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Relazione Honsell DDL 144 di modifiche legge sui Parchi e aree naturali

Ecco un altro DDL che, sotto la veste apparentemente innocua di una legge di manutenzione, nasconde alcune pericolose insidie che voglio evidenziare con questa relazione di minoranza. Lo scopo di questo DDL, dichiarato quasi minimizzandone la portata, è l’intenzione di inserire all’interno delle disposizioni della pre-esistente L.R. 42/1996 le aree della rete ecologica europea Natura 2000, e semplificare la governance e le modalità operative degli attuali organi gestori di parchi, riserve e biotopi. Ricordo che fu la L.R. 7/2008 all’Art. 6 a recepire la direttiva europea 92/43/CEE realizzando la Rete Natura 2000, ma ancora nel NaDEFR 2021 si dichiarava “Sono avanzate sia le attività relative alla misura 7, sottomisura 7.1, sotto intervento 7.1.1. “Stesura e aggiornamento dei Piani di gestione dei Siti Natura 2000””, giocando sull’ambiguità della parola “avanzate”.

Nessuno di questi passaggi è però scontato! Non a caso il Comitato Tecnico Scientifico previsto dalla stessa L.R. 42/1996, nonché tutte le principali associazioni ambientaliste WWF, LIPU, LAV, LAC e in buona sostanza anche LegAmbiente, invitano il legislatore, nelle memorie che ci sono state inviate, a non affrettarsi a portare in approvazione questa norma ma a “continuare il processo di consultazione con tutti i portatori di interesse”, al fine di “varare una riforma condivisa, di più ampio respiro e con obiettivi chiari alla luce anche dell’emergenza climatica”. Non mettiamo certamente in discussione la buona fede di chi propone queste norma, e dicendo questo non vogliamo suonare come Antony, nel Julius Caesar di Shakespeare. “Here under leave of Brutus and the rest – For Brutus is an honourable man; So are they all, all honourable men – Come  I to speak in Caesar’s funeral.”, ma la complessità della tematica, lo scarso approfondimento di alcuni concetti e di alcuni passaggi manifestato nelle audizioni ed emerso nel dibattito, suggerirebbero maggiore prudenza. C’è il dubbio legittimo che queste norme possano avere impatti piuttosto negativi e certamente imprevedibili, dei quali nemmeno gli estensori della norma sono forse ancora consapevoli.

La formula stessa scelta dalla Giunta per questo DDL non è quella di una “legge quadro” come sarebbe stato necessario per un passaggio così importante in questo momento storico, ma quella della consueta “alluvione” di emendamenti ad una serie di norme pre-esisenti. Costringe chi la legge a una “caccia ai rimandi”, all’inseguimento di norme, per capire l’effetto che fa aldilà dell’intarsio normativo, rendendo il DDL 144 spesso opaco, se non addirittura confuso. Sconcerta davvero rilevare che tutti, ma proprio tutti, i sottotitoli degli articoli del DDL 144 non parlano mai del merito della norma, ma solo del riferimento normativo che vanno a modificare, quasi l’estensore volesse spendere poco nel mandare un telegramma o preferisse scrivere il suo algoritmo in linguaggio Assembler piuttosto che in un linguaggio ad alto livello, se si vuole usare una metafora informatica. Questo tipo di formulazioni generano colpevoli confusioni, come è puntualmente avvenuto in commissione, in coloro che pensano più alle conseguenze delle norme che alla loro collocazione nel corpus normativo. In verità, dovrebbero essere proibiti gli articoli che si limitano a sostituire delle parole di un altro articolo senza riportarlo in toto. Si ha quindi la sensazione che questo DDL sia stato preparato sotto questa forma, per fare più in fretta, forse per rispettare le previsioni di un qualche piano esecutivo di gestione per poter valorizzare la legge nei meccanismi di premialità del 2021.

In questo contesto procedo ad illustrare gli aspetti potenzialmente più critici lasciando alla presentazione degli emendamenti ulteriori osservazioni.

