responsabilità. Inoltre il Comma 8 assegna risorse che certamente non riguardano le autonomie locali. Quindi ci si ri-chiede perché non ne sia stata informata la Commissione I°. Infine nemmeno qui vengono fissati criteri di distribuzione “secondo il bisogno”. Auspico che tali risorse non siano distribuite in modo lineare, altrimenti sarebbe veramente iniquo.

Per tutti questi motivi non darò voto favorevole se non verranno affrontati seriamente i punti sollevati. Questa assemblea deve garantire una qualità alle leggi, che in questo caso sembra mancare, anche se questo DDL certamente soddisfa certamente tutti coloro che in base ad esso riceveranno contributi. Ma la soddisfazione di alcuni, ancorché legittima in sede di campagna elettorale, non può essere la cifra di una legislatura che deve invece garantire tutti.

Per visualizzare l’ultimo testo approvato dalla Commissione clicca qui.

Relazione su DDL 83 “Contributi per interventi per la manutenzione delle reti stradali comunali”

Questo DDL sarebbe da censurare anche se non dovessimo approvarlo in questo contesto tanto tragico da sembrare irreale, dopo una sospensione di quasi due mesi di molti diritti civili e democratici, quali la possibilità di salutare e dare sepoltura ai nostri cari (che come ricorda il filosofo Agamben, è un diritto riconosciuto dai tempi di Antigone), il diritto di andare a scuola, di muoverci liberamente, di cercare un lavoro, di svolgere elezioni. C’è oggi la piena consapevolezza che nei nostri piani per le emergenze erano state clamorosamente trascurate le emergenze epidemiologiche, e che il nostro sistema sanitario era esemplare nella medicina di prestazione ma era invece poco flessibile a gestire grandi numeri di pazienti. C’è inoltre la presa di coscienza che le conseguenze economiche delle misure sociali prese stanno colpendo pesantemente tantissimi lavoratori e le loro famiglie e lo stanno facendo in modo iniquo colpendo proprio le fasce più fragili.

Un DDL approvato in questo contesto emergenziale, per rispetto verso la tanta sofferenza intorno a noi, avrebbe dovuto essere indirizzato a mitigare almeno in minima parte quanto sta avvenendo nelle case di riposo e nelle RSA o avrebbe dovuto affrontare altre misure di contrasto al Covid-19 e inaugurare una nuova stagione di edilizia sanitaria ed edilizia assistita.  Avrebbe almeno potuto prevedere interventi per il completamento delle infrastrutture telematiche che hanno tanto penalizzato una percentuale significativa di cittadini in questi mesi.

Invece questo DDL è improntato al più imbarazzante “facciamo finta che non sia successo niente”. E per di più non è innovativo ma è figlio della più banale operazione propagandistica “vecchio stampo”. E pertanto sarebbe stato da censurare anche in epoca “avanti Covid”.

Di cosa ci occupiamo invece? È francamente imbarazzante: di micro interventi di manutenzione stradale. La Giunta strizza l’occhio in modo propagandistico ai sindaci amici premiando quel tipo di campagna elettorale che non ha saputo guardare in alto alle strategie di grande respiro, ma ha alimentato e fatto leva in modo populista su quell’availability bias, su quella distorsione cognitiva che non ritiene che nulla sia significativo se non quanto abbiamo davanti al naso che si può sintetizzare parafrasando il detto latino: Fiat asphlatum et pereat mundus “Che non ci sia la buca davanti casa, e vada pure a fuoco il mondo!”

Si fosse poi voluto proprio parlare di strade si sarebbe potuto indirizzare gli interventi in direzioni strategiche di sostenibilità ambientale. Si pensi all’utilizzo delle tecnologie dell’Internet of Things applicate alla sicurezzanelle infrastrutture stradali, viarie e ciclabili, ai nuovi macchinari per la manutenzione delle strade oppure ai temi dell’eco-sostenibilità e dell’innovazione nei progetti di manutenzione, come ad esempio alla realizzazione di asfalti fonoassorbenti con materiali riciclabili, alle cd. “barriere connesse” o all’illuminazione a LED. Si pensi alla prevenzione e al recupero e al contrasto delle instabilità geologiche.

