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Relazione minoranza strumenti stabilità

Premessa a questa relazione di minoranza è la relazione di minoranza al Documento di Economia e Finanza 2020 da me presentata. A tale DEFR è andato il mio voto negativo a nome di OPEN-Sinistra FVG.

La presente, articolata, collezione di strumenti di pianificazione economico-finanziaria regionale, infatti, soffre di tutti i difetti del DEFR 2020. In primo luogo si rileva l’assenza di una strategia organica degna di un traguardo temporale quale meriterebbe il 2020 e che solamente una leadership, ispirata al non lasciare nessuno indietro e alla tutela delle generazioni future, potrebbe fornire. Appare una scoraggiante mancanza di idee innovative concrete nei settori cruciali del lavoro e della formazione. Il rapporto con il territorio e i suoi enti esponenziali è improntato ad un approccio frammentario e frammentato a causa della polverizzazione provocata dalla visione della Legge 71/2019 relativa agli Enti Locali, costruita non sulla messa a fattore comune di progetti, ma all’insegna di un divide et impera territoriale. Permane una pluralità irritante di interventi ideologici in ultima analisi utili solamente a veicolare paura tra i cittadini e a venire citati per alimentare quella narrativa mediatica che si è dimostrata vincente in campagna elettorale (steward privati per la sicurezza urbana e sistemi di videosorveglianza). Insomma, per il prossimo triennio si pianifica un pericoloso business as usual, una colpevole ordinaria amministrazione, quando invece sia a livello globale che soprattutto regionale si stanno profilando criticità gravissime. A livello locale sono drammatici l’esodo di popolazione attiva e qualificata dal FVG, la perdita di competitività industriale a fronte di un numero sempre crescente di crisi industriali, lo sgretolamento di un ruolo internazionale della nostra regione che sembrava consolidato, un rischio idrogeologico sempre più reale e incombente, la debolezza dei sistemi infrastrutturali da quello telematico a quello ferroviario (non si pianificano né il FTTH in tutte le zone, né quel 5G fondamentale per l’industria 4.0, né reti di metropolitane leggere per la mobilità sostenibile), e permane un’arretratezza nel sistema energetico regionale privo di qualsiasi impegno sul phasing-out del carbone e di altri combustibili fossili pesantemente climalteranti, come il BTZ. Le criticità globali legate ai mutamenti climatici antropogenici obbligherebbero invece a sviluppare con coraggio e autonomia politiche di transizione energetica ambiziose.

Questa Regione, a causa di atteggiamenti politici molto discutibili, oggi non ha più un ruolo significativo a livello europeo in nessun settore, sebbene disponga di assets immateriali straordinari. Anche la sua reputazione nazionale ormai è miseramente ridotta a quella di flebile cassa di risonanza di certi slogan e di certe battaglie ideologiche leghiste, relegata ad un patetico ruolo di comparsa su un palcoscenico più grande di lei, come abbiamo visto in occasione della micro-manifestazione in occasione della discussione del DDL n. 70 sul MES. Ben altro era il ruolo del FVG durante la Presidenza Illy oppure quelle successive. Ciò che più turba è l’assenza di segnali politici che stimolino un risveglio, un Rinascimento del Friuli Venezia Giulia. Registriamo solamente segnali di regresso. Niente più manifestazioni quali Innovaction ma solamente kermesse enogastronomiche. Le piccole dimensioni del Friuli Venezia Giulia, compensate però da una diversità culturale e ambientale straordinaria, sono il nostro patrimonio di maggiore valore, e pretenderebbero invece, come ebbi modo di sottolineare esattamente un anno fa, che la guida politica del FVG si adoperasse perché questa regione diventi un laboratorio di politiche ambientali, di politiche di partecipazione, di politiche di multilevel governance, di politiche di salute-in-tutta-la-società, di prevenzione e resilienza. Si vorrebbe vedere, per così dire, uno slancio politico per guidarla a diventare una Regione del Sole, nel segno di Campanella, di una Nuova Atlantide nello spirito di Tommaso Moro. La chiusura culturale promossa da questa maggioranza invece, conduce all’isolamento, e il volare basso, radente, che interpreta, conduce solamente a replicare comportamenti stereotipati che ci porteranno come sleepwalkers, ovvero come sonnambuli, al precipizio.

Clamoroso è che l’unico luogo in tutta questa massa di strumenti di programmazione politico-finanziaria nel quale si faccia menzione degli epocali 17 obiettivi dello Sviluppo Sostenibile dell’ONU, sia all’Art. 2 del DDL 73 commi 3 e 4 sotto forma di un progetto di promozione turistico-artistica decentrata, dal titolo infelice ai limiti del grottesco “I favolosi ONU 17”. Signori qui non c’è da ammiccare a Kurosawa, il tempo per decidere di agire è scaduto!