Già all’Art. 1 che modifica l’Art. 1 della L.R. 42/1996 si delinea il primo grave rischio. Si introduce <<l’uso sostenibile delle risorse naturali e del territorio per scopi ricreativi e turistici eco-compatibili>>. Ma non si chiarisce cosa si intenda con ciò. Un articolo recante le definizioni, come raccomanderebbe il principio della “better regulation” tanto presente sulla bocca di tanti in questo Consiglio, sarebbe stato qui indispensabile, anche alla luce delle recenti previsioni di strutture ricettive ecocompatibili in aree naturali, come adesso previsto dall’Art. 31 bis della L.R.21/2016 in quanto è stato modificato dalla L.R.6/2019.  C’è sempre un rischio che le note prodotte dalle canne d’organo urbanistiche e ambientali stonino!

L’Art. 5, che modifica l’Art. 6 della L.R. 42/1996 è esemplare nella difficoltà di coglierne l’impatto, anche per la sua curiosa formulazione che sostituisce la frase “costituisce variante” con “ha valore di variante” e che rimuove il riferimento politico al Presidente della Giunta, introducendo un parere vincolante di un “servizio competente”.

L’Art. 6, che modifica l’Art. 8 della L.R. 42/1996 vede poi la riduzione della componente scientifica nel CTS con una conseguente predominanza di dirigenti regionali. La complessità delle tematiche e la specializzazione ormai in tutti i settori, suggerirebbe l’opposto, ovvero l’aumento del numero di gli scienziati e tecnici. Troppo semplicistico e deresponsabilizzante ci sembra la previsione di chiamare di volta in volta esperti esterni. Inoltre si sarebbe dovuto rendere “vincolanti” oltreché “obbligatori” i pareri del CTS. Garantire un pluralismo di vedute è indispensabile quando si trattano sistemi complessi.

Riferendomi anche a quanto segnalato sopra, ma sempre in tema di deficit di collegialità e pluralismo nella gestione, sembra clamoroso l’Art. 18, che porta lo, straordinariamente espressivo, sottotitolo: “Inserimento dell’Art. 22 bis nella L.R.42/1996”. Ebbene riguarda i compiti della costituenda Giunta nell’amministrazione dei parchi. Penso sia pericoloso semplificare troppo la governance degli enti gestori dei parchi, delegando tante scelte ad un ristretto numero di soggetti (3). Con questo ed altri articoli si riduce infatti ulteriormente la rappresentanza dei portatori di interesse. Penso qui, soprattutto a quelle tante aree nella nostra regione, come il Carso, che presentano forme di “usi civici”, “vicinie”, “jus srenje”, “comunelle” ovvero forme di proprietà collettiva ai sensi della L. 168/2017 (Norme in materia di domini collettivi). Queste sono forme alternative alla proprietà privata o demanio pubblico, e introducono un concetto di proprietà collettiva i cui valori sono gli unici che possono combattere la cosiddetta “Tragedy of the Commons” (la tragedia dei beni comuni) che è la principale causa dell’emergenza climatica e ambientale che stiamo vivendo. Siamo riusciti, come Open Sinistra FVG in Commissione, a convincere l’Assessore a non abrogare l’Art. 55 e poi anche l’Art. 56 della L.R. 42/1996. Ritenevamo tali abrogazioni pericolose proprio a causa della ipersemplificazione unilaterale che avrebbero introdotto nella gestione di tali patrimoni ambientali. Trattate alla stregua delle altre aree Natura 2000, queste aree non avrebbero avuto nel loro sistema di gestione alcune rappresentanza dei legittimi proprietari dei domini collettivi. In questi contesti andrebbe garantita una governance diversa, plurale, che possa essere modello anche per altre aree che non possono vantare questa importante tradizione storica.

Sono molti gli articoli cosiddetti di semplificazione, ma dubito che gli ecosistemi complessi possano essere gestiti efficacemente cortocircuitando il momento dell’ascolto.

Come si è detto, l’incorporamento dei siti Natura 2000 ha lasciato molti vuoti amministrativi. Lo stesso CTS fa notare come il Piano di Conservazione e Sviluppo regionale potrebbe non essere coerente con le modalità di gestione delle aree Natura 2000. “I documenti e i piani di gestione delle nostre aree protette presentano un mosaico di situazioni critiche: chi deve prevalere? Secondo quali modalità?” scrivono. La gestione di aree costiere e lagunari, della foce dell’Isonzo, del Carso, di svariate aree montane interessate da attività militari, attività agricole impattanti, attività motoristiche di fatto illegali, sono tutte in qualche misura coinvolte in questi passaggi normativi, ma le conseguenze non sembrano essere state valutate appieno. “I comuni di piccola dimensione difficilmente hanno capacità amministrativa e di proposizione, competenza e capacità di filtro con i portatori di interesse,” dichiarano le associazioni e noi condividiamo la preoccupazione.