Ma no! Vietato guardare in alto! Non c’è assolutamente nulla di strategico e innovativo. La Giunta si riserva di fissare autonomamente i criteri nel bando e quindi di orientare la graduatoria, udite anticipatamente le richieste in via confidenziale, così da rendere le domande un mero adempimento formale. Tanto le cifre messe a disposizione sono scarse, e verranno frantumate tra i piccoli comuni. Si parla dei piccoli Comuni che sono interessati in modo sistematico ai transiti dei trasporti eccezionali. Ma obiettivo della legge è la sicurezza di alcuni o di tutti? Ma importanti non sono le opere, è lo “spot elettorale”. La Regione finalmente si adopera per la GRANDE OPERA (tutto maiuscolo) di sistemare qualche decina di metri di asfalto, tappare qualche buca (per poi richiedere i rallentatori) o di marciapiede, mettere qualche lampione. Se poi succederà poco… poco male, il messaggio propagandistico è partito, tutto il resto sarà colpa del Governo Nazionale, o dell’Europa, o dei migranti, o di qualche sindaco di parte politica avversa.

Dico basta con queste operazioni di piccolo, anzi minuscolo cabotaggio. Ben altro deve essere il ruolo della politica. Questa dovrebbe indirizzare, stimolare all’innovazione, ispirare, liberare le visioni degli amministratori dagli stereotipi! Se c’è un modo per dare un senso alla tanta sofferenza di questi mesi è proprio quello di cambiare radicalmente il modello di sviluppo che ha ispirato questi ultimi sciocchi decenni.

Nel contesto drammatico nel quale stiamo vivendo ci vorrebbe ben altro piglio!

Noi ci rendiamo comunque funzionali proponendo spunti e osservazioni che tradurremo in emendamenti che possano dare un po’ di slancio a questa legge miserrima nel suo impianto e certamente nei possibili effetti.  

Passo quindi ad offrire un contributo sulla mobilità sostenibile per far comprendere quale tipo di politica vorrei sentire e discutere in questo Consiglio. Spero vengano recepiti.

Un Disegno di Legge necessario per affrontare le grandi sfide che la mobilità ci impone oggi dovrebbe partire dalla considerazione che le modalità con le quali i cittadini si spostano all’interno di un Comune o tra più Comuni limitrofi sta evolvendo: secondo le ultime ricerche ISTAT (2018) il 21,1% della popolazione sceglie una forma “attiva” per gli spostamenti, ad esempio va a piedi il 17,4% o va in bicicletta il 3,7%. Inoltre, sono sempre di più i cittadini che compiono anche piccoli tragitti con la propria autovettura, condividendoli con altri soggetti mediante formule di sharing mobility. Oltre all’evoluzione di questi fenomeni vi è la nascita di nuovi mezzi, come ad esempio il monopattino elettrico.

In questo DDL non si parla però di “infrastrutture ciclabili” al comma 2 dell’articolo 2. È fondamentale invece investire risorse economiche importanti in infrastrutture ciclabili.La costruzione e la manutenzione delle infrastrutture ciclabili rappresenta l’unica leva per incentivare l’uso sicuro della bicicletta. Inoltre, la loro costruzione ha un impatto inferiore rispetto a quello richiesto per le corsie destinate al traffico motorizzato con una conseguente riduzione dei costi di costruzione delle opere per la viabilità e un più contenuto consumo di suolo. La European Cyclist Federation (ECF) ha stimato come nella UE-28 il minor impatto delle ciclo-infrastrutture sul territorio, rispetto a quelle dedicate ai veicoli a motore, ha un valore di 2 miliardi di euro a livello europeo che con gli attuali livelli di ciclabilità (il 4,25% del dato UE) significa oltre 85 milioni di euro per l’Italia.

Sostituire gli spostamenti in auto con quelli in bicicletta, inoltre, determinerebbe anche un minor inquinamento del suolo derivante dall’uso di combustibili fossili e altre sostanze nocive con una riduzione della pressione sul suolo. Da considerare, inoltre, che usare l’automobile costa sei volte in più che pedalare. Per non parlare dei risparmi su: il sistema sanitario, il tempo (misurato in ore di traffico in meno), la produttività e l’efficienza logistica e dei trasporti pubblici, il minore inquinamento acustico, ambientale e la riduzione degli effetti sul cambiamento climatico. Un ciclista medio poi non si scoraggia soltanto per l’assenza di infrastrutture adeguate ma dalla mancanza di predisposizione di tutta una serie di strumenti che consentano di rendere l’uscita in bicicletta sicura: basti pensare alla carenza di parcheggi adeguati, di attrezzature per la riparazione di piccoli danni alla propria bici o all’assenza delle rastrelliere.