E dire che la Regione gode di un periodo florido, di benessere finanziario, se paragoniamo la situazione delle entrate a quella di qualche anno fa. Certamente le cosiddette risorse manovrabili si aggirano ancora solamente intorno al 3-4%, ovvero qualche centinaia di milioni, essendo il bilancio piuttosto rigido, ma l’aumento del PIL regionale, il contributo della compartecipazione con lo Stato leggermente migliorato e le disponibilità ulteriori derivanti dalla chiusura di mutui che non sono stati rinnovati negli anni scorsi, permetterebbero di fare scelte innovative significative. Invece, solo per citare tre voci che reputo inaccettabili, ecco:

  1. parecchie decine di milioni investite in telecamere, e sistemi di video sorveglianza che finirebbero per coprire in modo voyeristico una pluralità di luoghi dagli asili-nido alle strutture per anziani,
  2. ecco milioni assegnati per le ronde urbane, concetto per il quale si preferisce usare l’ipocrita eufemismo anglofilo di steward (si veda il DDL n. 73 Art. 9), estese financo al Comune di Monfalcone,
  3. nonché il solito miope fiume di denaro (DDL n. 73 Art. 5) erogato per la “benzina agevolata”, il cui meccanismo di rendicontazione viene addirittura agevolato ulteriormente (comma 12). Quest’ultimo intervento rappresenta il più esecrabile contributo all’incentivazione dell’uso di combustibili fossili che si possa pianificare, e a livello di organismi internazionali appartiene a quel tipo di contributi che si raccomanda di abbandonare per primi.

Il complesso di strumenti pianificatori in discussione presenta poi dei gravi difetti che potrebbero apparire meramente metodologici, ma in realtà nascondono una grave abdicazione da parte dell’attuale Giunta di alcuni principi di leadership politica e quindi di responsabilità amministrativa.

Ne segnalo anche qui 3. Il primo riguarda l’inserimento nella collegata alla finanziaria, ovvero nel DDL n. 72 Art. 4 ai Commi 13-19, di una modifica alle procedure di VIA. Questo è l’ennesimo esempio della rinuncia di questa Giunta regionale a guidare concretamente i processi pianificatori, e quindi parallelamente, a esporsi nel promuovere autentiche consultazioni con il territorio. Nella legge sugli enti locali, in quella sulla sanità e oggi con questi articoli, la politica regionale mostra di non volersi assumere nessuna responsabilità amministrativa, delega invece questa ad altri soggetti, per lo più amministrativo-gestionali, per mettersi al riparo da scelte che possono essere scomode, ma che è suo preciso dovere guidare. Come più volte si è detto, questo comportamento non corrisponde allo spirito della Bassanini, perché qui oltre a non gestire l’esecutività, la giunta non predispone momenti qualificanti di indirizzo e soprattutto di controllo. La politica anche se non gestisce l’esecutività deve comunque assumere responsabilità nell’amministrazione. La politica a costo di svolgere alle volte controlli routinari, non deve mai abbandonare il timone. Un intervento normativo sulle procedure di VIA avrebbe dovuto essere condotto non, quasi di rapina, in una collegata alla finanziaria, ma attraverso una legge specifica, che permettesse di svolgere audizioni, approfondimenti, e favorisse un’elaborazione consiliare. Avrebbe dovuto andare nella direzione esattamente opposta a quella che viene sancita da questi commi. Già oggi la politica è esautorata dalla scelta dello screening,ovvero di quali progetti assoggettare al VIA e quali no. Semmai si sarebbe dovuto riassumere questa responsabilità e invece, nei commi (18 e 19), addirittura si dispone l’esclusione automatica di certe campagne di recupero rifiuti alla verifica di assoggettabilità a VIA. Sarebbe opportuno, invece, prevedere In tutti i casi un momento di controllo, o per lo meno di presa d’atto politico, nella gestione del territorio. Oggi anche l’ultimo baluardo, che era ormai ridotto all’approvazione del mero atto finale del procedimento, viene abbattuto e non vi è più nessuna assunzione di responsabilità politica. Certamente la trasparenza è data dalla pubblicità di tutte le fasi e alla possibilità di fare osservazioni, ma è davvero sufficiente mettere su un sito i documenti per assicurare la partecipazione e il controllo? Non era forse il caso di ridiscutere tutto il percorso della partecipazione pubblica, compresi eventuali automatismi? Comunque legiferare su questi temi in una legge collegata, dimostra non solamente che si ritiene secondario il tema del controllo ambientale e paesaggistico del territorio, ma si conculca pure quel momento legislativo solamente nel quale è possibile verificare una tantum se una nuova modalità non nasconda insidie.