L’Art. 61, che modifica l’Art. 6 della 7/2008, introduce ulteriori previsioni stabilite con deliberazioni della Giunta Regionale nella gestione delle aree Natura 2000. Ci sarebbe davvero bisogno di una legge quadro, altrimenti diventa un rompicapo capire l’iter delle varie procedure. Ci si chiede se il rompicapo sia stato risolto da qualcuno?

Più esponenti delle associazioni audite sottolineano la necessità, alla luce dei rapidi mutamenti di ecosistemi a cui andremo tragicamente incontro (per l’ostinazione nel non limitare l’uso di combustibili fossili, anzi incentivandoli come sciaguratamente fa la nostra Regione), di non porre vincoli troppo rigidi sui perimetri delle aree Natura 2000. Inoltre se si intende davvero tutelare qualcosa non va solamente incrementata la connessione amministrativo-burocratica tra aree protette e aree Natura 2000. La connessione appropriata sarebbe quella ambientale che possa istituire dei corridoi ecologici a salvaguardia della biodiversità. “Non solo una rete di organi di gestione, ma una vera rete ecologica”.

Stupisce infine che in questa legge non si tratti mai delle tematiche ambientali che sono diventate così urgenti in questi ultimi anni. Non è mai nominata la Tempesta Vaia o l’emergenza bostrico. Entrambi sono dovuti al riscaldamento globale. Ma in questa norma non se ne parla. Questo è il difetto delle leggi di manutenzione: sono provvedimenti a traino di decisioni prese altrove e non ricomprendono proposte attente e rispettose delle specificità locali. La gestione del patrimonio ambientale deve essere fatta invece con un’attenzione particolare alle specificità e all’attualità. Tutto ciò è reso ancora più pericoloso dal fatto che in questa legge manchi un’azione di monitoraggio e di miglioramento continuo. Gli ecosistemi non sono rigidi ma sono processi che si evolvono. Stupisce infatti che nell’art. 3 del DDL 144, che porta l’eloquente sottotitolo (Modifiche all’art. 3 della L.R. 42/1996) sia abrogato proprio il comma 3 che prevede un monitoraggio evidence-based delle azioni di conservazione e sviluppo. Queste attività avrebbero dovuto essere incrementate e non cancellate. L’approccio sperimentale è essenziale nella gestione. Come già evidenziato, questo DDL anche in questo caso rivela una visione troppo rigida.

Infine ha destato molta delusione il voto contrario della maggioranza sull’introduzione dell’Art. 52 bis proposto dai Consiglieri Santoro e Moretti, che ho chiesto di sottoscrivere, che prevede l’istituzione della Riserva naturale della Val D’Arzino. Quell’emendamento non solamente risponderebbe ad una imponente raccolta di firme per la tutela di una delle ultime aree di mountain wilderness italiane, ma darebbe forti strumenti di gestione agli amministratori locali per valorizzare tale area in chiave turistica senza i rischi che possa venire surrettiziamente distrutta proprio dall’ambiguo concetto di turismo eco-compatibile della presente legge.

Come Open Sinistra FVG ci siamo astenuti in Commissione, apprezzando la disponibilità dell’Assessore al dialogo, come in relazione all’emendamento che ha permesso di conservare l’Art. 55 della L.R. 42/1996. Con spirito costruttivo proporremo emendamenti e ordini del giorno per esplicitare i quattro temi che questa legge sembra aver sottovalutato: complessità del mosaico territoriale della nostra regione, partecipazione di tutti i portatori di interesse, flessibilità nel gestire in modo dinamico il patrimonio ambientale attraverso monitoraggi, predisposizione di interventi per mitigare gli effetti del riscaldamento globale e della modifica del regime pluviometrico. Qualora non venissero recepiti questi punti, saremo costretti a non votare favorevolmente al presente DDL.