L’uso della bicicletta e quindi il potenziamento della viabilità ciclabile ha significativi risvolti di salute. La sedentarietà è la quarta causa di mortalità a livello globale, secondo il WHO (World Health Organisation) per la correlazione con l’insorgenza di patologie legate a obesità, disturbi cardiocircolatori, diabete, depressione, etc. I tassi di inattività fisica risultano elevati in tutto il mondo e correlati con il progresso tecnologico. Svolgiamo meno attività fisica rispetto alle generazioni precedenti. Se a questo aggiungiamo errate abitudini alimentari, il rischio di insorgenza di patologie legate all’obesità aumenta. Le cosiddette forme di trasporto attivo (camminare, pedalare e utilizzare trasporti pubblici), incentivando l’esercizio fisico sono state riconosciute come possibili rimedi a cattivi stili di vita. In conclusione politiche sinergiche per favorire la mobilità attiva in tutta sicurezza e l’esercizio fisico hanno importanti finalità di salute pubblica.

Al comma 2, art. 2 si parla di manutenzione dei marciapiedi e degli attraversamenti pedonali. Bene! Ma quali criteri devono essere adottati per realizzare queste manutenzioni! Vanno eliminate le barriere architettoniche per i soggetti con problematiche di disabilità motorie o ipovedenti, per le persone più anziane o per le famiglie con bambini piccoli. Si pensi solamente agli scivoli per le carrozzine, alle fermate dei bus predisposte per le persone con disabilità o con problemi fisici oppure agli ascensori o alle rampe nei sottopassi stradali o pedonali. Ricordo molto bene nella mia recente esperienza di Sindaco di Udine il costo molto elevato per la sistemazione in sicurezza dei marciapiedi: si parla di parecchie centinaia di euro al metro. Si devono sistemare le canaline, le plotte tattilo-plantari, gli scarichi, gli scivoli. Con i micro finanziamenti di questa legge si fa ben poco di tutto ciò.

In questo DDL manca completamente l’innovazione e la ricerca di sistemi o materiali efficienti e sostenibili. Desidero elencare qui alcuni esempi di best “practices” italiane ed europee che secondo me possono essere valutate in questa tipologia di legge:

  • Quando si parla d’illuminazione (comma 2, art. 2) bisognerebbe indicare come migliorare l’illuminazione e la qualità della vita dei cittadini. Nel mio mandato di Sindaco ho portato a termine un progetto innovativo per la sostituzione dell’intera illuminazione pubblica della città con sistemi a Led, con la precisa finalità di riduzione delle emissioni di CO2 da fonti fossili e per un efficientamento energetico. Ma il progetto era strategico, d’intesa con l’azienda che gestisce l’illuminazione pubblica. Un micro finanziamento non permette nulla di tutto ciò.
  • Se si parla di asfaltature si devono incentivare quelle “eco-sostenibili”, quali ad esempio il fresato d’asfalto per la produzione di conglomerato bituminoso che permette ampi risparmi, il bitume realizzato con pellet polimerici, prodotto da materiali riciclati dalla plastica, o ancora l’asfalto “modificato” con l’aggiunta di polverino di gomma riciclata da PFU (Pneumatici Fuori Uso) che permette una maggiore resistenza all’usura e alla formazione di crepe e buche, e che dura pertanto fino a 3 volte più degli asfalti convenzionali, con un conseguente contenimento dei costi di manutenzione, e inoltre una riduzione del rumore generato dal passaggio dei veicoli fino a 7 dB.
  • Le ultime generazioni di vetture sono sempre più connesse e smart vanno pertanto sfruttate queste innovazioni. Ad esempio un’azienda italiana ha creato una barriera laterale e spartitraffico interattiva che possiede un sistema di illuminazione integrato automatico che, tramite sensori, si illumina in caso di nebbia. Inoltre, sempre grazie ai sensori, è in grado di allertare autonomamente e in tempo reale i soccorsi in caso di incidente ed è integrabile con le applicazioni delle auto vetture. Queste sono le smart road, le strade del futuro, sulle quali i veicoli possono comunicare e connettersi tra di loro! La smart road è in grado di agevolare la mobilità grazie all’implementazione di sistemi di rilevazione del meteo e del traffico, deviando i flussi di traffico nel caso di incidenti, suggerendo traiettorie alternative, intervenendo sulle velocità per evitare situazioni di congestionamento, gestendo accessi, parcheggi e rifornimenti, permettendo interventi tempestivi in caso di emergenze. Ciò sarebbe importante soprattutto nelle strade dei Comuni montani o dei Comuni che sono interessati in modo sistematico ai transiti dei trasporti eccezionali.
  • Un’altra tecnologia, che però richiede ben altri investimenti, ma è utile per la maggiore scorrevolezza del traffico e sicurezza per i pedoni e i cicli e quindi una diminuzione dell’inquinamento per il minor tempo di arresto delle auto, è il Sistema intelligente per la sincronizzazione degli impianti semaforici. Questa è un’altra tecnologia che dovrebbe essere spinta maggiormente nella legge. Questo sistema è molto interessante in particolar modo per i Comuni interessati in modo sistematico ai transiti dei trasporti eccezionali.