Il secondo esempio riguarda il DDL n. 72 Art. 6 che sancisce di fatto la chiusura dell’ERPAC così come l’abbiamo conosciuto e apprezzato, trasferendone risorse e competenze anche alla rete MESS, che di fatto viene avviata con questa norma. Questo articolo fa il paio con quelli del medesimo articolo nel DDL 73 Commi 13-19, che di fatto rivoluzionano la gestione e le dinamiche degli Ecomusei. Quanto si è detto, relativamente ai commi che modificano le procedure di VIA, sull’inopportunità di emanare norme specifiche di settore in una legge finanziaria, potrebbe ripetersi qui. Questi commetti, di fatto eliminano surrettiziamente articoli molto significativi come l’Art. 4 della L.R. 10/2006 che istituiva e disciplinava il ruolo del comitato tecnico-scientifico. Ancora una volta si rinuncia ad un confronto in audizione con gli operatori e i portatori di interesse. Ovviamente gli attuali Ecomusei hanno espresso favore per tali norme, perché il bilancio è pingue e loro non sono finanziariamente penalizzati. Ma questo è fatto contingente. Non si può eliminare il momento del contraddittorio assorbendo tutto in un atto di Giunta.

La gestione del rapporto con gli Enti Locali brilla per estemporaneità, improvvisazione e assenza di strategia integrata. Ciò è gravissimo in questa epoca che necessiterebbe invece di visioni solidali e di sistema. Non ci sono in questi strumenti di pianificazione indirizzi agli enti locali verso l’innovazione e la sostenibilità. Miserrimo il contributo a favore dell’elaborazione del Piano Attuativo per l’Energia Sostenibile e il Clima, (PAESC) nel DDL n. 73, art. 4 comma 55, cap. 8429/S, meri 60 mila complessivi (20 mila per ciascuno degli anni dal 2020 al 2022). Contrariamente a quanto era stato richiesto dal CAL, non si prevede di fare interventi che promuovano la cultura della pianificazione di area vasta e la Giunta si ostina nella posizione iconoclasta nei confronti delle UTI, non finanziando le Comunità di Comuni che ne sono la trasformazione, quasi a volerne scoraggiare la nascita e il proseguimento. Abbiamo fatto pericolosi passi indietro da quando si operava una concertazione multi-livello tra Regione ed aree vaste. Nel nome di una ben strana accezione di “libertà” si è preferito dare sfogo alle vocazioni più individualistiche dei Comuni, costringendoci ad assistere al penoso pellegrinaggio avvenuto nei giorni delle Commissioni, di Sindaci in attesa, afflosciati sui divanetti del primo piano di questo edificio, in attesa di venir ricevuti dal Principe e dalla sua corte, per conoscere l’entità dell’obolo graziosamente concesso. Quale differenza di clima rispetto ai tempi delle UTI, quando da pari a pari in un rapporto multilivello, si negoziava il futuro di sviluppo di aree vaste.

Sul piano delle attività produttive (DDL n. 72, art. 2 comma 8) si assiste ad un ulteriore intervento per puntellare il PISUS, ma questo faticoso trascinamento di progetti che ci ha già fatto perdere contributi europei e nazionali, non risolve quella che è la vera criticità della difficoltà di progettazione.  Mancano infatti interventi strategici volti a promuovere una cultura della progettualità e della pianificazione sia europea che nazionale.  Si sarebbe dovuto intervenire su questa mancanza di cultura del risultato, fornendo risorse in termini di competenze progettuali. Altrimenti, anche i pur lodevoli interventi dell’DDL n. 73, art. 5 comma 46 di attribuzione di risorse per la messa a norma di edifici pubblici e in particolare scolastici, rischiano di essere inutili. La cultura dei fondi di rotazione per la progettazione andrebbe promossa e andrebbe fornita assistenza ai Comuni, che dopo l’azzeramento delle UTI sono abbandonati a loro stessi, ciascuno solitario a confrontarsi con l’impossibilità di progettare per mancanza di adeguate risorse di personale.

Preoccupa inoltre un atteggiamento decisamente passivo da parte della Regione nel rapporto con RFI. La situazione è veramente molto critica per quanto concerne la mobilità ferroviaria. Binari andrebbero raddoppiati in tante tratte, frequenze andrebbero aumentate. Si riscontrano quotidianamente gravi difficoltà lungo le linee, ma purtroppo la Giunta non sembra occuparsene o non sembra capace di un’autorevole interlocuzione con RFI. C’è il rischio che si rimanga per tutto il prossimo decennio nell’attuale stato di arretratezza.

Concludo con una nota di apprezzamento e una raccomandazione. L’apprezzamento va al progetto di una Newco promossa da Friulia per il sostegno agli investimenti delle PMI, DDL n. 72 art. 1. Idea brillante ma ancora assolutamente embrionale. Vedremo se dalla crisalide emergerà una farfalla. La raccomandazione riguarda un sostegno equilibrato all’alta formazione e all’Università, dunque con modalità più strategiche di quelle espresse nell’infelice Tabella G relativa all’art. 7 del DDL n. 73.

Con il consueto spirito collaborativo OPEN-Sinistra FVG presenterà numerosi emendamenti, ma l’impressione negativa di una pianificazione colpevolmente ordinaria ci costringe a dare un parere negativo a tutti questi strumenti economici finanziari.

I testi fuoriusciti dalla Commissione preposta possono essere visualizzati qui.