Qui il testo approvato della Commissione 

Integrità del Torrente Arzino: appoggio alla petizione pubblica

“Oggi in Commissione Consiliare Ambiente è stata discussa la petizione pubblica relativa all’integrità ambientale del Torrente Arzino accompagnata da quasi 8.000 firme. Come Open Sinistra FVG appoggiamo con convinzione la richiesta di non autorizzare l’installazione di centrali idroelettriche lungo l’asta di questo torrente che costituisce un patrimonio naturale straordinario, essendo uno dei pochissimi siti ancora non antropizzati”: ha dichiarato il consigliere regionale Furio Honsell.
“La produzione di energia elettrica da fonti rinnovabili non deve essere una scusa per uno sfruttamento ancora più scellerato del patrimonio naturale. Gli obiettivi di sostenibilità vanno raggiungi anche attraverso meccanismi di efficientamento energetico e recupero di energia. Molto significativi in questo senso sarebbero gli impianti di teleriscaldamento alimentati recuperando il calore altrimenti disperso nei siti industriali. Ad esempio ABS a Udine Sud. Peccato che tali iniziative che darebbero risparmi energetici ben superiori a quelli di micro centraline come quelle sull’Arzino sono stati azzerati con l’azzeramento delle UTI operato da questa Giunta Regionale.”

Sviluppoimpresa, il commento del consigliere Honsell

“Abbiamo votato a favore alla legge SviluppoImpresa perché nel complesso pensiamo sia una legge ampia ed antologica e costituisce un’apertura di credito nei confronti dell’assessorato in un momento di profonda crisi non solamente sanitaria ma anche sociale ed economica.”
Esprime parere positivo il Consigliere di Open Sinistra Fvg Furio Honsell: “Hanno accolto alcuni fra i nostri spunti in tema di efficientamento energetico, sostenibilità ambientale, innovazione, cultura digitale e di open technology, e ancora in tema di servizi agli anziani e con gli anziani (silver economy) che avevamo sostenuto in numerosi emendamenti e ordini del giorno anche in passato”.
“Esprimo inoltre soddisfazione del fatto che, per la prima volta in questa legislatura si pone finalmente l’attenzione sul tema della sostenibilità ambientale. Anche in questo senso credo che le nostre battaglie ed i nostri suggerimenti di questi anni abbiano sortito finalmente degli effetti.”
“La legge senz’altro non è perfetta e senz’altro subirà delle modifiche e dei correttivi nel prossimo futuro, mi auguro che quando succederà verrà accolto il mio invito a porre l’attenzione su quella che sarà la grande sfida dei prossimi mesi ovvero attrezzare l’impresa a gestire il momento nel quale verrà meno il blocco dei licenziamenti in modo che non siano poi i lavoratori a pagare le conseguenze della crisi.”

DDL 123, SviluppoImpresa: relazione di minoranza

C’è bisogno di un radicale cambiamento di paradigma! Quindi vi è un’unica domanda da porsi su questo DDL: in che misura ci aiuta a compierlo?

Undici mesi sono trascorsi da quando scoppiò nell’incredulità generale, questa gravissima emergenza socio-economica e sanitaria che purtroppo ancora perdura in un clima contraddittorio di allarme giustificato e colpevole negazionismo. Undici mesi che hanno sconvolto profondamente, sin negli aspetti più elementari le dinamiche sociali e private compromettendo la nostra capacità di progettare il futuro. Con preoccupazione ci interroghiamo quindi su come avviare una ripresa in tanti settori duramente colpiti, se non desertificati (turismo e spettacolo per citarne due emblematici), e su quali saranno i terribili contraccolpi occupazionali, quando verrà meno il blocco dei licenziamenti.

Ci chiediamo inoltre se gli sconvolgimenti planetari che stiamo vivendo non siano l’anticipazione di quelli previsti dall’incessante riscaldamento globale di origine antropica, che ha portato l’ultimo decennio ad essere il più caldo degli ultimi 12.000 anni.

A nostro avviso una risposta non si può trovare se non coniugando in modo strategico e integrato una ripresa resiliente a un progresso sociale e di consapevolezza ambientale, sostenibile e solidale, attraverso la riduzione degli squilibri territoriali, le disparità tra i cittadini, gli sprechi e i consumi. Non voglio più usare l’espressione banale “sviluppo”, che invece compare un po’ semplicisticamente nel titolo del DDL in questione, perché non penso ci siano più spazi da consumare su questo pianeta nei quali ci si possa “sviluppare”, senza che si scatenino nuovi e ancor più devastanti meccanismi retroattivi (feedback negativo).