Segnalo inoltre come nel DDL manchi uno specifico riferimento ad un coordinamento con i progetti delle cd. “Zone 30” che spesso caratterizzano i piccoli comuni della nostra regione.

Infine nella relazione introduttiva si parla di “manutenzione ordinaria e straordinaria”, di “mantenere la qualità delle infrastrutture viarie comunali adeguata alle funzioni svolte”, di “priorità alla sistemazione dei tratti degradati e dissestati” ma mai da nessuna parte, e ciò è grave, si parla di manutenzione di ponti e gallerie comunali che avrebbero reali necessità di interventi urgenti, al fine di evitare inutili tragedie come quelle che abbiamo ancora impresse nella memoria

Il parere su questo DDL è quindi molto negativo, e ci vedrà contrari se non verrà modificato in sede di discussione tenendo conto delle osservazioni qui espresse: in questo senso il nostro gruppo proporrà una serie di emendamenti e/o ordini del giorno.

Relazione Honsell su DDL 86 in discussione oggi in Consiglio regionale

Il vocabolo scelto per qualificare lo scopo primario di questo DDL, vocabolo che compare nel primo comma dell’Art. 1 è emblematico di una legge improvvisata, poco ponderata e sostanzialmente da censurare soprattutto sul piano metodologico. Il vocabolo perno della legge è: “impinguamento”. Così recita infatti: impinguamento del fondo di riserva per le spese impreviste. È molto grave che non vengano definiti o chiariti né i criteri metodologici applicati nell’analizzare il bilancio di previsione così come è emerso dalla Legge di Stabilità 2020, né le nuove direzioni verso le quali indirizzare i 20M€ rastrellati. Questa non è una critica stilistica, anche se sarebbe bastato consultare un vocabolario (e per carità di Patria non cito verbatim il Treccani) per evitare questa infelicità lessicale che ha la connotazione di artificialità ai confini con l’immoralità. È invece un richiamo forte alla Giunta, in un momento così tragico per il nostro paese e per l’intero pianeta, ad una maggiore assunzione di responsabilità nelle scelte.  Scelte che vanno fatte con ancora più coraggio. La forma di questo DDL è indice che manca la sostanza!

È fuor di dubbio che vada rivisto completamente il Bilancio di Previsione. È necessaria e improcrastinabile un’azione di sostegno alle famiglie e alle imprese. Ma va anche avviata una nuova stagione di opere sociali e pubbliche. Sono sotto gli occhi di tutti le inadeguatezze di certe scelte di politica e di gestione sanitaria che vedono ancora gravemente incompleti o da ristrutturare i principali ospedali della regione. Il sistema di sanità territoriale e la struttura socio-assistenziale (RSA, case di riposo, strutture diurne per disabili e anziani) si sono poi dimostrate fragilissimi e incapaci di gestire questa emergenza in modo dignitoso. Non è un caso che una parte considerevole delle imprese nel settore socio assistenziale dei servizi alla persona sia stata fortemente penalizzata se non addirittura azzerata. Va ricostruito questo tessuto di imprenditoria sociale. È emersa inoltre in tutta la sua gravità la mancanza di una solida infrastruttura digitale che ha penalizzato seriamente territori e classi sociali. Infine è apparsa una difficoltà di dialogo autentico tra sistema della ricerca e politica. È evidente che va progettata una società più preparata, più coordinata, più pronta, più professionale. Lo slancio volontario è meritevole della più grande riconoscenza, ma non è questo il modo di affrontare il futuro.