Relazione minoranza su Nota Aggiornamento DEFR 2020

Il 2020 ha rappresentato sin dai primi anni duemila una data simbolica, a livello di organismi internazionali, alla quale fu traguardato il raggiungimento di numerosi obiettivi di sostenibilità e sviluppo. Ne ricordo uno soltanto, emblematico, relativo agli enti locali: lo European Covenant of Mayors for Energy and Climate Change 202020 (Patto dei Sindaci). Stabiliva di raggiungere entro il 2020 la riduzione del 20% delle emissioni di CO2 da fonti combustibili fossili, la riduzione del 20% del fabbisogno energetico mediante efficientamento e l’approvvigionamento di una quota del 20% di tale fabbisogno da fonti rinnovabili, rispetto alla baseline del 2006. Furono migliaia i Sindaci che firmarono tale patto. Lo firmai per Udine nel 2009, e con orgoglio posso dire che gli obiettivi del Piano Attuativo del Covenant furono la stella polare di molte azioni nel mio doppio mandato di sindaco. A titolo di cronaca gli obiettivi a Udine furono sostanzialmente raggiunti nel 2018.

E questo 2020 così significativo è infine arrivato. E quindi il documento programmatico per eccellenza, il Documento di Economia e Finanze Regionale 2020 avrebbe dovuto rifletterne il carattere simbolico, di spartiacque, proponendo un’analisi critica di quanto è avvenuto nei primi decenni di questo secolo, e impegnandosi con slancio sui nuovi obiettivi, sia a breve che a lungo termine, da raggiungere. Avrebbe dovuto per lo meno essere segnato dalla drammatica presa di coscienza che quella belle époque di liberismo e consumismo trionfanti, di quella “fine della storia” per dirla con le parole di Fukuyama, che aveva illuso con il crollo del muro di Berlino e lo scampato rischio atomico della guerra fredda, era definitivamente tramontata.

Il DEFR 2020 doveva incominciare a fare i conti con le nuove sfide della contemporaneità: i mutamenti climatici antropogenici, la globalizzazione, con l’inquietudine oggi emergente di un altro tipo di fine, non quella della storia questa volta, ma quella dell’era del sapiens, dell’antropocene. L’era di questa tragica specie che dopo aver innescato la VIa estinzione di massa incomincia a rendersi conto che la propria inevitabile estinzione avverrà per sua stessa mano.

Invece, questo DEFR 2020 è un documento che nello stile e nei contenuti è business as usual, come ormai viene definito l’atteggiamento da sonnambuli che caratterizza tante politiche di pianificazione contemporanee.

Questo non vuol dire che il testo non sia migliorato rispetto a quello dello scorso anno, che dava invece un’irritante impressione di essere un mero adempimento legislativo. In questo DEFR manca però l’anima e la strategia, manca una rotta, manca la cifra di una leadership politica responsabile. E la leadership, aldilà di scelte economico-finanziarie, è fondamentale perché le azioni delle Missioni descritte non rimangano mere sfilze di pixel neri, registrati in un file che si lascia troppo facilmente editare. Mancano in questo DEFR gli slanci ma non vi è traccia neppure di qualche indicatore di risultato o di impatto, e dei relativi obiettivi. Compaiono solamente indicatori finanziari di input. Manca soprattutto la pianificazione e la tempistica della strategia per realizzare quanto delineato. Non ci sono priorità e anche i progetti più ambiziosi sono espressi con piattezza burocratica. Forse si è superata la logica dell’adempimento, che caratterizzò l’anno passato, ma la logica del risultato deve ancora arrivare.

Soprattutto è assente qualsiasi correlazione tra le criticità emerse dall’analisi di contesto e le azioni proposte. In particolare non si fa menzione al raccordo delle Missioni con i 17 SDG, gli obiettivi dello sviluppo sostenibile delle Nazioni Unite, o con gli obiettivi strategici 2030 dell’UE.

In particolare colpisce la povertà di idee innovative concrete nei settori del lavoro e dello sviluppo economico, ovvero della Missione 14 Sviluppo economico e competitività e Missione 15 Politiche per il lavoro e la formazione professionale. Debolissime le azioni per promuovere l’innovazione e il trasferimento tecnologico che, grazie alla presenza di numerosi enti di ricerca nella nostra regione, dovrebbe fare del Friuli Venezia Giulia una Regione modello.

La Missione 17 Energia e diversificazione delle fonti energetiche è quella decisamente più carente e deludente se, anche solo per un attimo, ci si rendesse conto che l’anno di riferimento è il 2020. Non vi è nulla di propositivo che inneschi un’azione di sistema. Non ci sono programmi di phasing out di tecnologie fortemente climalteranti come l’uso di caldaie a gasolio o BTZ. Non si prevede di smettere i contributi per combustibili fossili, non si gettano le basi per lo sviluppo di una cultura di comunità di energia fatta di prosumers energetici.