Desta molta preoccupazione inoltre, che non ci si interroghi affatto su come progettare i “tempi del contagio”. Si guarda invece solamente oltre, come se fosse scontato che presto tutto questo finirà e si potrà ritornare alla normalità. Ma è proprio il senso della parola normalità che andrebbe invece messo in discussione se si vuole che le sofferenze degli ultimi undici mesi non siano state inutili. Tanto per dare un esempio la riduzione degli spostamenti e lo smart working vanno guidati e valorizzati e non lasciati all’iniziativa delle singole imprese come opportunità di speculazione.

A nostro avviso questo DDL è una risposta debole a questi pressanti interrogativi. Va comunque riconosciuto che costituisce, almeno, una qualche risposta.

Bisogna prenderne atto, undici mesi fa si interruppe per sempre, una normalità. Eravamo alla conclusione delle relazioni sul DDL 80, che porta lo stesso nome del presente DDL: SviluppoImpresa. Quella era una norma che giudicavamo in modo moderatamente positivo, anche perché si innestava, arricchiva e sottoponeva ad una appropriata manutenzione la L.R. 3 del 2015 Rilancimpresa, della quale riecheggiava sin il sottotitolo. Una Legge quest’ultima, che peraltro, come è stato indicato nell’ultima seduta del Comitato LCV del FVG, ha dato esiti positivi, rispetto ai parametri considerati. Ma fu norma che certamente non evitò una molteplicità di crisi aziendali e perdita di posti di lavoro. Al riguardo va rilevato infatti che tali crisi che colpirono settori cruciali e certamente non in dismissione come quelli dell’occhiale o dell’elettronica, furono subite molto passivamente dalla classe imprenditoriale della regione. Quindi l’impresa era ben lontana da un qualche rilancio. La prima domanda specifica su questa legge non può quindi non essere: questo DDL come attrezza l’impresa, che vorrebbe sviluppare, per il momento nel quale verrà eliminato il blocco dei licenziamenti? Preoccupa che nulla in questa legge risponda direttamente a questa domanda.

Undici mesi fa come Open Sinistra FVG davamo comunque una valutazione moderatamente positiva al DDL 80, più per la direzione nella quale cercava di legiferare che per le concrete strategie che metteva in campo. Indicavo nella relazione a tale DDL (a cui rimando) soprattutto una mancanza di un’energica strategia globale integrata e suggerivo numerosi correttivi.

Va riconosciuto che nel DDL 123 molte delle nostre osservazioni sono state riprese nelle keywords di numerosi articoli. Annotiamo che è stato raccolto inoltre il senso di molte delle sollecitazioni proposte da Open Sinistra FVG in questi undici mesi attraverso i nostri ordini del giorno, emendamenti, nonché le due PDL da noi depositate, ovvero la Proposta di Legge n. 77 sulla transizione energetica e il contenimento delle emissioni di CO2 da fonti fossili e la Proposta di Legge n. 124 sul software libero e Open Source. Il testo del DDL 123 è oggi molto più ricco e senza dubbio più efficace di quello del DDL 80, anche per aver accolto il significato dei nostri contributi. Concetti quali cultura digitale, efficientamento, sostenibilità, e transizione energetica, silver economy, valorizzazione degli spin-off, e delle certificazioni, da noi ripetutamente ribaditi sono oggi tutti presenti a qualche titolo. Non tutti in verità con la frequenza che a nostro avviso sarebbe stata opportuna, perché ciascuno se pienamente elaborato aprirebbe già da solo importanti orizzonti e individuerebbe direzioni lungo le quali irrobustire il nostro sistema economico.

Come undici mesi fa esprimiamo quindi un apprezzamento collaborativo per il carattere antologico di questo provvedimento di quasi un centinaio di articoli che accennano a temi cruciali: dalla digitalizzazione alla promozione delle start up, dalle nuove modalità di accesso al credito (attribuendo anche nuove responsabilità a Friulia) al sostegno all’internazionalizzazione, dall’economia sostenibile a quella circolare, al riuso e al recupero, dal welfare aziendale, alla responsabilità sociale di impresa a dal riordino dei consorzi l coordinamento delle risorse. Molto significativo è il ruolo che grazie a questa legge potrà svolgere l’Agenzia Lavoro e SviluppoImpresa. Riconosciamo quindi senza indugio l’impegno dell’Assessore e dei suoi uffici. Hanno tutti dimostrato competenza e una certa visione meritando senz’altro un ringraziamento per il lavoro fatto.