Che si debba procedere a rivedere radicalmente il Bilancio per comprendere che cosa è urgente fare in futuro che non era stato previsto e che cosa possa essere momentaneamente rimandato o addirittura evitato è indispensabile.

Ebbene, questo DDL non ha nulla di tutto ciò. Non definisce nessuna strategia, né metodologia da applicare nella revisione delle poste previste a dicembre, né delinea indirizzi nell’utilizzazione di quanto individuato. C’è l’“impinguamento” e STOP. La Giunta saprà metabolizzarlo!

Ulteriori norme relative a modesti finanziamenti con finalità ordinarie, nello spirito di “come se niente stesse accadendo” concludono il testo del DDL. Forse anche qui un pensiero nuovo andava espresso.

L’Avvocatura deve aver poi richiamato la Giunta a pagare le spese derivanti da sentenze avverse, prima di possibili messe in mora, altrimenti non si spiegherebbe l’emendamento giunto in Commissione.

Già nei primi decreti approvati dopo lo scatenarsi dell’emergenza epidemiologica avevamo indicato come Gruppo Misto (Open-Sinistra FVG), non solo alcune voci di bilancio che potevano essere re-indirizzate ma anche alcune direzioni nelle quali farlo. Non abbiamo avuto successo con i nostri emendamenti, ma riteniamo valga la pena ripeterli anche in questo contesto. Suona infatti troppo paradossale la quantità di denaro investito per la “sicurezza”, intesa da questa Giunta in termini di sistemi di video sorveglianza, allarmi e “video-trappole”, che avrebbero dovuto essere installati a tappeto e soprattutto nelle case di riposo, quando di ben altra “sicurezza” l’Assessore alla sanità avrebbe dovuto preoccuparsi, ovvero della tutela dell’igiene e della salute, che poi vogliono dire dell’umanità. Suona paradossale che fossero investite somme ingenti per gli “addetti alla sicurezza” comunali e rifiutate le nostre proposte di investire invece in borse di studio per specializzandi in medicina, quando è risultata chiara ancora una volta la carenza di personale medico e infermieristico specialistico.

Avevamo proposto già a fine marzo di re-indirizzare molte risorse. Ricorderete che mi fu risposto dal Presidente Fedriga che l’emergenza non derivava da una questione di risorse ma dalla difficoltà nell’approvvigionamento. Sono lieto che adesso abbia cambiato idea.

Ci viene detto che molte delle risorse che la Giunta aveva “ideologicamente” investito nel proprio concetto di “sicurezza” riguardano spese di investimento e che non si possono rinegoziare i mutui. Ne dubito. Penso che il sistema bancario non sia così senza cuore di fronte all’enormità della tragedia che si sta consumando nelle case di riposo. Non è possibile che si continui a installare sistemi di videosorveglianza a guardia di letti ormai vuoti.

Come abbiamo già avuto modo di esprime attraverso i nostri emendamenti precedenti, nemmeno il fatto che alcune di queste risorse siano già state date ai Comuni è una scusa per non toccarle. Non credo che la Giunta sia così inesperta da non rendersi conto che basterebbe mettere un comma, per allargare le finalità di questo tipo di contributi.

Intendiamo dunque proporre degli emendamenti e degli ordini del giorno, ma soprattutto desideriamo richiamare questa Giunta all’impegno di rivedere il bilancio per il 2020. Questa Giunta è già arrivata a metà del suo percorso e questo bilancio sarà quindi decisivo per la narrativa futura di questa stagione. Si deve indirizzare le risorse con coraggio verso la ricostruzione di una regione, non però come era prima, ma diversa migliore, più attenta agli ultimi, più solidale, più intelligente. Ricordo ancora una volta la lezione che tutti dovremmo aver imparato da questa emergenza: non lasciare mai indietro nessuno, perché la salute pubblica è ciò che conta ed è qualcosa di molto più ampio e diverso della salute privata.

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