Misera è l’ambizione della Missione 19 Relazioni Internazionali per una Regione che invece può acquistare significati solamente se valorizza la propria posizione di chiave di volta tra culture diverse. Le figure di spicco della Regione non sembrano avere ruoli internazionali di rilievo, come invece avveniva in passato, e neppure li cercano.

La Missione 13 Tutela della Salute fa ben poco per implementare una salute-in-tutte-le-politiche e una promozione della salute-in-tutta-la-società come raccomanda l’Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS). Non si articola né la prevenzione primaria, né quella secondaria. Non si articolano programmi per la riduzione degli incidenti domestici, per la costruzione di ambienti sani e resilienti. A fronte di una popolazione la cui età media fortunatamente cresce non emerge un piano integrato per aumentare, aldilà della mera aspettativa di vita, l’aspettativa di vita sana.

L’analisi di contesto che precede la parte relativa alle Missioni risulta embrionale perché offre una mera descrizione in termini di valori assoluti o di medie, senza offrire serie storiche sufficientemente ampie, come il 2020 avrebbe invece richiesto, e non misura indici di concentrazione nella quantificazione delle caratteristiche e parametri riportati. La principale sfida da vincere nel prossimo decennio è quella della disparità. Ma l’eliminazione della disparità, ovvero di quelle disuguaglianze che sono da tutti percepite come ingiuste, non si realizza se non attraverso un processo attivo che faccia emergere tali ingiustizie sommerse. Ecco alcuni esempi. Il digital divide si sta chiudendo oppure stiamo lasciando qualcuno indietro, e i non-digitalizzati sono sempre più emarginati? Ci sono profonde disparità in salute in aree diverse delle nostre città, anche rispetto alla sola aspettativa di vita o l’indicatore DMFT (decayed missing filled teeth), che può essere utilizzato come variabile proxy delle disparità. In un contesto nel quale l’aspettativa di vita in media comunque è alta, se non addirittura crescente, siamo sicuri di riuscire ad individuarle? Oppure continuiamo a muoverci nel paradosso dei polli di Trilussa. Solamente con un’analisi in termini di indici di concentrazione, che permettano di cogliere se si sta raggiungendo l’egualitarismo, è possibile abbozzare risposte a queste importanti domande. Come Open Sinistra FVG ritengo dunque questo Documento di Economia e Finanza Regionale molto insoddisfacente. Pertanto, ancorché migliorato rispetto all’anno precedente, riceverà il mio voto contrario. 

Qui il testo del DEFR

Relazione di minoranza Honsell su ddl 62 – Misure finanziarie intersettoriali

Questa Legge costituisce il mini-assestamento di fine d’anno. Quasi non meriterebbe troppa attenzione in quanto sarebbe “manovrina” di ridotto impatto sul bilancio della Regione, se non fosse invece, sia sotto il profilo metodologico che quello programmatico, emblematica di come questa amministrazione regionale si muova in modo arrogante, improvvisato e soprattutto senza alcuna strategia.

Sul piano metodologico devo rilevare che nel corso dei lavori delle commissioni più volte è emersa la mancanza di rispetto istituzionale da parte della Giunta nei confronti dei consiglieri, rendendo estremamente difficoltosa la nostra attività. Non c’era allineamento tra le tabelle a cui facevano riferimento assessori e/o dirigenti e quelle distribuite ai consiglieri. Non c’era omogeneità di procedura nell’illustrazione dei punti. È risultato chiaro che l’attuale Giunta pro tempore considerail passaggio in Commissione un mero adempimento, e pensa che non metta conto nemmeno ascoltare le osservazioni dei commissari. La calendarizzazione delle Commissioni ha visto sovrapposizioni e compressioni dei tempi e numerosi assessori non hanno ritenuto necessario assicurare la loro presenza nei momenti cruciali. Certamente ci sono delle complessità nel raccordo tra gli organi, soprattutto nei passaggi tecnici come la quadratura del bilancio, ma in questa circostanza credo sia stato superato il limite della correttezza.

Mio malgrado, Signor Presidente, in qualità di capogruppo del Gruppo Misto e di Open-Sinistra FVG sono quindi costretto a censurare le modalità con le quali si sono svolti i lavori in Commissione. Non sembra dunque superfluo ribadire con forza che il passaggio nelle Commissioni è centrale nell’attività legislativa della Regione. È una violazione delle regole democratiche cercare di mettere le Commissioni fuori gioco come se tutto potesse sempre essere riducibile a una delibera di Giunta o tutt’al più ad una prova muscolare in sede di votazione. La invito pertanto, signor Presidente a richiamare la Giunta ad un maggiore rispetto per i ruoli istituzionali.

L’ultimo assestamento di bilancio dell’anno dovrebbe essere un momento importante per verificare i passaggi che portarono alla definizione del bilancio di previsione dell’anno precedente, in vista del prossimo bilancio preventivo e controllare così dove sono stati sottostimati o sovrastimati gli impegni oppure quali sono le novità emerse.

Nulla di tutto ciò purtroppo è stato fatto. Anzi quando ce ne sarebbe stata la necessità non si è mai giunti in Commissione ad una chiarificazione al di là di qualsiasi fraintendimento.