Con il consueto spirito propositivo che ha sempre caratterizzato la nostra presenza in questo Consiglio regionale presenteremo comunque degli emendamenti che riteniamo migliorativi nel dettaglio dell’articolato nonché ordini del giorno. In particolare ne annunciamo sull’Open technology e la cultura digitale alla luce della nostra Proposta di Legge n. 124 sul software Open source che abbiamo recentemente depositato. Mireremo inoltre a consolidare i meccanismi che favoriscono lo spin-off della ricerca verso la costituzione di start-up e l’attività di R&D, e richiameremo con maggiore costanza il tema della sostenibilità, che non va mai dato per scontato se si vuole progettare a favore della Next Generation. Saremo anche fermi a richiamare sempre il coinvolgimento delle Commissioni competenti nei numerosi articolati che delegano decisioni a nostro avviso importanti alla Giunta. Siamo fiduciosi che alcuni degli spunti che offriremo possano essere valorizzati. Nostro obiettivo fondamentale è quello di caratterizzare l’idea di progresso economico regionale come l’acquisizione di un ruolo da protagonisti scongiurando che alcune dinamiche, come quelle della rivoluzione digitale, possano invece ridurlo banalmente a quello di mero consumatore colonizzato.

Avremmo dunque potuto dare un voto positivo in Commissione piuttosto che esprimere un’astensione? Ci siamo astenuti solamente come sollecitazione tattica?

Purtroppo la riposta è che il voto di astensione nasce dalla preoccupazione, già evidenziata, che questa norma non raggiunga tutto il potenziale che potrebbe avere in un momento tanto difficile per il nostro sistema economico. Le criticità strutturali che evidenziammo undici mesi fa relativamente all’impianto della DDL 80 permangono e rischiano di indebolire le innumerevoli azioni positive che il ricco articolato di questa norma potrebbe invece innescare. Voglio dunque riprenderle nel rispetto del difficile ruolo di un’opposizione, che deve essere coscienza critica e momento fondamentale nel processo di miglioramento continuo dell’azione legislativa. Le criticità principali di questo DDL sono le seguenti.

  1. Di sviluppo non si dovrebbe più parlare bensì solamente di progresso e dunque andrebbero specificate maggiormente le direzioni nelle quali andare.
  2. È necessario promuovere un cambiamento di paradigma. In questa legge si offrono importanti disposizioni per la modernizzazione, ma questo è il linguaggio del business as usual, che ci porterà tutt’al più a rimandare la catastrofe ambientale. Un articolo emblematico è quello del Capo IX, art. 57. Non una parola sulla direzione nella quale innovare davvero, per rendere più sostenibili tali settori che sono tra i più energivori. Mancano inoltre articoli efficaci per favorire il recupero dell’infrastruttura dell’unico turismo ormai possibile ovvero quello: lento, sostenibile, culturale.
  3. Pesantissima è ancora la frammentazione a silos con la quale è organizzata l’azione di questa legge. Non è possibile non integrare le strategie dell’assessorato alle attività produttive a quelle dell’assessorato all’ambiente, dell’assessorato alla ricerca, formazione e lavoro, di quello all’agricoltura, o di quelli all’infrastruttura. Comprendo che un atteggiamento secondo il whole-of-government approach non è facile, ma ogni azione condotta in isolamento da un singolo assessorato è destinata a non incidere sul sistema. Perché si continua a non esplicitare mai nemmeno un raccordo tra le varie direzioni?
  4. Altro raccordo assente è quello con le strategie di progettazione europea soprattutto rispetto alle varie articolazioni della Next Generation EU Initiative. Come è possibile che l’autorità di gestione dei fondi europei non sia presso l’assessorato alle attività produttive, ma sia altrove, e in questa legge non figuri mai?
  5. Molti articoli in questa legge, quali l’art. 18 sulla trasformazione digitale o l’art. 21 sull’Open Technology sono troppo vaghi e quindi denunciano una scarsa elaborazione progettuale. Non basta elencare le keywords perché vengano implementate. Analoga preoccupazione rileviamo sugli articoli relativi all’ingegneria finanziaria, che ribadiscono lo stereotipo che lo strumento finanziario possa da solo, genericamente, innescare idee imprenditoriali sostenibili e resilienti. Guardando al passato sembra invece piuttosto l’opposto.
  6. Questa legge soffre anche di un’altra sindrome che definirei dell’ipertrofia dell’intermediazione. Prima di delegare ad altri soggetti ed altre agenzie temi importanti quali l’innovazione e la digitalizzazione, la Regione dovrebbe dare indicazioni precise su cosa vuole che venga fatto. La politica non deve abdicare le scelte di indirizzo ai tecnici. Questo modo di agire soffoca tra l’altro il pluralismo. Si dovrebbe redigere un piano regionale dello sviluppo della ricerca e della digitalizzazione a cui partecipino rappresentanti di tutti i portatori di interesse. Solamente una volta definito il piano, si deleghi il tutto ad un’agenzia. In questo DDL avviene il viceversa. Si trova l’agenzia e buonanotte! Si rischia di mette su un piedestallo un’agenzia sperando che, come per magia, decida la cosa giusta da fare. Inevitabilmente darà risposte secondo i propri stereotipi. Cluster, consorzi, distretti: c’è un rischio concreto di confusione ordinamentale e operativa, se non addirittura di conflitti di interessi. L’art. 62, comma 1, è un esempio emblematico di questa dinamica.
  7. Nel DDL mancano indicatori precisi di risultato e di impatto. Come scrivevo circa il DDL 80, anche il presente DDL nasce secondo un paradigma vecchio: erogare più risorse sperando che gli imprenditori, operando nella massima libertà, abbiano buone idee. Ma, esattamente come c’era bisogno di fare una legge che facesse progredire la nostra regione verso un nuovo paradigma di progresso, così c’era bisogno di una legge che incarnasse un nuovo paradigma legislativo. Il DDL 123 invece, certamente non è una legge di riforma, ma solamente una norma di modernizzazione ovvero di aggiustamento.
  8. Quest’ultimo punto si riflette anche nel fatto che questa legge corposa non è un testo unico sulle imprese nell’era Covid e del riscaldamento globale fuori controllo. Per capire come opera si deve ancora saltabeccare tra svariati testi normativi a cominciare dalla L.R. n. 3 del 2015. Lo strumento legislativo è quindi sempre più saldamente in mano ai pochi guru che sanno navigarci e interpretarlo. Il potere del tecnicismo è ancora inespugnabile.