Voglio stigmatizzare al riguardo alcuni punti.

  1. Vicenda PISUS. Nel DDL 26 vengono reperiti 6 milioni e mezzo di Euro per il completamento da parte di Comuni di progetti che originariamente erano stati finanziati addirittura con il fondo POR FESR 2007-2013, e che poi a causa di ritardi furono finanziate esclusivamente sul fondo PAC statale e che oggi a distanza di oltre 10 anni, non essendo ancora ultimati, graveranno quindi interamente sul bilancio regionale. Va rilevato, anche se a esplicita domanda in Commissione non è stata data risposta, che il primo ritardo ha obbligato a restituire oltre 70 milioni all’Unione europea (fatto che ha contribuito alla riduzione del contributo POR FESR 2014-2020 di circa 90 M) mentre il secondo ritardo ha comportato la restituzione di oltre 10M allo Stato. È evidente che in questa Regione c’è un’atavica incapacità a sfruttare le risorse dell’Unione europea. Se si continua a non voler affrontare questo tema però, o a minimizzare la discussione, non si raggiungerà mai quella maturità che altre Regioni, anche italiane, hanno da tempo raggiunto, anche a nostro scapito. Mi domando inoltre quanto urgenti erano queste opere presso tali comuni?
  2. Situazione SANITÀ. Clamoroso è stato l’incremento di oltre 20 M per quanto concerne le spese delle Aziende sanitarie. Clamoroso in quanto l’Assessore più volte si era vantato di aver messo a bilancio già in precedenza tutto quanto fosse necessario per quest’anno. Dunque o il suo sistema di controllo della spesa è piuttosto approssimativo oppure le critiche mosse alla gestione precedente erano del tutto infondate e la spesa sanitaria è da lui gestita a sportello.
  3. Pieghe di Bilancio. Dove sono state reperite tutte queste nuove risorse, visto che non ci sono stati nuovi accertamenti in entrata dopo la vendita dell’Aeroporto? Più volte in Commissione è stato risposto “dalle pieghe del bilancio”. Tale risposta, ancorché per certi versi legittima da parte dell’Assessore al Bilancio, indica però che nelle specifiche direzioni non state condotte quelle analisi sulle cause delle differenze tra preventivato e speso che sole potrebbero trasformare un assestamento in un atto politicamente strategico. Più volte abbiamo invece avuto l’impressione di trovarci in una mera ed estemporanea assemblea di condominio, di un condominio drammaticamente troppo complesso per essere gestito così, in verità. Ecco alcuni esempi: la voce 3388 per “attività di realizzazione di interventi per il superamento di barriere architettoniche” è stata ridotta di circa mezzo milione perché “non sono state fatte domande” analoga motivazione e analogo importo ha riguardato la voce 3301 che prevede interventi di ristrutturazione di seconde case per immetterle sul mercato degli affitti. Non ci si è chiesto cosa non abbia funzionato nell’erogazione di tali contributi. Si sono trovate delle risorse non spese e queste sono state reindirizzate. Forse ci si sarebbe dovuti interrogare su cosa non abbia funzionato nell’utilizzo di tali misure: l’informazione? La difficoltà di progettazione? Non risulta infatti che le finalità di quelle misure abbiano perduto importanza!
  4. Inoltre, poco chiara è risultata la strategia su punti qualificanti sui quali peraltro sono state messe delle risorse.
    1. Interventi per messa a norme delle scuole. Oltre ai fondi ci vuole una strategia integrata di gestione delle certificazioni per pianificare gli interventi in modo da garantire la massima sicurezza uniformemente a tutti gli utenti. Molte difficoltà e criticità nascono dal fatto che i responsabili della protezione e sicurezza dei vari istituti scolastici spesso non hanno uno sportello unico cui interloquire e presso il quale reperire lo stato di certificazione dei vari plessi. Ciò rende difficile qualsiasi pianificazione. Per affrontare questa problematiche più che risorse finanziarie per opere sono necessarie risorse umane per la pianificazione.
    1. La transizione dalla MIA e REI al reddito di cittadinanza ha lasciato fuori qualcuno? Non c’è stato tempo per approfondirlo in Commissione. Le marginalità e i processi di marginalizzazione sono tenuti sotto controllo? La scarsità di richieste dichiarate dall’Assessore sono forse il frutto del fatto che non sono più presi in considerazione nuclei familiari che hanno un’anzianità di residenza inferiore ai 5 anni?
    1. Gli investimenti a favore delle famiglie andrebbero monitorati non solamente per evitare che piova sul bagnato ma anche per comprendere se tali contributi vanno verso un effettivo benessere dei nostri cittadini e non piuttosto verso un miope incremento di consumi nell’interesse di un sistema di mega-distribuzione, forse addirittura multinazionale?
    1. Abbiamo constatato che nell’assestamento ci sono numerosi passaggi tra annualità. Un margine è fisiologico, ma non si nasconde forse tra queste pieghe del bilancio una mancanza di strategia vera? Un caso tra tutti che mi sta molto a cuore, è la strategia regionale per l’innovazione. È troppo opaco quanto sta avvenendo relativamente ai parchi, circa la ricaduta della ricerca e circa la diffusione dell’imprenditoria innovativa.

In conclusione questo DDL è frutto di processi che chiamerei, in analogia al dark web, di dark budget. Gli uffici e l’Assessore che garantiscono il pareggio di Bilancio stanno facendo egregiamente il loro lavoro, su ciò non vi è alcun dubbio, e a loro vanno fatti i complimenti. Ma quali le finalità di questi spostamenti di bilancio? Quali logiche? Ancora una volta rileviamo come questa amministrazione manchi nel modo più totale di una regia, di una leadership politica in grado di porre obiettivi concreti e manchi quindi degli strumenti di controllo per eventualmente correggerla per raggiungerli.

Certamente se la leadership si occupa solo di annunci e considera interlocutori meritevoli solamente i propri followers su Twitter e altri social media, e non i consiglieri, il suo obiettivo l’ha già raggiunto, ma noi cittadini del Friuli Venezia Giulia ci troveremo sempre più svantaggiati sullo scacchiere nazionale ed europeo.

Qui potete visualizzare il testo del ddl originario e il testo fuoriuscito dalla Commissione competente.

Relazione Honsell su Ddl 63 di modifica della L.r. 19 del 2000 – cooperazione allo sviluppo

Presidente, illustri colleghi e colleghe,

questo Disegno di Legge, che si limita a dei ritocchi apparentemente minimali di una legge pre-esistente, la L.R. 19/2000, è esemplare di come NON si debba legiferare in modo parassitario. Se esistesse uno streptococcus iuris, direi che questo Disegno di Legge è la prova che la L.R. 30 ottobre 2000 n. 19 ne è stata infettata e l’untore è la Giunta.

Alla luce della qualità delle domande relative a progetti di cooperazione internazionale presentate negli anni passati sui bandi ex lege 19/2000, ma soprattutto alla luce dell’impatto, ben noto alle persone che se ne occupano, avuto dai progetti selezionati sullo sviluppo delle attività di volontariato a favore dei paesi più poveri del mondo, la L.R. 19/2000 NON aveva assolutamente bisogno di ritocchi e lifting giuridico. Semmai si poteva rivedere qualche aspetto del Regolamento dei bandi.

Nel corso dell’audizione delle associazioni interessate sono emersi comunque, accanto a ferme critiche per le modifiche proposte, numerosi spunti migliorativi alla L.R. 19/2000. Purtroppo nessuno di questi è stato ripreso. Nessun membro della Giunta ha voluto riflettere sulle preziose sollecitazioni ricevute. La competenza di questa Legge è del Presidente, che peraltro non è mai intervenuto nei lavori. Ha invece delegato Assessori diversi in occasioni diverse che evidentemente non hanno assicurato, ancora una volta, una regia. Un Assessore ci ha presentato il Disegno di Legge dicendo che era una semplificazione (forse pensava di presentare l’altro disegno di legge in discussione?), un altro dicendo invece che era un aggiornamento. Ma, nella scalmanata e improvvisa corsa a legiferare da parte della Giunta, fatta calpestando il ruolo delle Commissioni e dei Consiglieri, alla quale stiamo assistendo in questi giorni, tale era l’affanno di portare in approvazione il Disegno di Legge in questione, che nel testo che ci è stato sottoposto non erano nemmeno stati trasformati in Euro tutti i riferimenti alle Lire contenuti nell’Art. 11 della L.R. 19/2000 e aggiornati i riferimenti finanziari. Chiaro indizio questo della totale mancanza di attenzione al tema vero della L.R. 19/2000, al punto che non c’era stato nemmeno il tempo per la Direzione Finanziaria o per qualche membro di Giunta per rileggere fino in fondo la norma che si andava a infettare, magari a tempo perso.

È dolorosamente evidente che lo scopo delle modifiche apportate dal Disegno di Legge n. 63 alla L.R. 19/2000 è puramente ideologico e volto a curvarla, o quantomeno a inserirvi un cavallo di Troia, per poter in un prossimo futuro dirottare le eventuali risorse in direzioni improprie rispetto alle finalità della legge stessa.