Concludiamo con alcune considerazioni più puntuali ma non meno importanti.

Si è detto che il concetto di sostenibilità dovrebbe essere martellante un po’ ovunque nella legge, ma in particolare nell’articolato sui consorzi. Ne do un semplice esempio. All’art. 74 si parla di efficientamento ma non ci si deve limitare a quello energetico o finanziario, il consumo di acqua sarà altrettanto drammatico nel prossimo futuro.

Ci sono elenchi in troppe norme. Questi rischiano di essere interpretati in modo esclusivo. Ad esempio negli articoli del Capo IV, sugli strumenti di accesso al credito non vengono mai menzionate le imprese culturali della musica e dello spettacolo. Non compaiono tra i soggetti incentivabili gli attori della silver economy che altrove invece sembrava si volessero incentivare.

Soprattutto non compaiono misure per l’intrapresa degli esclusi dal lavoro a seguito di crisi aziendali. Gli articoli sulla responsabilità sociale di impresa andrebbero arricchiti in questo senso. Abbiamo ancora tutti negli occhi le immagini dei blocchi dei lavoratori all’uscita dalla loro azienda dei loro mezzi di produzione che venivano delocalizzati altrove per speculare sul costo del lavoro.

Va rivalutato il lavoro della Commissione consiliare, visto anche il contributo che le si è riconosciuto nell’evoluzione dal DDL 80 al DDL 123. Esempi di articoli nei quali questi passaggi vanno potenziati sono ad esempio l’Art. 10 e l’82.

La tematica sulla cultura digitale andrebbe gestita in modo più continuativo. L’evoluzione è rapida. È urgente avviare provvedimenti per sviluppare l’internet of things e un cloud regionale.

Infine nel parlare di riuso e riciclo si deve affrontare il tema dei costi di riqualificazione e bonifica. Non è un problema architettonico quello degli insediamenti dismessi bensì ambientale.

In conclusione confermiamo il voto di astensione in attesa del dibattito in aula e della disponibilità della maggioranza a fare proprie alcune delle nostre priorità, che poi dovrebbero essere quelle di tutti in quanto la window of opportunity, ovvero la finestra di opportunità per agire scongiurando catastrofi ambientali per le Next Generations si sta chiudendo!

Testo DDL fuoriuscito dalla Commissione