Non a caso il primo articolo sul quale si interviene chirurgicamente è l’Art. 1 della L.R. 19/2000 che fissava le finalità (Art. 1 del DDL n. 63). Sarebbe stata questa una buona occasione, per elaborare sul concetto di “sviluppo” rendendolo più consapevole delle sue implicazioni relative alla sostenibilità ambientale. Si potevano riprendere i principi e gli obiettivi 2030 dell’Unione europea o i 17 SDG dell’ONU (presento al riguardo un emendamento). Viene invece introdotto un “diritto a rimanere nel proprio paese di origine” che non si vede con quale cogenza una Legge del piccolo, per quanto velleitario, Friuli Venezia Giulia possa assicurare, qualora non sia già goduto. Ma soprattutto viene introdotto ai fini della valutazione dei progetti la promozione del “diritto al ritorno volontario assistito e alla reintegrazione nella propria terra di origine” che mescola due temi, quello dei migranti e quello della cooperazione che sono invece profondamente diversi per modalità di gestione. Ancora una volta assistiamo ad un’azione ideologica della Giunta che appare ancora in preda all’ossessione di strumentalizzare in tutti i modi possibili il tema dei migranti. Mi permetto di ricordare come sia già stato impugnato dal Governo un provvedimento di questa Regione che cercava di mettersi in mostra nella gestione dei rimpatri. La gestione dei migranti si svolge attraverso i fondi cosiddetti FAMI del Ministero degli Interni, che nulla hanno a che fare con la cooperazione internazionale che ha fonte giuridica assolutamente diversa.

Come è stato ampiamente discusso in Commissione e durante le audizioni, i progetti finanziati ex lege 19 ben difficilmente possono riguardare iniziative presso i paesi d’origine dei migranti e richiedenti asilo, che numerosissimi giungono negli ultimi mesi nella nostra regione spinti dalla ricerca di migliori opportunità di vita e di lavoro rispetto a quelle che hanno attualmente nel loro paese. Sono paesi in guerra o paesi dove è fragilissima o assente la presenza di uno stato di diritto.

L’Art. 1 della L.R. 19/2000 viene ulteriormente modificato ponendo i progetti a bando come secondari, o comunque in competizione, con quelli a “regia regionale”, senza porre nessuna garanzia che questi ultimi non esauriscano già il budget (che peraltro essendo in lire avrebbe valore puramente numismatico). Vi è il rischio concreto che questa Legge diventi uno strumento in mano alla Giunta per realizzare una propria politica estera parallela a quella nazionale. Rischio che si concreta ulteriormente, a nostro avviso, alla luce dei ritocchi apportati agli articoli successivi.

L’infezione normativa del DDL n. 63, dopo aver ben attecchito all’art. 1 della L.R. 19/2000, passa ad attaccare anche l’Art. 2. Viene infatti tolto il riferimento prioritario ai paesi che occupano le ultime posizioni secondo indicatori internazionali di sviluppo sostituito da un mero “paesi”. È pericoloso che non vengono esclusi nemmeno i paesi della stessa Unione europea oppure quelli del G8. La Giunta ha forse in mente di usare questa legge della cooperazione per finanziare iniziative a carattere internazionale generaliste? Colpisce inoltre che sia stato tolto nell’Art. 2 qualsiasi vincolo a non collaborare con i Governi, non con i paesi, che non rispettano i diritti umani.

Ulteriori e gravi distorsioni della L.R. 19/2000 si manifestano nelle modifiche previste dagli articoli successivi del DDL n. 63, che esplicitano la volontà di questa Giunta regionale di accentrare il controllo sulle iniziative e di svilire la partecipazione bottom up e la concertazione con enti e associazioni, in piena contraddizione a quanto invece incessantemente dichiari. Il DDL n. 63 prevede infatti nell’Art. 4 l’eliminazione della Conferenza regionale in favore di, non meglio precisate, generiche “iniziative di coordinamento”. Dunque la Giunta diventa il coordinatore? Prevede infine all’Art. 5 di ridurre in seno al Comitato regionale per la cooperazione il numero dei rappresentanti degli enti scientifici e di ricerca da 4 ad 1 e quello degli esperti da 3 ad 1. Non si comprende poi con quale criterio i rappresentanti delle associazioni abbiano solamente diritto di parola e non di voto, dato che altri membri con diritto di voto hanno conflitti di interesse altrettanto forti.

In conclusione questo DDL modifica in modo pesantemente ideologico una Legge che funzionava bene assicurando un forte accentramento presso l’amministrazione regionale nella scelta e conduzione delle iniziative. Ciò porterà a snaturare e a ostacolare la tradizione quasi ventennale che aveva permesso alla parte più generosa delle nostre comunità a porre con orgoglio, sulla carta geografica mondiale della solidarietà internazionale, il Friuli Venezia Giulia.

Per tutti questi motivi questo DDL è peggiorativo rispetto alla Legge precedente ed andrebbe quindi bocciato senza mezzi termini. Per il senso istituzionale che caratterizza la nostra azione intendiamo comunque proporre emendamenti, auspicando che ricevano la giusta attenzione da parte della maggioranza.

Temiamo invece di assistere ad un’altra approvazione blindata, con successivo sbandieramento via twitter, da parte della Giunta, del grande successo raggiunto con questa legge nell’azione di contrasto alla migrazione.  Anzi, come purtroppo è avvenuto per altri provvedimenti essenzialmente mediatici, analoghi a questo, prevedo i tweet e le dirette facebook alla ricerca di consensi, addirittura prima della sua approvazione.

Qui potete trovare il testo del Disegno di Legge.